La favola del pifferaio

LONDRA, domenica, 18 settembre 2011 (ZENIT.org).- La comunità italiana a Londra, nella nostra parrocchia di Brixton Road, canta a vele spiegate. All’organo, un giovane missionario, un compositore pieno di entusiasmo e dinamismo musicale. Venuto dal profondo Sud, da una città di mare e di vento come Otranto, le sue radici sono poi cresciute a Roma, in Brasile e nella città internazionale di Ginevra, come missionario per gli emigranti. Molte comunità parrocchiali in patria cantano i suoi canti dal sapore tra il classico e il melodico: il suo segreto è interpretare l’anima di un popolo.

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Dopo la messa italiana segue quella in portoghese: una nutrita comunità riempie, allora, completamente la chiesa e si cambia registro, timbro e lingua. L’entusiasmo, però, resta il medesimo. Francesco Buttazzo, il giovane missionario, accompagna, allora, alla chitarra il loro canto tradizionale mescolato alle arie dell’Atlantico, che ritrovano con lui una forza e uno splendore rinnovati.

Alle cinque del pomeriggio èuno tsunami di filippini che invadono la nostra Chiesa degli italiani. Alla pianola musicale è sempre il nostro giovane pugliese, che sa adattarsi alle melodie lontane di un’altra cultura dai ritmi lunghi e cadenzati di un altro oceano, l’Indiano. Ancora una volta il suo apporto musicale illumina una tradizione antica di migranti.

Una riflessione viene spontanea. Si ammira la capacità di entrare e di sollevare dal basso una cultura musicale, di innervare una tradizione differente, esaltandola con tutte le proprie energie. Qualità di adattamento e genialità popolare sono come riprese in mano e proposte con potenza: un’arte rara. In fondo, è l’arte di farsi uno di loro, di diventare qualcuno per loro. Ritrovi, così, un soffio possente di vita degno di un leader. Dal campo musicale si potrà, poi, spaziare in qualsiasi altro campo…

Esiste, è vero, un altro stile, un altro dinamismo. Lo si coglie, paradossalmente, proprio sul sagrato della nostra chiesa, ascoltando i nostri emigranti. Avverti che questi italiani – da tanti anni in terra inglese da sentirsi veramente a loro agio – seguono le sorti della nostra patria con vera passione. Nel suo duplice senso. Si fanno interrogativi sulla “musica” che viene eseguita nella nostra società italiana.

Di fronte a un leader che interpreta ed esalta l’anima di un popolo come il nostro compositore, sembra invece di assistere da noi in patria al caso contrario. Pare non si accompagni la musica intessuta da una tradizione, dai valori di una comunità, dalle conquiste e la dignità di un popolo, ma all’inverso, si impone un proprio motivo. Sembra di sentire la melodia effimera di chi si rinchiude nel proprio mondo, che ripete il leitmotif dell’ognuno-per-sè o “dà il la” nel seguire i propri interessi… Non si incoraggiano le energie migliori, le potenzialità di un popolo, le sue forze giovani, le straordinarie capacità, il senso di solidarietà di una comunità intera. Ma si istigano spesso le forze oscure: il senso di divisione, la forza della contrapposizione, la marginalizzazione dell’altro. E tutto finisce per impoverirci dei nostri valori oltre che delle nostre economie.

Così, tra una chiacchiera e l’altra sul nostro sagrato, senti perfino ricordare da qualcuno la favola del pifferaio magico. Quella famosa favola tedesca, in cui l’incanto della musica di un flauto finì per portare tutti i topi del villaggio ad annegare nel fiume vicino. “Ma dove sono i leader che sanno far rivivere i sentimenti migliori della nostra terra – senti, allora, qualcuno interrogarsi – il senso forte di comunità, la fiducia nell’avvenire, il dinamismo e il coraggio senza limiti di noi migranti in un’esperienza di emigrazione che ci ha scossi, travolti e trasformati?”.

Interrogativo che in una luminosa domenica di settembre rimane sospeso nell’aria, assieme alle nostre speranze.

[La Voce degli Italiani – Londra]

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ZENIT Staff

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