Nonostante una campagna internazionale a favore dell’aborto e i sondaggi che prevedevano una vittoria del fronte favorevole alla liberalizzazione della interruzione volontaria di gravidanza, i cittadini del Liechtenstein si sono opposti in maggioranza.
Attualmente nel Principato l’aborto è vietato ed è punibile con una pena fino ad un anno di detenzione, anche se praticato all’estero. Da anni non ci sono state condanne.
Il testo di legge proposto nel referendum proponeva la depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza entro le prime 12 settimane con una modifica in tal senso del codice penale.
Chiedeva anche il diritto di abortire dopo questo termine se il feto presenta un grave pericolo di handicap fisico o mentale.
In Parlamento solo una minoranza aveva accettato l’iniziativa per legalizzare l’aborto. In agosto, il principe ereditario Alois si era espresso contro la liberalizzazione dell’interruzione di gravidanza.
Anche la Chiesa cattolica aveva espresso la propria contrarietà. In occasione della festa nazionale, l’Arcivescovo di Vaduz Wolfgang Haas si era persino rifiutato di officiare la Messa in segno di protesta contro l’aborto.
Ora che il referendum è stato respinto i due partiti di governo Unione patriottica e il Partito borghese progressista hanno annunciato che proporranno una modifica del Codice penale. L’aborto sarà vietato, ma non sarà più punibile penalmente se praticato all’estero.
Il principato del Liechtenstein conta oltre 35.446 (dati 2008) con una densità demografica di 209 persone per chilometro quadrato, ed ha un reddito pro-capite tra i più alti d’Europa.