La musica per riscoprire il mistero eucaristico

Intervista a Marco Ronchi, autore di “La musica nella liturgia”

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di Antonio Gaspari

ROMA, mercoledì, 20 luglio 2011 (ZENIT.org).- Il centro della fede cattolica passa per il mistero eucaristico, celebrato nella liturgia di ogni messa.

Questa è una verità indiscussa che però risulta intaccata e banalizzata dal processo di secolarizzazione.

Tuttavia non basta l’analisi critica per recuperare la bellezza e la passione per la liturgia. Così Marco Ronchi, direttore di cori liturgici, esperto di musica sacra e pratica del canto Gregoriano, ha scritto il libro “La musica nella liturgia” edito da Lindau.

Si tratta di un libro in cui si spiega il contributo della musica sacra nell’attribuire forma e significato al sacrificio eucaristico.

“Attraverso i principali testi del magistero e di autori fedeli ai valori tradizionali della liturgia cattolica – si legge nella presentazione –, il libro offre indicazioni utili per restituire alla musica sacra la propria funzione essenziale all’interno del rito eucaristico e a quest’ultimo la dignità che gli spetta in quanto mistero divino”.

Per meglio comprendere il senso e i misteri della liturgia e le sue relazioni con la musica sacra, ZENIT ha intervistato Marco Ronchi.

Perché è così importante la liturgia nella pratica religiosa?

Ronchi: Voglio rispondere servendomi di una testimonianza d’eccellenza: quella dei santi. Nel corso dei due millenni di cristianesimo sono tantissimi i santi che hanno espresso il loro attaccamento alla celebrazione dell’Eucarestia, considerandola elemento imprescindibile per la vita di fede. E loro se ne intendevano di fede! Padre Pio affermava che durante la celebrazione della Messa provava tutto ciò che aveva provato Cristo durante la sua Passione e la sua crocifissione. E non si riferiva a un vago sentimento o a semplici pensieri, ma alle vere e proprie sofferenze corporali e alle sensazioni fisiche che Gesù aveva sperimentato sul Calvario. Penso che questo sia un aspetto particolarmente importante per i nostri tempi, colmi di relativismo e di soggettivismo (ciò che vale per me è ciò che io penso e provo): l’Eucarestia è il “luogo” dove siamo certi di incontrare Cristo così come Lui intende presentarsi a noi, secondo le sue condizioni e le modalità da Lui stabilite (“Fate questo in memoria di me”); possiamo così perdere noi stessi per immedesimarci in Lui, per fare le stesse esperienze che il nostro Salvatore ha fatto durante la sua permanenza su questa terra. E queste condizioni sono proprio rappresentate dalla liturgia, cioè dall’insieme di pratiche e indicazioni che riguardano il rito sacro. Non quindi un’esperienza soggettiva, non un’esperienza di fede secondo i nostri gusti, ma un incontro reale, “fisico” col Dio vivente. Comprese le sofferenze che Egli ha accettato di subire attraverso il proprio Figlio incarnato.

Che relazione c’è tra la musica sacra e la liturgia?

Ronchi: Potremmo dire, forzando un po’ le cose, che non c’è alcuna relazione fra liturgia e musica, in quanto sono la stessa cosa. La musica sacra è liturgia, sempre che, naturalmente, si tratti davvero di musica liturgica. Le preghiere, le invocazioni, le antifone sono liturgia. I gesti, i riti, i paramenti sacri sono liturgia. Per divenire parte costituente di un tutto che è da considerare alla stregua di un organismo vivente (in questo modo Benedetto XVI si riferisce alla liturgia) non è però sufficiente introdursi “di soppiatto” in esso, ignorando l’essenza del corpo ospitante: il risultato che si rischia di ottenere è quello di provocare un rigetto o di causare una malattia generale dell’organismo. Fuori di metafora, non è sufficiente comporre musica, anche se ben riuscita (per non parlare di quella sgradevole) e basata su un testo religioso, ed eseguirla poi nel corso della Messa per considerarla automaticamente musica liturgica. La musica liturgica è preghiera, persino quando è pura musica strumentale, priva di parole: si tratta anche in questo caso di una forma di comunicazione, di un’espressione sincera di lode, di una richiesta di perdono, rivolta al Padre celeste. Ci sono concetti, soprattutto fra quelli più sublimi, che non possono essere espressi attraverso le semplici parole; ecco che intervengono in aiuto la musica, i gesti, i segni, i riti, i simboli. Tutti elementi fondamentali della liturgia, purché corrispondano perfettamente alla natura della celebrazione eucaristica così da immedesimarsi in essa, farsi un tutt’uno con essa.

Lei sostiene nel libro che la musica sacra può fornire un contributo determinante per contrastare il riduzionismo e la banalizzazione della pratica liturgica. Ci può illustrare il suo punto di vista?

Ronchi: Il capitolo centrale del libro si occupa del fenomeno del sacro, che costituisce la chiave principale di lettura della vita di fede in generale e del rito eucaristico in particolare (non a caso chiamato “sacramento”). Si può definire come sacro tutto ciò che ha a che fare con Dio, in opposizione alla sfera del profano, che è assenza di Dio o lontananza da Lui. Nella Bibbia questa distinzione è continuamente richiamata da Dio stesso, con l’invito, rivolto al popolo ebraico, a non contaminare ciò che Gli appartiene con pratiche o elementi profani. Ma, contrariamente a ciò che qualcuno crede, la distinzione fra sacro e profano non viene meno nel Nuovo Testamento; proprio nel discorso eucaristico, pronunciato immediatamente prima della Passione e riportato dal Vangelo di Giovanni, Gesù ribadisce a più riprese la distanza fra la dimensione mondana e la vita di fede che contraddistingue i veri discepoli (“voi non siete del mondo”). La liturgia ha a che fare essenzialmente col sacro, è espressione sacra per eccellenza, cioè primaria manifestazione di Dio nel mondo della carne e della materia. Tutto ciò che ne fa parte deve quindi contribuire massimamente a garantire questa connotazione del rito. La musica ha uno spiccato potere di caratterizzazione. Per fare un esempio comprensibile a tutti, se ascoltassimo in lontananza della musica ad alto volume e fortemente ritmata saremmo in grado facilmente di affermare che poco lontano si trova una discoteca, così come se ci giungesse alle orecchie un suono di trombe e tamburi al ritmo di marcia ci aspetteremmo di vedere una parata militare che si avvicina. Non ci è necessario conoscere in anticipo le melodie che ascoltiamo: nella maggior parte dei casi basta lo stile generale della musica per consentirci di individuare con precisione il corrispondente genere musicale. La musica sacra non fa eccezione: esistono precisi aspetti stilistici e tecnici che contraddistinguono le sacre melodie, e che, di conseguenza, fanno in modo che queste contribuiscano a rendere la liturgia nel suo complesso sacra.

Di quale musica e di quale liturgia parla?

Ronchi: Vorrei evitare di parlare di una certa musica e di una certa liturgia. In tanti, in troppi l’hanno fatto e continuano a farlo, presentando la propria opinione e il proprio punto di vista sul tema. Martin Mosebach, nel suo libro Eresia dell’informe, afferma giustamente che ogni riforma liturgica porta con sé un’inevitabile conseguenza negativa: ci costringe a parlare della liturgia e a perdere l’innocenza di assumerla come qualcosa di donato da Dio, qualcosa che ci è consegnato dai Cieli. Ho cercato quindi, ahimè, di parlarne, andando però alla fonte e, non potendo interrogare direttamente Colui che l’ha istituita, mi sono rivolto al suo Corpo mistico, la Chiesa. Ho quindi interrogato i documenti del Magistero, le Encicliche dei papi (invito caldamente a riscoprirle, poiché contengono tutto il patrimonio di fede che ci è stato tramandato, al di fuori di tanti discorsi, articoli di giornale e dibattiti che spesso non fanno altro che allontanarci dalle genuine radici della nostra fede), le costituzioni del Concilio Vaticano II. Devo naturalmente assumermi l’inevitabile responsabilità dell’inter
pretazione, che è mia e quindi fallibile. Quel che emerge è un profilo di Messa che è molto più sacrificio (ecco che ricompare ancora la stessa radice di sacro) che non momento conviviale o raduno festoso, molto più manifestazione di Dio che atto creativo dell’uomo, espressione di fede sicuramente contigua alla sfera del simbolico e dell’arte, essenzialmente protesa a educare e accompagnare l’uomo nel proprio cammino di fede. E la musica sacra svolge in essa un ruolo essenziale per il raggiungimento dei medesimi scopi.

Quali sono le condizioni per una musica propriamente liturgica?

Ronchi: E’ sorprendente notare come, nell’arco di più di un secolo, le indicazioni che la Chiesa ci offre per qualificare la musica come liturgica siano rimaste sostanzialmente immutate. Da san Pio X, che nel 1903 scriveva il motu proprio Tra le sollecitudini, attraverso gli scritti e i documenti di papa Pio XII, papa Paolo VI, il Concilio Vaticano II, il beato papa Giovanni Paolo II, fino all’attuale papa Benedetto XVI, sempre il modello che viene additato è quello del canto gregoriano e della polifonia del ‘500. Il che non esclude affatto che si possa comporre musica liturgica anche ai nostri tempi (molti autori lo fanno, nel completo rispetto delle indicazioni del magistero), ma sempre in conformità agli stilemi, alle caratteristiche melodiche, ritmiche e armoniche che sono proprie o del gregoriano o della polifonia sacra. E’ inoltre considerato un requisito essenziale il fatto che si tratti di vera arte. Siamo di fronte però, temo, a un’indicazione estremamente fuorviante, non perché inesatta o imprecisa, ma perché non facilmente comprensibile all’uomo contemporaneo. Non sappiamo infatti più cosa sia vera arte. La prima idea che ci viene in mente pensando all’arte e agli artisti è quella di creatività, di espressione libera delle proprie sensazioni e dei propri sentimenti, di improvvisazione spontanea. La Chiesa è in grado, anche su questa materia, di riportarci alla verità e all’essenzialità dei fenomeni, e ci spiega quindi cosa è vera arte, svelando in questo modo l’intimo legame che esiste fra l’espressione artistica e l’Eucarestia. E accompagnandoci a riscoprire il significato autentico della partecipazione ai sacri misteri e il ruolo determinante che la musica, quale vera espressione artistica, ricopre all’interno della celebrazione.

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ZENIT Staff

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