di Emil Ameen
LUXOR (Egitto), giovedì, 28 luglio 2011 (ZENIT.org).- Il Sinodo dei Vescovi sul Medio Oriente del 2010 è stato considerato un successo per molti aspetti, afferma il Vescovo copto cattolico di Luxor.
Mons. Youhannes Zakaria, 61 anni, ha detto a ZENIT che questo avvenimento ecclesiale non ha solo permesso a tutti i Vescovi cattolici del Medio Oriente di incontrarsi per la prima volta col Santo Padre a Roma per discutere sulla situazione della Chiesa in questa regione, ma ha anche portato alle luci della ribalta questo angolo di mondo.
In questa seconda parte dell’intervista mons. Zakaria parla delle conversioni forzate all’Islam, dei frutti dell’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo di Vescovi e delle relazioni tra musulmani e cristiani.
La prima parte è stata pubblicata il 27 luglio.
Negli ultimi anni abbiamo anche assistito a casi senza precedenti di conversioni forzate all’Islam. A suo avviso, si tratta di un programma sistematico o di meri incidenti isolati, soprattutto considerando il fatto che sono avvenuti principalmente su giovani ragazze?
Mons. Zakaria: Non credo che si tratti di casi isolati. Mi sembra piuttosto che alcune persone stiano programmando e finanziando queste azioni, facendo leva sui problemi emotivi, familiari e finanziari delle ragazze copte. Le aiutano a fuggire dalle loro famiglie e le invitano a convertirsi all’Islam.
Ogni famiglia copta deve fare attenzione alle proprie figlie e ai propri figli, e la Chiesa in questo delicato periodo deve intensificare la sua attività di approfondimento della fede tra i giovani, deve prendersi cura di loro e lavorare per il loro bene.
Effettivamente, molti copti sognano di emigrare e lasciare l’Egitto per evitare possibili sofferenze future. Come vede tale questione la Chiesa cattolica in Egitto?
Mons. Zakaria:Non sono solo i copti a sognare di emigrare e di viaggiare all’estero, ma anche i loro fratelli musulmani e la maggior parte dei giovani dei Paesi del terzo mondo condividono questo sogno. Il motivo è che l’emigrazione non è solo una fuga dalle difficili realtà politiche, economiche e di sicurezza dei propri Paesi, ma è anche la ricerca di opportunità per un futuro migliore per loro e per i loro figli.
La Chiesa cattolica in Egitto non incoraggia i propri fedeli a emigrare, al fine di preservare la presenza cristiana nella nostra terra egiziana e nel Medio Oriente. Ma la Chiesa deve anche avere un programma positivo da offrire ai giovani, che riguardi anche il lavoro e la casa, e punti ad assicurare loro stabilità e sicurezza per il futuro loro e dei loro figli.
Molte persone hanno ritenuto che il Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente fosse una speranza per i cristiani in Medio Oriente, ma in realtà da esso sono scaturite solo raccomandazioni teoriche. Qual è stato il beneficio di quel Sinodo?
Mons. Zakaria: Il Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente è considerato un evento unico nella storia della Chiesa orientale. Effettivamente è stata la prima volta che tutti i vescovi cattolici del Medio Oriente si sono incontrati con il Santo Padre a Roma per prendere in considerazione le aspirazioni e i problemi della Chiesa e dei cristiani in quei territori.
Il Sinodo è stato preceduto da intensi studi e discussioni preparatorie che hanno avuto luogo nella maggior parte delle arcidiocesi, degli istituti, dei centri e ordini monastici in Medio Oriente. Molte personalità e commissioni specializzate in affari ecclesiastici mediorientali della Chiesa cattolica hanno partecipato ai lavori preparatori.
Durante il Sinodo i media di tutto il mondo si sono incentrati sulle notizie, la storia e le questioni delle Chiese in Medio Oriente e sui problemi dei loro fedeli cristiani. Questo è ritenuto un successo del Sinodo, che ha discusso e focalizzato sulla situazione delle Chiese orientali e sulla situazione e i problemi dei cristiani.
Il Sinodo ha portato alla pubblicazione di importanti documenti e raccomandazioni. Le chiese e arcidiocesi hanno esaminato questi documenti e cercato di attuarne le raccomandazioni. La nostra Chiesa egiziana ha stampato un libro che contiene gli studi e le discussioni relative a queste raccomandazioni, e attualmente questo libro è oggetto di studio in ogni arcidiocesi egiziana.
Attualmente siamo in attesa dell’esortazione apostolica per le Chiese in Medio Oriente, che il Santo Padre Benedetto XVI pubblicherà a breve e che includerà la pubblicazione finale delle raccomandazioni del Sinodo. Noi porteremo avanti il nostro lavoro e il nostro servizio secondo tali raccomandazioni e ne daremo attuazione nell’ambito della missione della Chiesa.
Cosa offre la Chiesa cattolica in Egitto ai laici che desiderano approfondire il loro ruolo nella vita politica e faziosa di questo Paese, così che i copti non siano accusati di indolenza?
Mons. Zakaria: In passato, la Chiesa cattolica egiziana avrebbe potuto aiutare in questo senso, per superare una situazione che era di ostacolo. Ma oggi esistono molti forum e incontri che si svolgono in tutte le arcidiocesi, ordini monastici, istituti e scuole per educare i laici e incoraggiarli ad impegnarsi nella politica e nell’azione di parte.
A tale riguardo, la Commissione per la giustizia e la pace della Conferenza dei vescovi e patriarchi della Chiesa egiziana ha svolto un lavoro serio e concreto.
Perché i copti sono divisi sulla questione della protezione internazionale? Alcuni di loro la vogliono non ostante non la richiedano pubblicamente, mentre altri lo fanno. Cosa ne pensa la Chiesa cattolica egiziana?
Mons. Zakaria: Indubbiamente i copti che sono originari del luogo e che vivono nel loro Paese egiziano soffrono di problemi e difficoltà accumulati nel corso dei secoli e sentono che i loro diritti sono ignorati, che nessuno si prende cura di loro e che la maggior parte delle loro richieste non vengono accolte. Quindi alcuni pensano che la protezione internazionale possa eliminare i loro problemi e le loro difficoltà. Ma io credo che la protezione internazionale, intesa come l’affidamento dei copti alle potenze straniere, non è il modo giusto per risolvere i loro problemi. A mio avviso, il modo corretto è quello del dialogo pacato e costruttivo tra gli stessi cittadini del Paese.
Cosa mi dice invece dei vostri rapporti con i musulmani moderati dell’Egitto meridionale e con i vertici dei movimenti progressisti? Questi ultimi hanno un’influenza equivalente a quella dei salafiti e della Fratellanza musulmana?
Mons. Zakaria: Nel mio servizio sacerdotale ed episcopale, il mio rapporto con i miei fratelli musulmani è sempre stato buono.
Ricordo che quando ero pastore nella città di Alfikriyah nella provincia di Minya, ho istituito un asilo nido in cui la maggior parte dei bambini era di famiglia musulmana. Nono ho mai discriminato tra un musulmano e un cristiano. Ad oggi ho ancora un rapporto personale con qualche responsabile di quei bambini. C’è un sentimento di cordialità e di rispetto reciproco tra noi. E quando ho visitato la mia famiglia ad Abu Qarqas, molti di loro sono venuti a trovarmi. È anche bello incontrare i miei figli e le mie figlie che erano in questo asilo e che sono cresciuti e ora ricoprono posizioni importanti. E alcuni di loro che vanno a lavorare a Luxor vengono proprio per farmi visita. Insieme a loro ricordo quei bellissimi giorni trascorsi insieme.
Nelle mie visite pastorali alle chiese e parrocchie dell’Arcidiocesi di Luxor, tutti gli abitanti musulmani, ortodossi e cattolici mi vengono ad accogliere e quando visito le loro case do priorità a quelle dei miei fratelli musulmani.
Effettivamente posso dire che i rapporti tra musulmani e cristiani che vivono e lavorano fianco a fianco nei villaggi e in alcune città dell’Alto Egitto sono co
rdiali. E molte persone che seminano sedizione e divisione non sono persone del luogo. Portano idee fanatiche e lavorano per diffondere risentimento e odio tra la gente dello stesso villaggio, i cui antenati hanno vissuto per secoli e secoli in pace e amicizia, senza alcuna discriminazione tra musulmani e cristiani.
[La terza parte, venerdì 29 luglio]