Il Papa: i valori non manipolabili, la garanzia della nostra libertà

Nel discorso al Castello Bellevue per la cerimonia di benvenuto

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ROMA, giovedì, 22 settembre 2011 (ZENIT.org).- I valori non manipolabili sono il fondamento della nostra libertà, che non è fatta di individualismo ma di convivenza, relazione solidale con gli altri. Sono questi alcuni dei punti toccati da Benedetto XVI nel discorso tenuto nel giardino del Castello Bellevue, residenza ufficiale del Presidente federale, dove alla presenza di un migliaio di ospiti si è tenuta questo giovedì la cerimonia di benvenuto.

Il Papa ha, infatti, iniziato quest’oggi il suo ventunesimo pellegrinaggio internazionale e il terzo viaggio nella sua terra natale dopo quelli del 2005 per la XX Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia e del 2006 quando visitò München, Altötting e Regensburg. La Germania, dunque, riceve per la sesta volta il Successore di Pietro e Berlino lo fa per seconda volta a 15 anni di distanza della storica visita del beato Giovanni Paolo II il 23 giugno 1996.

Ad accoglierlo all’Aeroporto internazionale di Berlino-Tegel il Presidente tedesco Christian Wulff con la consorte, la cancelliera Angela Merkel, l’Arcivescovo di Berlino, mons. Rainer Maria Woelki, e altre autorità religiose e civili.

Nel saluto al Papa, durante la cerimonia nel castello, che trae il suo nome dalla sua panoramica vista sulle rive del fiume Sprea, il Presidente Wulff – il primo cattolico a ricoprire la più alta carica della Germania dal 1959 – ha detto: “Lei viene in un Paese la cui storia e la cui cultura sono strettamente intrecciate con la fede cristiana. Viene in un Paese in cui testimoni di fede integri, come Dietrich Bonhoeffer, Bernhard Lichtenberg e Edith Stein, si sono schierati, sacrificando la propria vita, contro un regime criminale e senza Dio”.

“Viene in un Paese – ha detto ancora – che ventidue anni fa ha vissuto il miracolo di una rivoluzione pacifica e il ripristino dell’unità della Germania e dell’Europa. Senza il suo coraggioso predecessore Giovanni Paolo II, senza gli operai cattolici in Polonia e senza le Chiese cristiane nella DDR, che hanno dato rifugio a quanti cercavano la libertà, tutto ciò non sarebbe stato possibile. Per questo ringrazio di cuore!”.

“Viene in un Paese – ha proseguito – in cui milioni di donne e di uomini si impegnano ogni giorno, a partire dalla loro fede. Un Paese nel quale proprio nell’ambito del lavoro dei giovani nella Chiesa tanti ragazzi si assumono la responsabilità per sé stessi e per gli altri. Viene in un Paese in cui la fede cristiana non è più una cosa ovvia, in cui la Chiesa deve rideterminare il proprio posto in una società pluralistica”.

Nel suo discorso il Papa ha chiarito da subito di non essere giunto in Germania “per perseguire determinati obiettivi politici o economici […] ma per incontrare la gente e parlare di Dio” ed ha poi sottolineato come nei confronti della religione ci sia “una crescente indifferenza nella società che, nelle sue decisioni, ritiene la questione della verità piuttosto come un ostacolo, e dà invece la priorità alle considerazioni utilitaristiche”.

“D’altra parte – ha osservato – c’è bisogno di una base vincolante per la nostra convivenza, altrimenti ognuno vive solo seguendo il proprio individualismo”, e proprio “la religione è uno di questi fondamenti per una convivenza riuscita”.

Tuttavia, ha affermato citando le parole del grande Vescovo e riformatore sociale Wilhelm von Ketteler (1811-1877), “come la religione ha bisogno della libertà, così anche la libertà ha bisogno della religione”, e infatti la libertà “ha bisogno di un legame originario ad un’istanza superiore”.

“Il fatto che ci sono valori che non sono assolutamente manipolabili è la vera garanzia della nostra libertà – ha osservato il Pontefice –. Chi si sente obbligato al vero e al bene, subito sarà d’accordo con questo: la libertà si sviluppa solo nella responsabilità di fronte a un bene maggiore. Tale bene esiste solamente per tutti insieme; quindi devo interessarmi sempre anche dei miei prossimi”.

La libertà, dunque, “non può essere vissuta in assenza di relazioni”, perché “nella convivenza umana non si dà libertà senza solidarietà. Ciò che sto facendo a scapito degli altri, non è libertà, ma azione colpevole che nuoce agli altri e anche a me stesso. Posso realizzarmi veramente quale persona libera solo usando le mie forze anche per il bene degli altri. Questo vale non soltanto per l’ambito privato ma anche per la società”.

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ZENIT Staff

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