Perché Dio “spoglia di tutto” la vita?

Vangelo della XXVI Domenica del Tempo Ordinario

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di padre Angelo del Favero*

ROMA, venerdì, 23 settembre 2011 (ZENIT.org).- In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: “Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: ‘Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna’. Ed egli rispose: ‘Non ne ho voglia’. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: ‘Sì, signore’. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?”. Risposero: “Il primo” (Mt 21,28-32).

Così dice il Signore: “voi dite: ‘Non è retto il modo di agire del Signore’. Ascolta, dunque, casa di Israele: ‘Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?’” (Ez 18,25-28).

Fratelli…Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, divenendo simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore!”, a gloria di Dio Padre (Fil 2,1-11).

Il 1° maggio 2011, il Santo Padre Benedetto concludeva così l’omelia per la beatificazione di Giovanni Paolo II: “L’esempio della sua preghiera mi ha sempre colpito ed edificato: egli si immergeva nell’incontro con Dio, pur in mezzo alle molteplici incombenze del suo ministero. E poi la sua testimonianza nella sofferenza: il Signore lo ha spogliato pian piano di tutto, ma egli è rimasto sempre una “roccia”, come Cristo lo ha voluto. La sua profonda umiltà, radicata nell’intima unione con Cristo, gli ha permesso di continuare a guidare la Chiesa e a dare al mondo un messaggio ancor più eloquente proprio nel tempo in cui le forze fisiche gli venivano meno”.

Dunque, non è stata la malattia a “spogliarepian piano di tutto” Giovanni Paolo II, ma il Signore, il Padre celeste, Colui che è Divina Misericordia. Infatti, se la verità di tale volontà divina vale per Cristo-Capo (è stato per obbedire al Padre che Gesù “spogliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” – Fil 2,8), vale anche per il suo Vicario e per tutte le membra del Corpo che è la Chiesa.

Ciò significa che l’inesorabile Morbo di Parkinson che colpì Giovanni Paolo II, faceva parte del progetto divino sul suo pontificato fin dal 16 ottobre 1978, giorno in cui fu costituito “roccia” per la Chiesa intera, e fece risuonare nel mondo le memorabili parole: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”.

Una “roccia” che cominciò poi fisicamente a sgretolarsi per la malattia, sì che molti scuotevano la testa e criticavano il Papa per quella che giudicavano una “esibizione mediatica” della sua sempre più invalida persona (erano fra coloro che pensavano: “non è retto il modo di agire del Signore” – Ez 18,25). In realtà, se la forza profetica del suo messaggio ha convinto il mondo intero, è stato proprio per la testimonianza mondiale dello spogliamento di tutto, così eroicamente accettato dal beato Giovanni Paolo II. E il messaggio è: non dobbiamo avere paura di accettare la volontà di Dio, (come si teme l’estraneo cui non si apre la porta di casa), ma spalancare ad essa il cuore, riponendo una fiducia totale nella misericordia del Padre.

Esortazione certamente non facile a mettersi in pratica! Sappiamo, infatti, che Gesù stesso “con forti grida e lacrime” (Eb 5,7) ha dovuto lottare fino al sangue per bere il calice amaro della Passione; e sappiamo come ha superato la prova: avendo intensamente pregato, non solo ha potuto vincere il suo combattimento, ma anche il nostro, dal momento che ha ottenuto anche per noi quella “fortificazione” spirituale, definitiva e perfetta della natura umana che ci permette di perseverare vittoriosamente nella prova.

Anche per noi, come per Gesù, è dunque necessario accettare con fede ogni doloroso spogliamento operato dalla mano misteriosa e misericordiosa del Padre. E accettare è sempre possibile, dal momento che non ci è chiesto un atto morale eroico, ma un semplice assenso della ragione sostenuta dalla fiducia in Dio; fiducia spesso non sentita, ma che è necessario e sufficiente voler avere. E come i bambini posseggono tale fiducia per natura, così i grandi possono riacquistarla stabilmente in virtù dello Spirito e della Parola (cfr Gv 3,3).

Esortandoci ad avere “gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5), e narrandone poi l’obbediente spogliamentototale, Paolo ci fa capire che la coscienza del Signore sin dall’infanzia (Lc 2,49) aveva un unico “sentire”: fare la volontà del Padre.

Tutto ciò riguarda profondamente anche la nostra vita, che si trova nella prova per ciò stesso che esistiamo.

Ascoltiamo, allora, un’altra grande testimone della fede, la carmelitana Edith Stein, ebrea, filosofa, martire ad Auschwitz e patrona d’Europa: “Essere figlio di Dio significa camminare dando la mano a Dio, fare la volontà di Dio, non la propria, riporre nelle sue mani ogni preoccupazione e speranza, non affannarsi più per sé e per il proprio futuro. Questa è la base della gioia e della libertà del figlio di Dio. Quanti pochi, anche di coloro che sono veramente devoti, anche di coloro che hanno fatto eroicamente l’offerta di se stessi, la possiedono! Essi camminano sempre chini sotto il grave peso delle loro preoccupazioni e dei loro doveri. Tutti conoscono la parabola degli uccelli del cielo e dei gigli del campo. Ma quando incontrano una persona che non possiede alcun bene, non ha alcuna pensione e alcuna assicurazione e tuttavia va incontro serena al proprio futuro, scuotono il capo come se si trovassero di fronte a un tipo strano. Certo, chi si aspetta che il Padre celeste provvederà sempre al benessere e alle entrate che egli ritiene desiderabili, potrebbe sbagliare gravemente. La fiducia in Dio rimane incrollabile solo se essa include la disponibilità ad accogliere qualunque cosa dalla sua mano. Dio solo infatti sa quel che è bene per noi. Il “sia fatta la tua volontà”, in tutta la sua estensione, deve essere il criterio della vita cristiana. E deve quindi essere l’unica preoccupazione del cristiano. Tutte le altre il Signore le prende su di sé. Nell’età infantile della vita spirituale, quando abbiamo appena incominciato ad affidarci alla guida di Dio, sentiamo la sua mano forte e robusta che ci conduce; vediamo con estrema chiarezza quanto dobbiamo fare e tralasciare. Ma la situazione non rimane sempre così. Chi appartiene a Cristo deve maturare fino all’età adulta di Cristo, imboccare un giorno la via della croce, dirigersi al Getsemani e al Golgota. E tutte le sofferenze che provengono dall’esterno sono un nulla a paragone della notte oscura dell’anima, allorché la luce divina non brilla più e la voce del Signore tace. Dio è presente, ma è nascosto e tace. Perché fa così? Siamo qui di fronte ai suoi misteri, misteri che non possiamo penetrare fino in fondo. Un po’ però li possiamo già perscrutare. Dio è divenuto uomo per farci di nuovo partecipare alla sua vita. Partecipazione che era al principio e che è l’ultimo fine. La passione e la morte di Cristo continuano nel suo corpo mistico e in ognuna delle sue membra. Ogni uomo deve soffrire e morire. Ma se egli è un membro vivo del corpo di Cristo, la sua sofferenza e la sua morte diventano, grazie alla divinità del capo, r
edentrici.
Diciamo pertanto: “Sia fatta la tua volontà!” anche e proprio per questo, nella notte più oscura (S. Teresa Benedetta della Croce, Il mistero del Natale, 1931).

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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ZENIT Staff

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