CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 24 novembre 2011 (ZENIT.org) – La Caritas italiana compie 40 anni e, per l’occasione, papa Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza i partecipanti all’incontro organizzato per la ricorrenza.
“Siete venuti presso la tomba di Pietro per confermare la vostra fede e riprendere slancio nella vostra missione”, ha detto il Santo Padre rivolto ai presenti.
Ricordando le parole di Paolo VI in occasione del primo anniversario dalla fondazione (1972), papa Ratzinger ha sottolineato la “funzione pedagogica” della Caritas che sovrasta e fonda l’aspetto “puramente materiale” dell’attività.
“Si tratta di assumere la responsabilità dell’educare alla vita buona del Vangelo, che è tale solo se comprende in maniera organica la testimonianza della carità”, ha proseguito il Pontefice. Il tratto distintivo del cristiano è quindi “la fede che si rende operosa nella carità”, ha aggiunto.
L’amore di Dio, quindi, deve diventare “operosità della vita, forza di servizio, consapevolezza della responsabilità”. San Paolo affermava: “L’amore del Cristo infatti ci possiede” (2 Cor 5,14) ed è questa prospettiva che “dovete rendere sempre più presente nelle Chiese particolari in cui vivete”, ha esortato il Papa rivolto ai partecipanti all’Udienza.
Il “compito educativo” di un organismo come la Caritas va quindi portato avanti “anche quando la strada si fa dura e lo sforzo sembra non dare risultati”, ha aggiunto Benedetto XVI. Tale ruolo pedagogico va vissuto “nella fedeltà alla Chiesa e nel rispetto dell’identità delle vostre Istituzioni”.
“Nei quattro decenni trascorsi – ha proseguito il Papa – avete potuto approfondire, sperimentare e attuare un metodo di lavoro basato su tre attenzioni tra loro correlate e sinergiche: ascoltare, osservare, discernere, mettendolo al servizio della vostra missione: l’animazione caritativa dentro le comunità e nei territori”.
Un altro compito fondamentale indicato dal Santo Padre ai membri della Caritas è permettere alle persone sofferenti di “sentire il calore di Dio” attraverso “le nostre mani” e i “nostri cuori aperti”. Una strada che va seguita “nel solco sicuro del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa”.
“L’individualismo dei nostri giorni – ha proseguito Benedetto XVI – la presunta sufficienza della tecnica, il relativismo che influenza tutti, chiedono di provocare persone e comunità verso forme alte di ascolto, verso capacità di apertura dello sguardo e del cuore sulle necessità e sulle risorse, verso forme comunitarie di discernimento sul modo di essere e di porsi in un mondo in profondo cambiamento”.
Il modello di riferimento per gli apostoli della carità devono essere sempre i “gesti” di Gesù Cristo: “gesti che trasmettono la Grazia, educativi alla fede e alla sequela; gesti di guarigione e di accoglienza, di misericordia e di speranza, di futuro e di compassione; gesti che iniziano o perfezionano una chiamata a seguirlo e che sfociano nel riconoscimento del Signore come unica ragione del presente e del futuro”, ha sottolineato il Papa.
“Attraverso i segni concreti, infatti, voi parlate, evangelizzate, educate. Un’opera di carità parla di Dio, annuncia una speranza, induce a porsi domande”, ha aggiunto. Le opere caritative vanno praticate preoccupandosi “soprattutto della motivazione interiore che le anima, e della qualità della testimonianza che da esse promana”.
Il servizio “umile e concreto” che la Chiesa offre non intende “sostituire né, tantomeno, assopire la coscienza collettiva e civile” ma, piuttosto, affiancarle “con spirito di sincera collaborazione, nella dovuta autonomia e nella piena coscienza della sussidiarietà”, ha proseguito il Papa.
“Rispondere ai bisogni – ha aggiunto – significa non solo dare il pane all’affamato, ma anche lasciarsi interpellare dalle cause per cui è affamato, con lo sguardo di Gesù che sapeva vedere la realtà profonda delle persone che gli si accostavano”.
È a fronte delle “calamità naturali”, delle guerre con le relative “situazioni d’emergenza”, della “crisi economica globale” che emerge la necessità del “coraggio della fraternità”. Non bastano i “benefattori” ma servono anche persone “umili e concrete che, come Gesù, sappiano mettersi al fianco dei fratelli condividendo un po’ della loro fatica”.
Benedetto XVI ha quindi concluso l’Udienza invitando i membri della Caritas ad aiutare la Chiesa tutta a “rendere visibile l’amore di Dio” e a ricercare la carità “come sintesi di tutti i carismi dello Spirito”.