L’indulgenza che salva la vita

Vangelo della XVI Domenica del Tempo Ordinario

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di padre Angelo de Favero*

ROMA, venerdì, 15 luglio 2011 (ZENIT.org).- La tua forza, infatti, è il principio della giustizia, e il fatto che sei il padrone di tutti, ti rende indulgente con tutti. Padrone della forza, tu giudichi con mitezza e ci governi con molta indulgenza, perché quando vuoi, tu eserciti il potere. Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini, e hai dato ai tuoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento (Sap 12,16-19).

Il regno dei cieli è simile ad un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’uno e l’altra crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio” (Mt 13,24-30).

Tu sei buono, Signore, e perdoni, sei pieno di misericordia con chi ti invoca.(…) Ma tu, Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, volgiti a me e abbi pietà (Salmo 85 (86), 5.15-16).

Padrone della forza, tu giudichi con mitezza…Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini” (Sap 12,18-19): con queste parole, anche l’Antico Testamento rivela quel volto buono del Padre che Gesù mostrerà compiutamente in Se stesso, nelle sue opere e nelle sue parabole. Una di queste è la parabola odierna della “zizzania”.

Stando al “Dizionario del N.T.” di L. Dufour, la zizzania è un’“erba velenosa con potere inebriante. Nell’A.T., come termine collettivo, può designare qualsiasi genere di piante nocive, risultato della pigrizia colpevole e castigo di Dio in seguito ai peccati degli uomini. Bruciata, diventa l’immagine dei peccatori, vittime di satana” (p.562).

La zizzania è un’erba che non doveva spuntare, e sembra perciò che la sua parabola richiami più il meritato castigo per la colpa di inedia che l’ indulgenza di Dio.

Gesù stesso ne da’ ai discepoli la spiegazione in questi termini severi: “La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti ” (Mt 13,38-42).

Ma lo scopo di Gesù non è spaventare bensì scuotere, per condurre l’ascoltatore pigro a prendere subito una decisione sul messaggio radicale da Lui annunciato, cosa certamente non facile data la fragilità della condizione umana. Ci rassicurano le parole uscite dalla bocca stessa di Dio: “Padrone della forza, Tu giudichi con mitezza…” (Sap 12,18).

E’ indulgente colui che, consapevole di essere “padrone della forza”, non si scandalizza per l’altrui debolezza, ma, guardando allo sforzo della sua buona volontà, la perdona e si muove a soccorrerla, ben sapendo che la rigenerazione morale e spirituale di una persona, il suo incontro con Colui che vuole “la misericordia e non i sacrifici”, dipende dall’amore e non dalla “giusta” punizione del peccato, e che “il giudizio sarà senza misericordia per chi non avrà usato misericordia” (Gc 2,13). L’indulgenza è anzitutto il volto di una giusta paternità; è la bontà dei forti che si fa cirenea dei deboli al fine di “non spezzare una canna già incrinata, non spegnere una fiamma smorta” (Mt 12,20). L’indulgenza è la forza morale della misericordia, come dimostra Gesù stesso, che mentre lo crocifiggono prega: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).

La parabola della zizzania da non estirpare subito per non danneggiare il grano buono, non va applicata alla lettera, quando la riferiamo al confronto storico del bene con il male, il cui teatro è anzitutto la coscienza di ogni uomo. Mentre infatti nel campo del contadino la pianta della zizzania non diventerà mai grano buono, nel campo divino delle anime, la zizzania (intesa come miseria dell’uomo) può essere trasformata in pianta buona dalla magnanimità del suo Amore, non senza il determinante contributo dell’umana indulgenza, accompagnata dalla preghiera.

E’ per questo che scritte “pro-life” tipo: “Medici abortisti avete le mani insanguinate. Ricordatevi che un giorno comparirete davanti al tribunale di Dio”, poste sotto l’immagine del Crocifisso ed esposte in marcia o collocate davanti agli ospedali ed alle chiese, non esprimono, in verità, l’autentico messaggio del Vangelo della vita.

L’antica aspirazione dei “puri”, spesso in buona fede, è simile all’inquietudine di Elia o del Battista che vorrebbero subito incenerire il male e la pula che esso solleva, o vibrare subito il colpo d’ascia che schianti l’albero senza frutti. Questo sogno è pericoloso, dice Gesù, e può generare un “fariseismo cristiano” fatto di fanatismi, di “comunità perfette e separate”. Bisogna, nella storia, vivere di fronte e accanto al male senza pensare sempre e solo all’attacco e alla distruzione. Gesù si fa “amico dei pubblicani e dei peccatori” (Mt 11,19), dialoga e pranza con loro e con prostitute allo stesso modo in cui dialoga e pranza con le persone giuste e pie. E spera sempre di essere più “il medico” che il giudice.” (G. Ravasi, Opere e giorni del Signore, p. 433).

Conviene, quindi, ricordare a tutti quelli che lottano per la vita, che la cultura della vita esiste non per indebolire i cultori della morte, ma per salvarli, per offrire loro nuovi segni di speranza. La cultura della vita lavora per la crescita della giustizia e della solidarietà, cerca di costruire un’autentica civiltà della verità e dell’amore. La cultura della vita è un impegno essenzialmente positivo” (Card. G. Herranz, Pontificia Academia Pro Vita, La cultura della vita: un impegno affermativo, Atti della VII Assemblea, 2001).

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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ZENIT Staff

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