Le parrocchie possono essere luoghi di speranza in Europa

Inaugurato il colloquio europeo che cerca di affrontare l’indifferenza religiosa

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BUDAPEST, mercoledì, 20 luglio 2011 (ZENIT.org).- Le parrocchie europee si trovano sempre più di fronte alla stessa sfida: l’indifferenza religiosa, ha constatato Josep Taberner Vilar, catalano, uno dei due copresidenti del Colloquio europeo delle parrocchie (Cep), all’inaugurazione a Nyíregyháza (Ungheria) della ventiseiesima edizione.

L’incontro è dedicato quest’anno al tema “Parrocchie, luoghi di speranza. Pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”.

Duecento i partecipanti, provenienti da 17 Paesi europei, che fino a questo venerdì hanno l’occasione di approfondire la riflessione, ascoltare testimonianze, visitare le Chiese locali e vivere incontri ecumenici.

Vilar ha rivelato che nell’incontro si stanno raccogliendo “tutti gli spunti in un testo utile per le Chiese e le società del continente”.

Le parrocchie possono davvero divenire dei luoghi di speranza nella frammentata e secolarizzata realtà europea? Con una battuta – “Yes, we can” – Hubert Windisch, sacerdote e docente di Teologia pastorale all’Università di Friburgo (Germania), ha sintetizzato il suo incoraggiamento al termine della relazione in cui ha illustrato la situazione delle parrocchie nell’Europa occidentale, informa “L’Osservatore Romano”.

Soprattutto nel centro e nel nord del continente “siamo ‘stranieri’, come i cristiani delle origini”, e “dobbiamo chiederci qual è il nostro compito” e come “dimostrare la nostra appartenenza a Cristo”.

Il sacerdote ha sottolineato come i cristiani europei si sentano spesso “oppressi, insicuri, angosciati ed esposti a un clima molto aggressivo”.

Parlando della Germania, ha osservato: “Abbiamo 82 milioni di abitanti e solo un terzo sono cattolici e ancora meno protestanti. In una scuola elementare di un quartiere della mia città il 60 per cento dei bambini non è battezzato, e alcuni recenti studi parlano di ‘estinzione’ del cristianesimo in alcuni Paesi occidentali”.

In diverse realtà, insomma, si assiste a un “processo rapidissimo di diminuzione” sia “quantitativa che qualitativa del cristianesimo”, che da “oggettivo è diventato soggettivo”.

C’è stato, inoltre, il passaggio “da una comprensione biblica, personale e storica della fede a un’immagine di Dio apersonale e senza tempo, di carattere esoterico”.

In contesti di questo tipo, le parrocchie e i cristiani che le abitano possono “rendere ragione della speranza che è in loro” se si trasformano in una sorta di “ostensorio”, cioè se adottano uno stile di “trasparenza spirituale”.

Nel futuro della Chiesa occidentale si deve dunque sviluppare una “nuova pastorale”, fatta con “modestia, dolcezza e rispetto”, ma al contempo “senza timori” o complessi d’inferiorità.

Ciò che occorre in questo momento, ha affermato il teologo don Luca Bressan, esperto del Cep, è l’elaborazione di “un linguaggio, di una ‘grammatica’ più fornita per comunicare il Vangelo”.

Nonostante tutto, ha ricordato il sacerdote, “le parrocchie, oggi, sono ancora luoghi di incontro e dialogo, capaci di accogliere i poveri”.

“Se riusciamo a comunicare tra di noi la nostra fede siamo capaci di produrre speranza e slancio per il futuro”, ha dichiarato.

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ZENIT Staff

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