ROMA, lunedì, 12 settembre 2011 (ZENIT.org).- La Chiesa in Albania ha sofferto persecuzioni violente e massicce, da parte del dittatore comunista Enver Hoxa. Ma il comunismo – diversamente dal secolarismo – non è riuscito a sradicare Dio dal cuore delle persone, secondo un esponente del Vaticano che ha iniziato il suo ministero sacerdotale in Albania.
Monsignor Segundo Tejado Muñoz, sottosegretario del Pontificio Consiglio Cor Unum ricorda il suo primo incarico da sacerdote in Albania come il periodo più bello della sua vita.
Ha parlato con il programma televisivo “Where God Weeps”, realizzato da Catholic Radio and Television Network (CRTN), in collaborazione con Aiuto alla Chiesa che soffre, su cosa un sacerdote deve imparare quando svolge il suo ministero nei confronti di persone che hanno rischiato la vita per la fede.
Lei è arrivato in Albania appena dopo la morte di Enver Hoxa. Qual era la sua esperienza allora?
Monsignor Tejado: Sono arrivato in Albania per lavorare lì e dare il mio aiuto nei primi passi dell’insediamento della Chiesa, subito dopo il crollo del comunismo. Non sapevo nulla dell’Albania perché la Spagna aveva scarsi rapporti con i Balcani. La mia esperienza è stata meravigliosa – difficile ma bella. Ho capito che il Signore mi aveva chiamato ad andare in Albania: un Paese molto povero, dove ho trovato gente disponibile.
Molte volte nei Paesi comunisti la gente è contraria alla fede, ma questo non era così in Albania. La gente rispettava la mia posizione come sacerdote. Era l’inizio della Chiesa. Il Papa è andato lì nel 1994 e ha consacrato i primi vescovi. È stata un’esperienza molto bella, ma anche difficile perché la Chiesa era perseguitata ed è stato difficile iniziare da capo, iniziare a parlare di Gesù, a parlare del Signore e a organizzare l’intera Chiesa.
Cosa ha visto di bello quando è arrivato in Albania?
Monsignor Tejado: Ho visto una popolazione e una Chiesa che aveva sofferto molto durante il periodo comunista, ma ho visto che la persecuzione non aveva distrutto qualcosa nei loro cuori. Quel qualcosa è il paradiso. Si dice che durante l’era del comunismo il paradiso fosse chiuso.
Il Paese era totalmente ateo. Come è possibile che vi fossero ancora semi di fede?
Monsignor Tejado: Il comunismo non ha potuto distruggere la speranza nelle persone. Nei nostri Paesi, la secolarizzazione ha distrutto questa speranza nei nostri cuori. Invece, in questi Paesi sotto il comunismo, il senso di Dio è rimasto. Con loro è possibile parlare di Dio in un modo in cui non è possibile nelle nostre società secolarizzate, perché da noi la gente non ritiene Dio o la fede così importante o interessante. La gente che ha vissuto nei regimi comunisti è in grado di discutere ed è aperta, con i loro cuori, verso Dio.
La persecuzione è stata feroce contro i cattolici in Albania?
Monsignor Tejado: Sì, la Chiesa in Albania è una Chiesa martire. Sono rimasti in unione con San Pietro, con il Papa, ed è stato molto importante per loro. Enver Hoxa ha chiesto alla Chiesa cattolica in Albania di diventare Chiesa nazionale, come in Cina, ma i vescovi e i sacerdoti si sono rifiutati: “Noi rimarremo in unione con Pietro, con il Papa”. E a causa di questo sono stati perseguitati e hanno vissuto un periodo terribile.
Queste testimonianze hanno inciso sulla sua vocazione sacerdotale?
Monsignor Tejado: Sì! Quando parli ai perseguitati, qualcosa ti rimane dentro. Ti trovi faccia a faccia con una persona che ha rischiato la sua vita per il Signore. Questo è molto importante per un sacerdote – rischiare la vita per il Signore e per la Chiesa.
Che rischi ha corso lei per il Signore?
Monsignor Tejado: Ogni giorno, come sacerdote, sono chiamato a rischiare la mia vita per il Signore, per fare la sua volontà. È un’esperienza spirituale. Se si incontra una persona che ha rischiato la vita non solo per un giorno, ma per una vita intera, per il Signore, ci si domanda perché non posso anche io fare lo stesso e offrire la mia vita completamente al Signore. Questo è molto importante per i sacerdoti; e non solo per i sacerdoti, ma per ogni cristiano.
Ha lasciato il cuore in Albania?
Monsignor Tejado: Metà del mio cuore. Sono stato lì per nove anni. È stato il mio primo incarico come sacerdote ed essendo la mia prima destinazione la ricordo molto intensamente. È stato un periodo molto bello della mia vita – il migliore, credo, e anche per le difficoltà, le croci, che il Signore ha permesso nella mia vita. Mi ha reso umile, e per essere umile…
Madre Teresa era albanese. Quanto è importante per la Chiesa cattolica locale?
Monsignor Tejado: Madre Teresa è una figura molto importante per tutti noi. È nata a Skopje, la parte albanese della Macedonia. Per gli albanesi è una figura molto speciale, perché dopo la caduta del comunismo la gente stava perdendo la speranza. Il messaggio di Madre Teresa “Nulla è impossibile a Dio”, è un messaggio che io prendo da lì ed è un messaggio per tutte le persone. Se abbiamo questo tipo di modelli per la nostra vita, allora nulla è impossibile con il Signore. La visita del Papa e di Madre Teresa è stata, come dicono gli albanesi, come se il cielo si fosse riaperto. L’era comunista aveva chiuso il paradiso alle persone; Madre Teresa e il Papa l’hanno riaperto per loro.
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Questa intervista è stata condotta da Mark Riedemann per “Where God Weeps”, un programma televisivo e radiofonico settimanale, prodotto da Catholic Radio and Television Network in collaborazione con l’organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che soffre.
Aiuto alla Chiesa che soffre: www.acn-intl.org
Where God Weeps: www.wheregodweeps.org