Da ottant'anni è “la radio del mondo”

Il 29 settembre l’emittente vaticana festeggia il proprio santo protettore

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di Renzo Allegri

ROMA, martedì, 27 settembre 2011 (ZENIT.org).- San Gabriele è l’angelo dell’Annunciazione. Colui che ha portato a una ragazzina ebrea di nome Maria, la più grande notizia che mai sia stata fatta: l’Unigenito figlio di Dio si sarebbe incarnato per redimere l’umanità dal tradimento di Adamo. Fin dal suo inizio, la Radio Vaticana hascelto questo angelo come proprio protettore perché il suo compito specifico ed unico è quello di continuare a diffondere nel mondo, attraverso le parole del Papa e le notizie della Chiesa, quell’incredibile messaggio.

Giovedì 29 settembre, igiornalisti, i tecnici, i corrispondenti che costituiscono la grande famiglia della Radio Vaticana si riuniranno, insieme al direttore generale il gesuita padre Federico Lombardi, nella sede della loro emittente, a Palazzo Pio, a Roma, per partecipare insieme a una Santa Messa in ringraziamento per il lavoro compiuto e per trascorrere alcune ore in fraterna amicizia.

Nel vasto panorama delle innumerevoli emittenti radio esistenti sulla terra, quella vaticana è un caso a se stante. Si differenzia nettamente da tutte le altre. Non ha scopi commerciali, non si interessa di politica, di sport, di canzoni, di divismo, di gossip e di tutte le altre tematiche di cui vivono i media del nostro tempo. Si interessa dei problemi e dei valori assoluti dell’uomo e del suo vivere, approfondendo gli insegnamenti che vengono dal Vangelo e che riguardano indistintamente tutte le persone, qualunque sia la loro posizione sociale, la loro cultura, la loro razza, perché tutti gli esseri umani sono figli di Dio. E’, quindi, la radio di tutti, la radio del mondo.

La Radio Vaticana fu voluta di Pio XI, nel 1929, subito dopo la firma dei “Patti Lateranensi” che ponevano fine alla “questione romana”, cioè la controversia politica sorta nel 1870, quando la città eterna, da secoli sede del potere temporale dei Pontefici, venne sottratta al Papato e unilateralmente proclamata capitale d’Italia. Con l’accordo del 1929, lo Stato italiano concesse alla Chiesa un piccolo territorio che divenne lo Stato Vaticano. Erano gli anni della diffusione della Radio e Pio XI intuì che con questo mezzo, dal suo piccolo Stato avrebbe potuto raggiungere il mondo. Affidò l’incarico di realizzare una Stazione Radio Vaticana allo stesso fondatore della radio, Guglielmo Marconi. Il 12 febbraio 1931 ci fu la solenne inaugurazione.

L’intuizione che Pio XI ebbe 80 anni fa, si è perfettamente realizzata. La Radio Vaticana oggi trasmette in 48 lingue e raggiunge tutte le nazioni del mondo. Ha quindi un pubblico enorme, forse il più grande di qualsiasi altro mezzo di comunicazione esistente sulla terra. “E’ impossibile quantificare, anche solo in modo approssimativo, il pubblico della Radio Vaticana”, dice il professor Sean Patrick Lovett, uno dei maggiori esperti di comunicazione a livello mondiale, docente di questa materia alla Pontificia Università Gregoriana e, da vent’anni, responsabile dei programmi in lingua inglese della emittente vaticana. “Conosciamo in quali nazioni la nostra radio è ufficialmente presente. Conosciamo anche le stazioni radio, in genere cattoliche o cristiane, che ‘ritrasmettono’ i nostri programmi. Sappiamo, per esempio, che, negli Stati Uniti e in Canada, gli ascoltatori ci seguono prevalentemente in podcast, scaricando cioè i programmi da Internet, mentre in altre parti, Africa, Sud Est Asia ci ascoltano ancora in onde corte. Ma, girando il mondo, prendendo contatti con i collaboratori, mi sono reso conto che in realtà non è possibile avere dati sicuri sul pubblico, anche proprio perché gli stessi canali di distribuzione che noi conosciamo non rispecchiano la realtà. Ce ne sono molti e molti di più. Un giorno, parlando con un vescovo della Papua Nuova Guinea, seppi che il programma in inglese della Radio Vaticana che arriva in quella nazione, viene tradotto in altre otto-dieci lingue, portato nelle varie isole e ritrasmesso. Vi sono, in Papua Nuova Guinea, tre lingue ufficiali e più di 850 lingue locali. Quindi, quell’unico programma in inglese, di cui noi abbiamo conoscenza, si moltiplica per dieci. E questo succede anche in altre parti del mondo, in Africa, in Amazzonia, in Patagonia, in Siberia, eccetera. Quindi, in realtà non sappiamo neppure in quante lingue effettive vengono diffusi i nostri programmi, e non è possibile calcolare il numero degli ascoltatori”.

All’inizio, i programmi della Radio Vaticana avevano un carattere puramente accademico. Una delle prime trasmissioni si intitolava “Scientiarum Nuncius Radiophonicus”, ed era una rassegna dell’attività della Pontificia Accademia delle Scienze. Rassegna fatta in latino, che fu la prima lingua ufficiale della Radio Vaticana. Ma ben presto, accanto alle trasmissioni in latino, arrivarono quelli in diverse altre lingue, italiano, francese, spagnolo, inglese, tedesco. E soprattutto furono messi da parte gli eruditi ma astratti resoconti scientifici dedicati all’attività dell’Accademia delle Scienze, per privilegiare le informazioni di attualità.

“La prima grande rivoluzione nella Radio Vaticana avvenne con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale”, mi racconta Alessandro De Carolis, giornalista , vicecaporedattore dei notiziari della emittente del Papa e autore del libro “Dai Megahertz ai Gigabyte. La Radio Vaticana da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI”, che sarà presentato ufficialmente il 4 ottobre. “Alla vigilia del conflitto, e precisamente la sera di giovedì 24 agosto 1939, Pio XII, presagendo ciò che stava per accadere, pronunciava il radiomessaggio con il famoso appello ai capi di Stato del mondo intero: “Nullaèperdutoconla pace.Tuttopuò esserloconlaguerra”. Appello che non venne ascoltato, ma che scosse le coscienze di milioni di persone che poterono sentire la voce del Papa grazie alla Radio e riflettere sull’imminente conflitto. Quattro anni prima, nel 1935, Stalin chiedeva al primo ministro francese Pierre Laval, in visita a Mosca: “Ma quante divisioni militari ha il Papa?”. La sua era una domanda ironica perché sapeva bene che lo Stato del Vaticano non aveva eserciti. Però, Stalin non aveva pensato a quell’arma strana, il microfono, la Radio, che divenne potentissima senza usare alcuna violenza fisica, ma servendosi della libera informazione. Se ne rese conto invece, il nazista Joseph Paul Goebbels, Ministro del governo di Hitler scoprendo, durante l’invasione della Francia da parte dei nazisti, che i membri della Resistenza francese trascrivevano i notiziari diffusi dall’emittente vaticana e li diffondevano clandestinamente. Giurò di distruggere quella Radio, ma non ci riuscì.

“Sempre nel corso della seconda guerra mondiale, la Radio Vaticana si rese protagonista di una straordinaria iniziativa umanitaria”, dice ancora Alessandro De Carolis. “Il conflitto aveva portato al fronte centinaia di migliaia di uomini, che avevano lasciato le loro famiglie, mamme, padri, spose, figli in grande ansia. Spesso le comunicazioni erano impossibili. I soldati venivano feriti, fatti prigionieri, uccisi, e nella loro case non si sapeva niente. Fin dal 1940, la Radio Vaticana cominciò a organizzare delle trasmissioni utili alle ricerche di notizie. Messaggi di prigionieri, di profughi, di esiliati, di madri, di spose”.

“Allora la sede della Radio era in un piccolo palazzo all’interno del Vaticano. E verso quel palazzo c’era sempre una drammatica processione di persone che andavano a portare o ricevere informazioni. Processione che non si interrompeva neppure nelle ore del coprifuoco. Fu calcolato che tra il 1940 e il 1945 furono trasmessi un milione e 200 mila messaggi. Venivano letti lentamente, scanditi per poter essere ben compresi. E furono preziosissimi per moltissime famiglie”.

“Finita la guerra, soprattutto nei Paesi dell’Est Europeo si verificò un allargamento e un rafforzamento del dominio dell’ideologica comunista. In quei Paesi venne ridotta e a volte completamente abolita la libe
rtà religiosa. L'”uomo nuovo” socialista doveva essere ateo e doveva disprezzare la religione. Cattolici, protestanti, ortodossi, ebrei, islamici, ogni forma di religione venne presa di mira, ma soprattutto quella cattolica, perché i cattolici venivano considerati ‘spie’ del Vaticano. Le chiese vennero distrutte o trasformate in uffici, in musei, in sale cinematografiche,o semplicemente in granai”.

“Quella terribile situazione durò una quarantina d’anni, praticamente fino alla caduta del muro di Berlino nel 1989. E in tutti quegli anni, furono milioni e milioni le persone che, per la loro fede, vennero incarcerate, deportate nei campi di rieducazione in Siberia, torturate e spesso barbaramente uccise”.

“Ma innumerevoli furono anche i credenti ‘clandestini’, che riuscirono a tener viva la loro fede conservandola segretamente nel loro cuore. E per questi l’unico aiuto morale veniva dalla Radio Vaticana, che riusciva a far arrivare la sua voce anche in quei lontani Paesi. La ascoltavano naturalmente di notte, in forma segretissima, sapendo di rischiare la vita nel caso fossero stati scoperti. Per 40 anni la Radio Vaticana fu l’unico legame di questi cristiani delle catacombe con la loro fede. Dopo la caduta del muro di Berlino, abbiamo conosciuto storie meravigliose di famiglie che, ogni tanto, organizzavano incontri clandestini nelle loro case. Invitavano altre famiglie credenti, ponevano una rudimentale radio, costruita spesso in modo artigianale, al centro della cucina, e, tutti insieme, in ginocchio, seguivano le trasmissioni della Radio Vaticana, soprattutto la celebrazione della Messa. E i dirigenti della Radio Vaticana, che sapevano dell’esistenza di quella drammatica realtà, nel 1957 costruirono, nella campagna romana, un potentissimo centro di trasmissione, capace di portare con le onde corte i loro messaggi anche in Siberia”.

“Nuovi passi da gigante, nell’ambito organizzativo”, sottolinea ancora De Carolis “la Radio Vaticana li fece con il Concilio Vaticano II. Si propose di seguire tutte le sessioni dei lavori. Impresa enorme, allora, per un complesso radiofonico non abituato a impegni del genere. Ma ci riuscì e nei nostri archivi conserviamo tutte le registrazioni, equivalenti a circa 300 mila chilometri di nastro magnetico inciso. L’arrivo di Giovanni Paolo II, nel 1978, portò una autentica rivoluzione. Lui era una macchina da guerra di attività. Per seguirlo nei suoi continui e fulminei spostamenti, la radio dovette cambiare totalmente se stessa, inventarsi un nuovo modo di lavorare, rinnovare tutte le sue strutture tecniche. E dovette farlo in fretta, perché Papa Wojtyla era veloce come il fulmine. Ma ce la fece, anche in quell’occasione e in breve tempo fu in grado di competere con le migliori radio del mondo”.

“L’ultimo grande cambiamento è stato portato dall’informatica. Dalle tradizionali onde corte e medie, negli anni Novanta si è passati alla trasmissione satellitare e poi a quella via Internet. La tecnologia analogica ha lasciato il posto a quella digitale, e i modi di trasmissione, di ricezione, di diffusione si sono moltiplicati”.

“Noi cerchiamo di essere sempre all’avanguardia da un punto di vista tecnico”, dice il professorSean Patrick Lovettche, con i suoi vent’anni di attività alla Radio Vaticana, e la sua fama di massimo esperto nelle comunicazioni radiofoniche contribuisce a tenere alto il prestigio della emittente. “E’ un nostro specifico dovere utilizzare tutte le innovazioni, per poter essere efficienti in un mondo in ‘continuo rapido sviluppo’. Ma il nostro obbiettivo principale è sempre lo stesso, cioè quello di diffondere il messaggio cristiano attraverso la voce e gli insegnamenti del Santo Padre. Noi siamo ‘il microfono del Papa’. E tutto quello che facciamo deve essere in sintonia con la sua visione della vita, che è quella del Vangelo”.

“C’è tanta solitudine, oggi, nel mondo. Proprio in questo nostro tempo, nel quale la tecnologia ci permette di comunicare, anzi di ‘supercomunicare’ in ogni attimo, c’è tanta tristezza e solitudine nei cuori. Gli uomini si sentono soli più che mai. Forse a causa della grande confusione ideologica che domina. Mai nella storia dell’umanità abbiamo ‘saputo’ così tanto ma ‘capito’ così poco. Abbiamo a disposizione più informazioni di quante ce ne servono, eppure ci tormentano le grandi questioni di sempre: chi sono, da dove vengo, dove vado. E sono pochi i mezzi di comunicazione che offrono delle risposte complete e comprensibili. Noi vogliamo fare soprattutto questo. Attraverso i discorsi del Papa, che costituiscono il nostro punto di riferimento fisso, cerchiamo di offrire un po’ di luce all’umanità sempre più sola e sempre più confusa. I nostri obiettivi sono quelli di sempre: educare e accompagnare chi ci accolta. Vogliamo essere accanto all’uomo d’oggi come un amico che ti prende per mano. Le radio commerciali sono orientate su se stesse, vogliono attrarre l’attenzione cancellando l’altro. Noi cerchiamo, con uno sforzo quotidiano, di essere super partes, e di essere utili. Non è utile entrare in polemica, alzare la voce; è utile portare conoscenza e coscienza. Ed è quanto la Radio Vaticana cerca di fare tutti i giorni”.

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ZENIT Staff

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