di Chiara Santomiero
MONACO, martedì, 13 settembre 2011 (ZENIT.org).- “La globalizzazione, che è una grande risorsa, ha bisogno di trovare un’anima”: è il messaggio contenuto nell’appello per la pace firmato dai 300 leader religiosi riuniti dall’11 al 13 settembre dalla Comunità di Sant’Egidio e dal card. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco-Frisinga, nel capoluogo bavarese per incontro mondiale “Bound to Live Together. Religioni e culture in dialogo”.
Un appello per il mondo
“L’egoismo – afferma il messaggio letto nella cerimonia finale dell’incontro svoltasi in Marienplatz davanti alla Frauenkirche, la cattedrale di Nostra Signora – conduce ad una civiltà della morte e provoca anche la morte di tanti. Per questo, occorre guardare in alto, aprirsi al futuro e diventare capaci di globalizzare la giustizia”. “Dobbiamo, con forza, – prosegue il messaggio – riproporre il problema della pace in tutte le sue dimensioni”. Infatti “siamo destinati a vivere insieme e tutti siamo responsabili dell’arte del convivere. Il dialogo si è rivelato oggi l’arma più intelligente e pacifica.Èla risposta ai predicatori del terrore, che addirittura usano le parole delle religioni per diffondere odio e dividere il mondo. Niente è perduto con il dialogo”.
Più forti insieme
“Monaco in questi giorni è divenuta la capitale dello spirito – ha affermato nel suo intervento conclusivo Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio – non si sono sentiti passi pesanti dei soldati sulle sue strade, ma i passi leggeri dei cercatori di Dio e dei pellegrini della pace”.
“Siamo più forti e più pieni di speranza dopo questi giorni assieme” perché “siamo scesi in profondità nelle nostre religioni e questo ci insegna ad essere uomini di pace, come ci ha scritto il nostro amato Benedetto XVI nel suo messaggio”.
“Siamo pieni di speranza – ha proseguito Riccardi -, tanto da dire con forza: che il prossimo decennio sia davvero nuovo! La novità è la pace. La pace in un mondo più giusto verso i poveri, dove i ricchi imparino la sobrietà e la partecipazione vera alla lotta contro la povertà. La pace è un sogno e una speranza, non un’utopia. E’ il sogno che matura nel cuore di una donna e di un uomo spirituali, che non si rassegnano al male, alla mancanza di libertà, di libertà religiosa, di libertà dalla miseria. La pace, in modo concreto, è la nostra visione del futuro. Perché la pace è una visione divina, essendo il nome stesso di Dio“.
“In un’atmosfera di stima reciproca, di rispetto e di amicizia – ha aggiunto il card. Marx – ci siamo accordati su ciò che vogliamo e anche su ciò che possiamo realizzare, perché tutto il mondo, tutta la famiglia umana possa avanzare verso il futuro con coraggio e con molta speranza. Nessun paese vive per se stesso. E anche l’Europa non può e non vuole bastare a se stessa, ma ha una missione per il mondo”.
Fiducia nell’umanità
Un’Europa e un mondo scossi da eventi umani e naturali che mettono alla prova lo spirito e l’umanità dei popoli che li abitano. “Se c’era ancora dell’ingenuità nella nostra pacifica società – ha affermato nella sua testimonianza Ole Christian Maelen Kvarme, vescovo luterano di Oslo (Norvegia) -, con l’attentato è andata perduta. Un norvegese biondo ha aggredito la nostra società aperta e il suo attacco mirava alla presenza dei musulmani tra di noi. Com’è possibile rispondere a un tale estremismo, a un tale male, a questi atteggiamenti e alla retorica dell’odio?”.
“Nel dolore e nella rabbia – ha proseguito Kvarme –, sono stati i giovani a indicarci la direzione del nostro futuro. Nella cattedrale ho incontrato vari dei sopravvissuti al massacro e sono rimasto colpito dalla loro determinazione. Ciò di cui abbiamo bisogno ora non è minor apertura, ma più democrazia e costruire la fiducia con il dialogo. Una giovane mi ha detto: ‘Se una persona sola può causare tanto male, pensa all’amore che possiamo creare insieme’”.
“Da questo fortissimo terremoto – ha detto rivolto alle persone riunite nella Marienplatz Gijun Sugitani, consigliere supremo della scuola buddista Tendai (Giappone) – abbiamo imparato una cosa importante. Che gli esseri umani devono essere più umili di fronte alla natura e, allo stesso tempo, che siamo parte integrante di una grande famiglia e che abbiamo bisogno di vivere insieme, perché destinati a convivere”. “Il nostro futuro – ha proseguito Sugitani – non è la tecnologia. I problemi alla centrale nucleare di Fukushima sono stati causati dall’uomo stesso. Il nostro futuro non consiste nella sicurezza del sistema economico. Il nostro futuro sta nella saggezza di imparare l’arte della convivenza, così come è scritto nelle antiche tradizioni religiose”.
“Si potrebbe dire – ha raccontato Edith Dunia Daliwonga, della Comunità di Sant’Egidio nella Repubblica democratica del Congo – che appartengo ad una generazione che ha conosciuto quasi solo la guerra e la violenza, in altri termini una generazione perduta e senza speranza. Infatti senza la pace non c’è futuro e non c’è speranza. La guerra e la violenza per gli uomini sono come una tempesta e come è facile fare naufragio! Non ci si può salvare se non insieme, senza abbandonare nessuno al suo destino di violenza e di povertà. Non bisogna abbandonare l’Africa”.
L’anno prossimo a Sarajevo
“Guardiamoci con più simpatia – afferma l’appello consegnato da bambini di varie nazionalità ai politici non solo della Baviera ma del governo tedesco e di altri paesi intervenuti alla cerimonia finale di Marienplatz – e molto, tutto, tornerà possibile”. “Ètempo di cambiare – insiste l’appello -. Il mondo ha bisogno di più speranza e di più pace. Possiamo imparare di nuovo a vivere non gli uni contro gli altri, ma gli uni con gli altri. Siamo consapevoli delle responsabilità delle religioni nel mettere in pericolo la pace, quando non hanno guardato verso l’alto. Chi usa il nome di Dio, per odiare l’altro e uccidere, bestemmia il Nome Santo di Dio. Per questo possiamo dire: non c’è futuro nella guerra! Non c’è alternativa al dialogo. Il dialogo è un’arma semplice a disposizione di tutti. Con il dialogo costruiremo un nuovo decennio e un secolo di pace. Diventiamo, tutti, artigiani della pace. Sì, Dio conceda al nostro mondo il dono meraviglioso della pace”.
“L’anno prossimo a Sarajevo!”, hanno invitato insieme il Gran Mufti Ceric e il vescovo ausiliare mons. Pero Sudar. A venti anni dal sanguinoso assedio della città nel corso del conflitto nell’ex Jugoslavia, nel 2012 il prossimo incontro della Comunità di Sant’Egidio secondo lo “spirito di Assisi” si svolgerà nella capitale della Bosnia-Erzegovina. “Sarajevo – ha affermato Ceric – è la prima Gerusalemme di Europa, la seconda del mondo, una città di antica convivenza di ebrei, cristiani e musulmani”.
“Abbiamo sempre vissuto uno accanto all’altro – ha proseguito il Gran Mufti – fino a una guerra assurda come tutte le guerre”. Anche se “sembrava impossibile vivere ancora insieme, siamo qui piu’convinti che questo antico sogno sia ancora possibile”. Qualcuno voleva distruggere Sarajevo “ma noi ci siamo rifiutati” e “a chi pensa che nel 2012 finisca il mondo, io dico che a Sarajevo nel 2012 comincerà il futuro”. “Al mio popolo – ha concluso Ceric – dico: abbiate fiducia in Dio e nell’Europa”.