Le religiose martiri della Bosnia-Erzegovina uccise nel 1941

Appartenevano all’Istituto delle Figlie della Divina Carità

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di Carmen Elena Villa

SARAJEVO, venerdì, 23 settembre 2011 (ZENIT.org).- Note come le martiri di Dirna, cinque religiose della Divina Carità assassinate dalle milizie nazionaliste della Serbia saranno beatificate questo sabato a Vrhbosna – Sarajevo, in un cerimonia presieduta dal Cardinale Angelo Amato SDB, in rappresentanza di Papa Benedetto XVI.

Si tratta di Jula Ivanišević, croata, che era la superiora della comunità situata a Pale; Krizina Bojanc e Antonija Fabjan, provenienti dalla Slovenia; l’austriaca Berchmana Leidenix, la più anziana del gruppo, di 76 anni; Bernadeta Banja, ungherese, la più giovane, di 29 anni.

“Le nostre martiri di Drina se ne sono rese conto attraverso la propria vita, ma noi dobbiamo ancora impararlo – amare Dio e gli altri e rimanere fedeli a Lui sacrificando la nostra vita, soprattutto vivendo i voti come abbiamo promesso”, ha scritto nel dicembre scorso la superiora generale Lucyna Mroczek, FDC quando è stata resa nota la beatificazione delle religiose.

Vivevano in un paese chiamato Pale, situato a sud-ovest di Sarajevo e che oggi ha 30.000 abitanti. Lì avevano una comunità chiamata la Casa di Maria, in cui si dedicavano alla cura dei malati e a nutrire i bambini orfani della Casa del Bambino, un orfanotrofio che apparteneva allo Stato. Fornivano anche aiuto e medicinali a tutti i poveri e ai mendicanti che venivano dalle montagne di Romanija.

Nel 1941, dopo la resa della Yugoslavia ai nazisti, l’esercito dei Chetniki, pensando alla creazione di un grande Stato serbo, voleva espellere tutti i gruppi minoritari dal suo territorio, inclusi i religiosi. Molti consigliarono alle suore di rifugiarsi in un luogo sicuro, ma respinsero questa proposta.

“Non stiamo facendo niente di male a questa gente”, dicevano. “Abbiamo fatto solo del bene senza tener conto del loro credo o della loro nazionalità. Dobbiamo restare qui con loro, e sostenere le persone in questo momento difficile”.

In una mattina di neve, l’11 dicembre 1941, i Chetniki circondarono la Casa di Maria. Antonija venne raggiunta da un colpo di arma da fuoco. Oltre a lei, erano presenti in quel momento Berchmana, Bernadeta e Krizina, insieme al sacerdote cattolico Franc Ksaver Meško.

Suor Jula era invece fuori a fare degli acquisti. Quando tornò si rese conto di ciò che stava accadendo, e malgrado il pericolo che correva decise di entrare per accompagnare le sue consorelle. Gli ufficiali dell’esercito si sorpresero vedendola, perché pensavano che sarebbe fuggita.

Minacciando le suore con dei fucili, le costrinsero a lasciare la casa senza indossare un soprabito, anche se fuori il freddo era intenso. Camminarono per quattro giorni e quattro notti fino a Gorade  attraverso le montagne di Romanija, tutte tranne suor Berchmana, che per la sua età venne separata dal gruppo.

Arrivarono il 15 dicembre 1941. I soldati le costrinsero a rinunciare ai propri voti, ma le suore rifiutarono di farlo. I militari diedero loro del tempo per riconsiderare la loro decisione, poi tornarono ubriachi, vollero abusare di loro, strapparono loro di dosso i vestiti e iniziarono a colpirle. Le suore si liberarono dai loro aggressori dicendo “Gesù, salvaci” e saltarono dalle finestre. I Chetniki corsero fuori e videro che erano ancora vive anche se gravemente ferite. Iniziarono ad accoltellarle una a una finché non morirono. I loro corpi vennero gettati nel fiume Drina.

Suor Berchmana restò a Sjetlina circa dieci giorni, poi le venne concessa la libertà. Andò a Gorade insieme ad altri abitanti del paese, sperando di trovare le sue consorelle visto che non sapeva che erano morte, ma dato che aveva un rosario al collo venne uccisa il 23 dicembre 1941.

“Quest’anno la gioia della nascita di Cristo è mista all’ansia di avere notizie sulle suore scomparse”, scrisse la superiora generale delle suore della Divina Carità, Lujza Reif, prima di sapere dell’assassinio della religiose.

Il 13 febbraio 1942 giunse un rapporto militare che confermava l’omicidio.

“Le suore furono colpite dal profondo dolore per la perdita delle loro ‘sorelle migliori’, ma allo stesso tempo vennero incoraggiate dalla loro perseveranza e fedeltà”, afferma la pagina web ufficiale della beatificazione.

“Con la loro morte la Chiesa cattolica si arricchisce di cinque vergini martiri, e la Congregazione delle Figlie della Divina Carità si arricchisce di cinque intercessori in cielo”.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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