ROMA, giovedì, 29 settembre 2011 (ZENIT.org).- Nemer Hammad, ex rappresentante dell’Olp in Italia e oggi consigliere politico del Presidente Mahmoud Abbas, ha svolto questo mercoledì un briefing con i giornalisti della Stampa Estera, esponendo i punti di vista del suo Governo sulla richiesta in corso alle Nazioni Unite che sollecita il riconoscimento dei Territori Palestinesi come uno Stato.

Interpellato da ZENIT sul discorso alle Nazioni Unite di monsignor Dominique Mamberti, segretario per le Relazioni con gli Stati della Santa Sede, Hammad ha espresso gratitudine e ha indicato: “La  Santa Sede storicamente ha questo grande rispetto per i valori religiosi, umanitari, e rispetto per la vita. Io non dimentico due cose: la prima è una frase di Giovanni Paolo II, ripetuta da Abu Mazen nell’Assemblea generale dell’ONU: 'Abbiamo bisogno di ponti e non di muri'”.

“La seconda è il viaggio in Medio Oriente di Benedetto XVI. Lui ha visto cosa significa vivere nei campi profughi, e che questa sofferenza deve finire”.

“Io credo a questa posizione da parte della Santa Sede a favore del diritto del popolo palestinese allo stato di sovranità”, ha proseguito. “La Santa Sede sa che in Palestina non c’è alcuna differenza tra un palestinese cristiano e un palestinese musulmano. Siamo grati, riconoscenti per la posizione politica e anche per l’aiuto al nostro popolo e l’istruzione, anche universitaria”.

Sulla proposta della Santa Sede a favore di uno status internazionale per Gerusalemme come soluzione valida, il consigliere palestinese ha indicato: “Se lo status internazionale vale per tutta Gerusalemme, vale a dire est o ovest, è possibile discutere. Non deve essere però una cosa teorica, perché sia gli israeliani che i palestinesi sono legati alla città”.

“Crediamo che la miglior soluzione, della quale abbiamo parlato con la Santa Sede, sia quella di una Gerusalemme aperta, capitale di due Stati, perché in termini di pace è meglio pensare il meglio. Per esempio l’ovest palestinese, l’est israeliano. E i luoghi santi garantiti dai leader spirituali, perché Gerusalemme deve rimanere una città santa per tre religioni. Trovo invece l’internazionalizzazione molto più difficile”.

Sul pericolo di una guerra di matrice religiosa collegata alla radicalizzazione esistente in alcuni Paesi contro le minoranze religiose, ha detto a ZENIT che “in qualsiasi parte del Medio Oriente noi condanniamo qualsiasi tipo di discriminazione religiosa. Crediamo in una patria per tutti e che ciascuno possa pregare Dio come crede. Speriamo tutti lo possano capire”.

E l’atteggiamento dell’Iran? “Danneggia solo la causa palestinese”, ha detto Hammad.

Durante il briefing ha anche parlato della proposta alle Nazioni Unite. “Non è ancora chiaro – ha detto - se ci saranno i voti per la richiesta. Ci appoggiano 128 Stati e siamo fiduciosi. Poi non è che l’Assemblea delle Nazioni Unite dà lo status come membro effettivo. Si passa prima a essere osservatore”.

Circa la posizione dell’Italia, il consigliere di Mahmoud Abbas ha considerato che “era tra i maggiori sostenitori di 'due popoli e due Stati'”, e ha auspicato che “esprima una chiara condanna per gli insediamenti, visto che rendono difficile il processo di pace. Mi auguro che il Ministro Frattini non usi le stesse parole degli americani, come ‘dispiaciuti’, e invece impieghi parole come 'condanna'”. E ha aggiunto: “Oggi noi riconosciamo Israele, e vorremmo sentir dire dall’Italia qualcosa su chi non riconosce lo Stato palestinese”.

Hammad ha considerato che i negoziati con Israele si devono basare o sulle frontiere del 1947 o su quelle del 1967. Circa la prima possibilità, Israele non è d'accordo. Allora, ha detto, “bisogna riconoscere quelle del '67, perché per poter negoziare ci vuole il riconoscimento ufficiale del nostro Stato su un territorio ben definito e conosciuto. Questo non significa l’indipendenza il giorno dopo. Poi bisognerà negoziare, profughi, acqua, insediamenti, ecc”.  Il consigliere palestinese ha considerato che se si parte da qui per il futuro si potranno avere due Stati, quello ebraico e quello palestinese; al contrario, “fra 20 anni nascerà una situazione diversa e si dovrà pensare a uno Stato binazionale”.

Hammad ha indicato ai giornalisti un punto centrale: “Israele ha bisogno di sicurezza e noi di sovranità”, e ha aggiunto che in un recente piano di sicurezza americano la proposta era presenza internazionale delle forze NATO guidate dagli USA alle frontiere; impegno della forza internazionale NATO guidata dagli Usa per addestrare le forze dell'ordine palestinesi; garantire che lo Stato palestinese non possa avere armi pesanti né patti militari con altri Paesi.

Nell’incontro con Condoleezza Rice, il territorio palestinese è stato definito come la striscia di Gaza, la Cisgiordania compresa Gerusalemme Est e il Mar Morto.

Questo, ha detto, “è stato accettato dal Governo israeliano e da noi, ma Netanyahu non lo riconosce”.

Ha poi indicato come il Presidente Obama in un discorso nel 2010 abbia detto: “Mi auguro il lavoro per la presenza di uno Stato dentro le Nazioni Unite che aspettiamo da molti anni, la Palestin”,  anche se oggi “siamo un po’ sorpresi dal suo cambiamento”, ha confessato Hammad.

La costruzione di nuovi insediamenti, ha ribadito, aggrava il problema. “Oggi sono 325 mila i coloni, entro due mesi saranno 340 mila. Questo complica un accordo”.

Sulla “Primavera araba”, il consigliere palestinese ha indicato “Appoggiamo chi cerca la sua libertà”, e ha precisato che “l’attuale richiesta all’ONU era stata preparata molto prima di questi fatti”.

“La richiesta sta arrivando un po’ tardi, ma ora il punto è capire come continuare”, ha riconosciuto.

“Ci sono israeliani che vogliono dei leader palestinesi che parlino di missili, kamikaze ecc.”, ha concluso. “Invece noi vogliamo una resistenza pacifica e popolare, ma mai usare le armi e neanche i sassi”.