La Santa Sede all'ONU sul diritto delle persone anziane alla salute

ROMA, sabato, 24 settembre 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l’intervento pronunciato, il 16 settembre, dall’Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e Istituzioni Specializzate a Ginevra, sul diritto delle persone anziane alla salute, nell’ambito della diciottesima sessione del Consiglio dei Diritti dell’Uomo, in corso a Ginevra. 

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Presidente,

la delegazione della Santa Sede desidera esprimere sincero interesse per questo importante argomento di dibattito. La presenza sempre più massiccia di persone anziane nella popolazione generale è ben descritta in questo Rapporto, secondo il quale le persone di sessanta anni e oltre erano 760 milioni alla fine del 2010 e saranno un miliardo entro la fine del decennio attuale. Questo fenomeno è di fatto trasversale e transculturale, con numeri sempre più elevati di anziani nei Paesi in via di sviluppo. L’autore del Rapporto menziona le varie sfide sociali, economiche, mediche e psicologiche da affrontare in relazione a questi cambiamenti demografici. Inoltre, evidenzia l’aspetto pressante «che la promozione e la protezione dei diritti umani degli anziani non sono d’interesse solo per questi ultimi, ma dovrebbero esserlo anche per tutti gli altri perché anch’essi invecchieranno».

Il Rapporteur Speciale esorta a un «cambiamento di paradigma» nella attuale visione biomedica dell’invecchiamento, che troppo spesso lo considera «un fenomeno anormale o patologico» e quindi «equipara l’età avanzata alla malattia». Con un ragionamento del genere l’Organizzazione mondiale della sanità promuove «l’invecchiamento attivo» che mira a ottimizzare le opportunità per la salute, la partecipazione e la sicurezza fra persone anziane per migliorare la loro qualità di vita attraverso «la partecipazione costante alle attività sociali, economiche, culturali e civili» piuttosto che basare i criteri di queste attività soltanto sul vigore fisico o sulla partecipazione alla forza lavorativa.

A proposito degli anziani che hanno bisogno si un accudimento speciale, la Chiesa cattolica, attraverso la promozione di 15.448 case per anziani, malati cronici e disabili in tutte le parti del mondo, considera l’aumento del numero degli anziani come una «benedizione» piuttosto che come un fardello per la società. Inoltre la Chiesa ritiene che «Ogni generazione può imparare dall’esperienza e saggezza della generazione che l’ha preceduta. Inoltre il provvedere alla cura delle persone anziane non dovrebbe essere anzitutto considerata come un atto di generosità, ma come il ripagare un debito di gratitudine» (Benedetto XVI Discorso durante la visita alla Casa per Anziani st. Peter’s Residence, London Borough of Lambeth, 18 settembre 2010). Quindi la mia Delegazione concorda con la raccomandazione del Rapporteur Speciale che gli «Stati stanzino più risorse per fornire assistenza geriatrica allo scopo di garantire che tutti gli operatori sanitari, indipendentemente dalla loro specializzazione o professione, siano adeguatamente formati per affrontare particolari questioni sanitarie associate all’invecchiamento. Dovrebbero anche essere formati nel diritto alla salute per poter interagire con i pazienti anziani in modo appropriato, sollecito e non discriminatorio».

Inoltre concordiamo con la premessa fatta nel Rapporto che, per godere pienamente del diritto alla salute, gli anziani dovrebbero godere della libertà «di prendere decisioni indipendenti sulla propria salute, ovvero della libertà dall’interferenza dello Stato». Parimenti, gli anziani hanno diritto a «ricevere assistenza sanitaria primaria, una tutela sociale che riconosca e consideri gli elementi legati all’età», assistenza domiciliare e di lungo periodo, quando e se questi servizi dovessero divenire necessari, e accesso a «fattori determinanti per la salute come l’accesso all’acqua e ai servizi igienici, al cibo e all’alimentazione, all’educazione e alle abitazioni». Osserviamo, però, che il Rapporto riconosce l’impatto deleterio sia sull’autonomia sia sulla dignità di anziani fragili nonché il bisogno speciale di proteggerli contro l’abuso fisico ed emotivo da parte di chi presta loro cure e addirittura dei familiari.

Presidente, un numero significativo di programmi assistenziali di conforto e relativi agli ospizi vengono promossi dalla Chiesa cattolica per aiutare gli anziani e altre persone gravemente malate a entrare negli stadi finali della vita con dignità e con disagio e sofferenza minimi. La mia Delegazione desidera muovere una forte obiezione a un riferimento presente nel Rapporto a proposito delle «questioni di autonomia del paziente in relazione alla decisione di porre fine alla vita», sebbene l’autore del Rapporto sottolinei di non affrontare tali questioni nel contesto del Rapporto stesso. Crediamo fermamente che la vita sia un dono e che nessuna persona abbia il cosiddetto «diritto» di porvi fine, che la morte sia il culmine di un processo naturale e che nessuno, nemmeno l’anziano o il malato stesso, abbia il diritto di causare o accelerare il processo naturale della morte attraverso strumenti biomedici o di qualsiasi altro mezzo.

Quindi, in conclusione, la Santa Sede «ha esortato gli scienziati e i medici ad impegnarsi nella ricerca per prevenire e curare le malattie legate all’invecchiamento, senza mai cedere alla tentazione di ricorrere a pratiche di abbreviamento della vita anziana e ammalata, pratiche che risulterebbero essere di fatto forme di eutanasia» (Benedetto XVI Discorso ai Partecipanti alla XXII Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari).

[© “L’Osservatore Romano”]

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ZENIT Staff

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