Un prete italiano parroco in Giappone

di padre Piero Gheddo*

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ROMA, mercoledì, 7 settembre 2011 (ZENIT.org).- Anche in Giappone la Chiesa avverte il problema che preoccupa i vescovi e tutti noi credenti italiani: la mancanza di preti. Il milanese padre Alberto Di Bello, missionario del Pime in Giappone da 40 anni, è parroco di due parrocchie nella città di Shizuoka, vicina a Tokyo (diocesi di Yokohama). Gli abitanti di Shizuoka sono 750.000, di cui 150.000 nelle due parrocchie di padre Alberto, i cattolici 500 in una e 250 nell’altra.

“In Giappone noi siamo la minoranza delle minoranze – dice – però questa piccola minoranza è fedele, viene in chiesa quasi tutte le domeniche, nonostante le distanze a volte notevoli dalla parrocchia. Abbiamo circa il 25% di frequenza domenicale: 150-200 nella mia parrocchia maggiore, 70-80 nell’altra. Siamo in una società diversa dalla nostra, i giovani ad esempio sono sempre impegnati anche la domenica, per lo studio e altre attività di gruppo specialmente sportive. Anche da noi vengono fino alla Cresima e poi non si vedono più. Ma anni dopo in genere riprendono, perché il senso di identità cristiana e di appartenenza alla Chiesa è molto forte”.

“I giapponesi vanno a fondo nei loro impegni, quello che possono fare per la Chiesa lo fanno. Ad esempio, adesso che sono venuto un mese in Italia, i laici fanno andare avanti la parrocchia. Viene un prete a dire una Messa la domenica, ma poi loro fanno tutto, ogni giorno la liturgia della parola, le preghiere, il Rosario, l’asilo e l’accoglienza di chi viene, l’amministrazione, le riparazioni, gli incontri serali”.

Chiedo a padre Alberto come avvengono le conversioni a Cristo. “In genere vengono dai contatti che il sacerdote e i cattolici riescono ad avere con persone non cristiane. Come parrocchia cerchiamo di cogliere tutte le occasioni per farci conoscere e lanciare appelli. E poi i singoli cristiani sono missionari, parlano del cristianesimo, invitano a venire ad una cerimonia, ad incontrare il parroco. Noi mandiamo in giro dei volantini e c’è il sito Internet parrocchiale abbastanza visitato, fatto da nostri giovani che lanciano messaggi, propongono incontri. Diversi non cristiani prendono contatto col cristianesimo. Ogni giorno ci sono una o due donne che tengono aperto il ‘salotto dell’accoglienza’, dove vengono cristiani e non cristiani per parlare, chiedere un aiuto o un consiglio, farsi spiegare qualcosa del cristianesimo, conoscere i nostri programmi, esporre i loro problemi di famiglia, ecc. In genere sono persone anziane, ma anche adulti. Da queste visite quotidiane di molte persone vengono buona parte dei nostri catecumeni”.

“La cosa bella poi è che nelle cerimonie cristiane c’è sempre un’atmosfera di gioia che fa piacere. La gioia di essere cristiani la sentono. In Italia temo che ci sia indifferenza, non dico nei singoli, ma come atmosfera, partecipazione. In Giappone il fatto di essere una minoranza favorisce questa gioia, anche perché poi, in una parrocchia, i cristiani si conoscono tutti. Dopo la Messa si incontrano tutti in parrocchia. E questo è un elemento contagioso, i non cristiani che vengono alle nostre celebrazioni ne rimangono colpiti e attratti, con la curiosità di conoscere il cristianesimo”.

“A chi viene e chiede di conoscere il cristianesimo, io lo accolgo e parto dall’annunzio cristiano senza girarci attorno troppo. Dico che il cristianesimo risponde ai problemi della vita, è la risposta di Dio alle sofferenze e all’isolamento che ogni uomo sente.  Dio si è rivelato in Gesù Cristo, il Figlio di Dio che s’è fatto uomo per condividere la nostra vita, le sofferenze e le gioie dell’uomo. Cioè rivelo l’esistenza di Dio come persona, mentre il non cristiano crede in Dio creatore ma pensa che sia lontanissimo e l’uomo non può conoscerlo, deve solo ammirarlo e ringraziarlo della vita e della natura”.

Questa rivelazione di Dio che si fa uomo come noi e dà la sua vita per salvarci, è accettata o rifiutata? “La prima reazione spesso è negativa. Pare loro impossibile quanto dico, non l’hanno mai sentito né ci hanno mai pensato. Ma poi, se ritornano ed entrano in contatto con i cristiani e le opere della parrocchia, incominciano a pensarci seriamente e noi preghiamo lo Spirito Santo di illuminarli, come a volte avviene, allora incominciano il catecumenato, cioè il cammino di preparazione al battesimo”.  

Perché queste  persone vengono per conoscere il cristianesimo? Padre Alberto risponde: “I motivi sono molti. Il giapponese ad esempio, soffre la solitudine,  difficoltà a sopportare una sofferenza acuta, sentono il bisogno di trovare una risposta decisiva ai loro problemi esistenziali. C’è un uomo che ha scoperto il cristianesimo attraverso l’internet e il sito internet della mia parrocchia ed è venuto a trovarmi, poi ha fatto un cammino di preparazione e adesso è pronto per il battesimo”.

Chiedo a padre Di Bello come si svolge la sua giornata di parroco a Shizuoka. Mi dice che, nonostante lo scarso numero di battezzati, è impegnato tutto il giorno. La parrocchia ha una bella chiesa, vari fabbricati con la casa parrocchiale, l’asilo infantile con 200 bambini, il centro pastorale con uffici, sale di riunione e un cortile abbastanza vasto, acquistato dai missionari più di mezzo secolo fa, perché oggi i costi sarebbero proibitivi. Dice: “Durante la giornata si incontrano in parrocchia vari gruppi, per la musica, la danza, la lettura in comune della Bibbia; poi ci sono i gruppi degli alcolizzati, dei drogati, di lavoratori stranieri. E’ un servizio che facciamo alla società, molto apprezzato, che ti permette di venire in contatto con le famiglie e le autorità. Poi ho l’asilo parrocchiale con 200 alunni, dove mi invitano a parlare ai bambini, alle mamme, alle insegnanti. Io faccio una mezz’ora di catechismo, spiego cos’è il cristianesimo e i Comandamenti di Dio. Ci sono una ventina di maestre, quasi tutte non cristiane come gli alunni”.

“Nelle mie due parrocchie, i convertiti adulti sono una quindicina all’anno. A Yamato, dove lavoravo prima, erano molti di più perché c’erano condizioni più favorevoli. Mi è capitato di battezzare una intera famiglia giapponese, poi un’altra famiglia che era stata prima con la setta del Moon coreano, ma normalmente i convertiti sono singole persone del popolo.  Ho battezzato anche il centravanti della nazionale giapponese di calcio. La madre era un’infermiera che si era già convertita lei da adulta ed è stata brava a sostenerlo. L’ho battezzato io da grande e si è mantenuto cattolico, ma io in chiesa non lo vedo mai, sono troppo impegnati tra partite e allenamenti e viaggi. Però si è sposato in chiesa e so che prega ed è devoto. In un’altra parrocchia in cui lavoravo avevo una famiglia di cattolici con marito, moglie e tre figlie. Due delle figlie si sono fatte suore e una si è sposata. Marito e moglie, ancora giovani, sono andati lui dai Carmelitani e lei in un ordine femminile”.

“Le conversioni sono sempre misteriose, perché riguardano il mistero del cuore umano e la corrispondenza alla Grazia divina, che solo Dio conosce. Ecco perché noi missionari in Giappone siamo ottimisti sul futuro cristiano di questo grande popolo. Siamo piccoli strumenti nelle mani dello Spirito”.

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*Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di Mondo e Missione e di Italia Missionaria, è stato tra i fondatori della Emi (1955), di Mani Tese (1964) e Asia News (1986). Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente scrivendo oltre 80 libri. Ha diretto a Roma l’Ufficio storico del Pime e postulatore di cause di canonizzazione. Oggi risiede a Milano.

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ZENIT Staff

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