Il primo Festival della Dottrina sociale a Verona

ROMA, mercoledì, 31 agosto 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’ultimo editoriale di Claudio Gentili per “La Società” (www.fondazionetoniolo.it/lasocieta), la rivista di studi e documentazione della Fondazione Toniolo sulla Dottrina sociale della Chiesa.

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Il tema è la prima edizione del Festival della DSC che si terrà a Verona dal 16 al 18 settembre (www.festivaldsc.it).

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Da alcuni mesi si susseguono convegni, incontri e dibattiti che esprimono una rinnovata attenzione al rapporto tra cattolici e politica.

Il ripetuto invito di Benedetto XVI a formare una nuova generazione di politici cattolici è il principale motivo ispiratore di tale fermento.

Le reazioni a questa fermento non sempre sono state all’altezza della posta in gioco e non poche volte sono state condizionate dallo stanco richiamo al timore che si stia ricostruendo la Democrazia Cristiana.

Ma non è mancato chi (come De Rita o Galli Della Loggia) ha cercato di cogliere le novità di questo fermento.

La realtà è più complessa. Organizzazioni sociali e economiche, movimenti e aggregazioni, sindacati e cooperative, sono fortemente interessate a uscire dalla attuale sostanziale irrilevanza politica della presenza dei cattolici in Italia. Le forme che potrà assumere questo impegno non sono ancora definite.

La crisi del modello politico che ha cercato senza successo di governare l’Italia nell’ultimo ventennio, il dilagare di forme di fanatismo moralistico e al tempo stesso il venir meno della dimensione della formazione morale e dell’autonomia morale della persona, la drammaticità del contesto economico e sociale, la necessita di trovare motivi unificanti nella ricerca del bene comune in un paese profondamente lacerato che da troppo tempo ha smesso di crescere sono ragioni sufficienti per spingere i cattolici a impegnarsi di più e in modo più efficace in politica.

Il 30 maggio il segretario della CEI, Mons. Mariano Crociata ha svolto di fronte a parlamentari dei diversi schieramenti, una prolusione sul rapporto cattolici e politica che abbiamo pubblicato nello scorso numero della nostra Rivista.

Il 14 luglio è stato organizzato da La Società un Convegno a Roma aperto da una acuta prolusione del nostro Vice Direttore Mons. Mario Toso sul tema “Le condizioni per la formazione di una nuova generazione di politici cattolici” che pubblichiamo integralmente nella rubrica Agorà.

Il 19 luglio il Forum dei Cattolici del mondo del lavoro (che vede unite sette organizzazioni, dalla Cisl alle Acli, dalla Compagnia delle Opere alla Confcooperative) ha proposto un manifesto per la buona politica e per il bene comune, evidenziando la necessità di riscoprire il valore dell’unità per star dentro le grandi questioni del Paese con spirito

innovativo.

Il 10 agosto il Cardinale Bagnasco, Presidente della CEI, in occasione della omelia per la festa di S. Lorenzo, ha rivolto un forte appello per una nuova stagione dell’impegno pubblico dei credenti.

Retinopera, casa comune delle associazioni e dei movimenti ecclesiali, dedica l’annuale Seminario di studio, dal 7 al 9 settembre a Ancona, nell’ambito del Congresso eucaristico, al rapporto tra Eucarestia e politica sulla scorta delle conclusioni delle Settimane Sociali di Reggio Calabria e della agenda sociale dei cattolici che da lì era scaturita.

E infine, dal 16 al 18 settembre a Verona si svolge il Primo Festival della Dottrina Sociale, aperto da una prolusione di Vittorio Possenti e concluso dal Cardinale Tarcisio Bertone e organizzato da La Società, la Fondazione Toniolo, il Collegamento Sociale cristiano, il Movimento Studenti Cattolici, la Fondazione Segni Nuovi, l’UCID-Giovani, e dai Gruppi della DSC.

Che senso ha un Festival della DSC.

La parola “festival” è di solito abbinata a occasioni di spettacolo molto popolari. L’abbiamo scelta volutamente perché vogliamo portare in piazza il patrimonio della dottrina sociale e non lasciarlo nel chiuso delle stanza di chi la conosce già.

La DSC è per i cattolici un punto di riferimento unitario nel giudizio sulla realtà sociale.

La DSC formula un pensiero sociale indispensabile per guidare l’azione, perché coniuga fede e ragione, in forza della verità in essa contenuta.

Grazie alle mani degli uomini e delle donne impegnati nel servizio, specialmente per i più poveri, la DSC trasmette al mondo la carezza di Dio e la forza trasformatrice del Vangelo, mentre la coscienza della fragilità umana e delle conseguenze del peccato originale ci tiene lontani da ogni scorciatoia ideologica che pretenda di rendere il mondo perfetto chiudendo nei lager e nei gulag chi non è d’accordo.

La DSC indirizza l’azione sociale sui sentieri della giustizia e della pace, motiva all’azione, orienta al bene.

La DSC illumina temi sociali come la vita, la famiglia, la libertà educativa, il lavoro, la salute, la casa.

La DSC è una forma di mediazione culturale che accomuna i cattolici impegnati in politica.

Un cattolico non può arrivare alla politica senza avere nello zaino la DSC. Ogni mutilazione o rimozione di elementi decisivi (il principio-persona, il bene comune, la solidarietà, la sussidiarietà) sarebbe tradire la dottrina sociale che va conosciuta e applicata nella sua interezza.

E oggi l’Italia ha bisogno, per uscire dalla crisi, di uomini e donne capaci di incarnare nelle scelte, talvolta impopolari, i principi della DSC.

La riduzione del debito pubblico è la prima scelta per il bene comune. E ciò è possibile riducendo i costi della politica, combattendo l’evasione fiscale, abbandonando parassitismi e rendite di posizione, facendo crescere la produttività e ripartire la sviluppo.

La famiglia è il cuore del rilancio dell’Italia, contrastando l’inverno demografico, con politiche che promuovano il ruolo della famiglia, nell’accesso ai servizio di cura e di conciliazione con il lavoro.

Occorre dare più spazio alla sussidiarietà per offrire nuove frontiere per la previdenza, la sanità, la formazione professionale.

È urgente generare nuove imprese, attrarre nuovi investimenti, dare un valore positivo a chi fa impresa e investe.

Occorre riportare al centro il lavoro, con un mercato inclusivo per i giovani, le donne e gli immigrati, conciliando sicurezza e flessibilità.

Dobbiamo porre fine alla riproduzione oligarchica della classe dirigente, modificando la legge elettorale.

Siamo un paese dotato di grandi risorse con famiglie, imprese, cooperative, e una rete di rappresentanze sociali e di volontariato straordinarie.

A Verona al Festival della DSC, al centro sarà l’esigenza di rinsaldare il vincolo nazionale e superare ogni pregiudiziale contrapposizione, incidere sul futuro dell’Italia, mettere a punto una proposta culturale capace di ridare speranza all’Italia, spendersi personalmente per il bene comune anche attraverso un impegno politico ispirato alla dottrina sociale.

Il nostro approfondimento partirà dalle sei condizioni per la formazione di una nuova generazione di politici cattolici che Mons. Toso ha enucleato al Convegno de La Società del luglio scorso: partire dalla formazione per evangelizzare il sociale, elaborare una nuova progettualità, creare nuove istituzioni di partecipazione, nuove relazioni tra mondo ecclesiale e politica, superare l’ideologia della diaspora, e infine realizzare un

impegno corale dei soggetti ecclesiali sul piano culturale e formativo.

Quest’ultima condizione– occorre riconoscerlo– è la più difficile, insieme all’abbandono della ideologia della diaspora.

La storia di Retinopera (nata nel 2002 proprio per realizzare forme di convergenza tra realtà ecclesiali attorno alla dottrina sociale della Chiesa) accanto a innegabili successi nel far crescere la stima e la conoscenza reciproca tra i vari movimenti ecclesiali, sta lì a dimostrare le difficoltà che esistono quando si cerca di realizzare un impegno corale dei cattolici impegnati nelle parrocchie e nei movimenti.

Nella Chiesa– è bene ricordarlo– unità non significa uniformità ma comunione di carismi. Proprio esprimendo nella loro diversità l’abbondanza di doni di Gesù
Risorto, i vari movimenti ecclesiali, con i loro specifici carismi, concorrono alla vita e alla crescita del corpo ecclesiale.

La comunione ecclesiale non si può però limitare al concetto, che è maturato negli ultimi anni, del coordinamento a rete delle diverse realtà.

La Chiesa, pur fondata sulla roccia di Pietro, un pescatore, non è una rete.

E la poliarchia, se può essere uno strumento di governo della complessità nella globalizzazione, non ci pare trasferibile alla realtà della Chiesa.

Negli ultimi 20 anni, in coincidenza con la fine dell’unità politica si è affermata l’ideologia della diaspora, e una frammentazione delle diverse realtà ecclesiali che non ha risparmiato i cattolici impegnati in politica nei contrapposti schieramenti.

Mons. Crociata ha detto ai politici cattolici il 30 maggio scorso “la cosa più triste sarebbe vedere cattolici per i quali è maggiore la forza conflittuale dell’appartenenza partitica piuttosto che la capacità di dialogo che scaturisce dalla comunione ecclesiale”

E il Cardinale Bagnasco il 10 agosto nella omelia della festa di S. Lorenzo ha con limpidezza affermato: “il mondo cattolico rappresenta per la società civile un vivaio di valori, energie e esperienze consolidate: questo patrimonio non può essere dilapidato da nessuno, né dissolto per ignavia o per utopistiche sintesi o contaminazioni”.

Al Festival della DSC vorremo dare seguito concreto a questi convincenti appelli, nelle comunione con i nostri vescovi e nella responsabilità laicale che non può mai rinunciare al valore dell’unità e della comunione.

Valorizzando il ruolo dei cattolici impegnati nel mondo del lavoro, dei sindacati, delle imprese, delle cooperative, delle banche, del volontariato.

Ripartendo dalla economia e dalla società civile perché la fecondità politica delle migliori stagioni del movimento cattolico è partita proprio dall’economia, dalla cooperazione, dal sindacato, dai monti di pietà e dal mutualismo. Cioè nel vivo del tessuto della società civile.

C’è bisogno di meno attività che generano consenso sociale e dio più pensiero che genera cultura (perché il mondo soffre per mancanza di pensiero).

Il nostro compito è abilitare le persone a vivere la fede nel quotidiano, a vivere la chiamata alla santità nelle cose.

Per questo puntiamo alla formazione e sperimentiamo sul territorio la differenza che c’è tra assistenzialismo e presenza sociale profetica.

Molti cattolici purtroppo sentono la coscienza a posto quando hanno fatto una offerta. Bisogna fare investimenti.

E il primo investimento è la vita e il tempo, donati per una missione che ci trascende.

I cattolici oggi hanno una grande responsabilità nazionale.

Possono aiutare il Paese a uscire dai fanatismi e dalle contrapposizioni sterili, ricominciare a ragionare politicamente, e farsi strumento di una vera unità morale del Paese, facendo ritrovare anche a chi non condivide i principi della DSC, i fondamenti di una politica davvero rispettosa della dignità delle persone.

Su tali fondamenti, seguendo le orme di chi 70 anni fa ha scritto il Codice di Camaldoli, si può preparare una Italia nuova.

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ZENIT Staff

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