Educare allo sviluppo autenticamente umano e integrale

di Tommaso Cozzi

ROMA, giovedì 3 novembre 2011 (ZENIT.org).- “Il 3 e il 4 novembre prossimi – domani e dopo domani – i Capi di Stato o di Governo del G-20 si riuniranno a Cannes, per esaminare le principali problematiche connesse con l’economia globale. Auspico che l’incontro aiuti a superare le difficoltà che, a livello mondiale, ostacolano la promozione di uno sviluppo autenticamente umano e integrale”. E’ l’appello che Benedetto XVI ha formulato in coda all’udienza generale del 2 novembre 2011.

E’ da chiedersi se esista un nesso solo temporale tra i due eventi (commemorazione dei defunti) e il G-20, oppure se Benedetto XVI abbia voluto cogliere l’occasione per richiamarci a realtà terrene, in proiezione di altre realtà.

La forma economica dell’esistenza è diventata un linguaggio per pensare il senso, nel bene e nel male. Il senso comune rappresenta l’intera società come un sistema di bisogni. 

Pensare la sfera del senso della vita, dei valori e degli ideali a partire dal bisogno significa introdurre in quella sfera molti meccanismi, molte immagini dell’economia, che tendono, anche inconsapevolmente, ad espellere dalla sfera del senso quelle dimensioni incompatibili con l’idea di bisogno. L’Occidente post-cristiano vive ormai il tempo della assenza escatologica, avendo introiettato sino in fondo il nucleo stesso di una visione materialistica del mondo, per cui l’esistenza umana si esaurisce su un piano totalmente “finito”.

È in fondo un nuovo “divino pagano, immanente al cosmo” e paradossalmente “lontanissimo dall’uomo” quello che ci presenta la nuova ricerca di senso religioso. Viviamo oggi in tempi difficili. Siamo tentati di rinchiuderci nel nostro particolare, di abdicare di fronte ai grandi ideali, di nascondere non solo il talento, ma lo stesso nostro volto per non lasciarci scomodare. Non sarebbe più utile recuperare il nostro volto, metterci in gioco, per sentire il bisogno di collaborare a costruire la storia degli uomini, non sotterrando il talento ma offrendolo per il bene di tutta l’umanità?

Il nostro tempo è segnato dal complesso fenomeno della globalizzazione economico- finanziaria. La globalizzazione ha alimentato nuove speranze, ma ha originato anche inquietanti interrogativi. Analizzando il contesto attuale, oltre ad individuare le opportunità che si dischiudono nell’era dell’economia globale, si colgono anche i rischi legati alle nuove dimensioni delle relazioni commerciali e finanziarie. La cura del bene comune impone di cogliere le nuove occasioni di ridistribuzione di ricchezza tra le diverse aree del pianeta, a vantaggio di quelle più sfavorite e finora rimaste escluse o ai margini del progresso sociale ed economico. Una solidarietà adeguata all’era della globalizzazione richiede la difesa dei diritti umani.

L’estensione della globalizzazione deve essere accompagnata da una più matura presa di coscienza, da parte delle organizzazioni della società civile, dei nuovi compiti ai quali sono chiamate a livello mondiale. Nell’epoca della globalizzazione va sottolineata con forza la solidarietà fra le generazioni. Uno dei componenti fondamentali degli attori dell’economia internazionale è il raggiungimento di uno sviluppo integrale e solidale per l’umanità. Uno sviluppo più umano e solidale gioverà anche agli stessi paesi. Per la Dottrina Sociale della Chiesa, l’economia “è solo un aspetto ed una dimensione della complessa attività umana”. Di fronte all’incedere rapido del progresso tecnico economico e alla mutevolezza, altrettanto rapida, dei processi di produzione e di consumo, il Magistero avverte l’esigenza di proporre una grande opera educativa e culturale.

Quanto mai attuale e illuminante appare il pensiero di Giovanni Paolo II nella Centesimus Annus dal n 36 in poi: “Conviene ora rivolgere l’attenzione agli specifici problemi ed alle minacce, che insorgono all’interno delle economie più avanzate e sono connesse con le loro peculiari caratteristiche. Nelle precedenti fasi dello sviluppo, l’uomo è sempre vissuto sotto il peso della necessità: i suoi bisogni erano pochi, fissati in qualche modo già nelle strutture oggettive della sua costituzione corporea, e l’attività economica era orientata a soddisfarli.

È chiaro che oggi il problema non è solo di offrirgli una quantità di beni sufficienti, ma è quello di rispondere ad una domanda di qualità: qualità delle merci da produrre e da consumare; qualità dei servizi di cui usufruire; qualità dell’ambiente e della vita in generale.La domanda di un’esistenza qualitativamente più soddisfacente e più ricca è in sé cosa legittima; ma non si possono non sottolineare le nuove responsabilità ed i pericoli connessi con questa fase storica. Nel modo in cui insorgono e sono definiti i nuovi bisogni, è sempre operante una concezione più o meno adeguata dell’uomo e del suo vero bene: attraverso le scelte di produzione e di consumo si manifesta una determinata cultura, come concezione globale della vita.

È qui che sorge il fenomeno del consumismo. Individuando nuovi bisogni e nuove modalità per il loro soddisfacimento, è necessario lasciarsi guidare da un’immagine integrale dell’uomo, che rispetti tutte le dimensioni del suo essere e subordini quelle materiali e istintive a quelle interiori e spirituali. Al contrario, rivolgendosi direttamente ai suoi istinti e prescindendo in diverso modo dalla sua realtà personale cosciente e libera, si possono creare abitudini di consumo e stili di vita oggettivamente illeciti e spesso dannosi per la sua salute fisica e spirituale. Il sistema economico non possiede al suo interno criteri che consentano di distinguere correttamente le forme nuove e più elevate di soddisfacimento dei bisogni umani dai nuovi bisogni indotti, che ostacolano la formazione di una matura personalità. È, perciò, necessaria ed urgente una grande opera educativa e culturale, la quale comprenda l’educazione dei consumatori ad un uso responsabile del loro potere di scelta, la formazione di un alto senso di responsabilità nei produttori e, soprattutto, nei professionisti delle comunicazioni di massa, oltre che il necessario intervento delle pubbliche Autorità.”

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ZENIT Staff

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