Il dialogo tra le religioni, “cronaca da scoprire”

Maria Voce, Julián Carrón e Andrea Riccardi commentano l’incontro di Assisi

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di Roberta Sciamplicotti

ROMA, mercoledì, 13 luglio 2011 (ZENIT.org).- Il dialogo tra le religioni non può limitarsi agli esperti, ma deve coinvolgere ogni persona, visto che nelle società globalizzate chiunque si trova a vivere accanto a persone di fedi diverse.

Lo ricorda Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari, che in un articolo pubblicato su “L’Osservatore Romano” commenta la sua soddisfazione per la convocazione, da parte di Papa Benedetto XVI, della Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo, in programma ad Assisi il prossimo 27 ottobre.

La gioia della Voce è quella “che nasce davanti a un’ispirazione che imprimerà di certo una nuova accelerazione e profondità nel vivere le proprie convinzioni religiose a servizio della pace”, “urgente proprio oggi, quando, per assurdo, si diffonde la paura della religione, per sua natura fonte vitale di pace, imputandole la causa prima di molti conflitti, tensioni, fobie, intolleranze e persecuzioni a sfondo religioso che pullulano nel mondo”.
 
Nei 25 anni trascorsi dalla prima convocazione ad opera del beato Giovanni Paolo II, afferma, si è compiuto “senza dubbio un grande cammino grazie all’azione dello Spirito Santo che intreccia mirabilmente parole d’insegnamento e gesti profetici dei Papi con la vita di molti testimoni, antichi e nuovi carismi, ordini monastici e nuovi movimenti ecclesiali, da Lui suscitati nella Chiesa cattolica e in altre Chiese e comunità ecclesiali”.

“Oggi il dialogo tra le religioni non può limitarsi ai leader, a studiosi e specialisti”, riconosce il Presidente dei Focolari, osservando che “deve diventare un dialogo di popolo, un dialogo della vita, che si rivela sempre più indispensabile per la pacifica convivenza nelle nostre città e Paesi, trovandoci a vivere gomito a gomito con musulmani e buddisti, indù e sikh”.

“È una cronaca da scoprire e forse da inventare, senza lasciarsi sgomentare dal rumore di fatti di intolleranza e violenza”.

“Seguiamo e preghiamo fin d’ora per il grande appuntamento ad Assisi nel prossimo ottobre – confessa la Voce –. In attesa delle nuove sorprese che ci riserverà lo Spirito Santo”.

Julián Carrón, Presidente della Fraternità di Comunione e liberazione, definisce sul quotidiano vaticano la convocazione della Giornata “un gesto audace”, “così come lo fu venticinque anni fa l’iniziativa del beato Giovanni Paolo II”.

L’incontro dei leader religiosi mondiali, commenta, assume un significato speciale perché il senso religioso “è ciò che accomuna gli uomini di ogni tempo e di ogni spazio”, esprimendo “la coscienza di originale dipendenza dal Mistero che fa tutte le cose”.

“Per vivere all’altezza del senso religioso, da uomini veramente religiosi, e affinché ciascuno non si esaurisca nel fissare lo sguardo sulle cose terrene, occorre che ‘Dio’ ci visiti”, osserva.

“Con Gesù, il Figlio di Dio, il Mistero di Dio personale è diventato ‘presenza affettivamente attraente’, al punto di accendere il desiderio umano e di sfidare come nessun altro la sua libertà, cioè la sua capacità di adesione”.

“Ecco il punto di partenza di ogni autentico dialogo interconfessionale e interreligioso: nel Suo rapporto col Padre Gesù Cristo non attua un superamento del senso religioso – relegandolo in un ‘già saputo’, riducendolo quasi a una premessa, sminuendolo a momento propedeutico -, bensì lo fa ‘esplodere’ in tutta la sua potenzialità”.

Per don Carrón, “non si tratta di un postulato da accettare, ma di una novità umana da sorprendere in atto: l’annuncio cristiano si sottopone a questa verifica, al tribunale dell’umana esperienza”.

“La creatura nuova è l’uomo in cui il senso religioso si realizza nella sua – altrimenti impossibile – pienezza: ragione, libertà, affezione, desiderio! Questo è il contributo che il cristiano che vive veramente la sua fede può dare agli uomini veramente religiosi, testimoniando il compimento della religiosità nel riconoscimento e nell’adesione amorosa a Dio”.

Per questo, conclude, “l’ecumenismo non si riduce, come in tanti equivoci tentativi, a una tolleranza generica che può lasciare l’altro ultimamente estraneo, ma è un amore alla verità che è presente, fosse anche per un frammento in chiunque. Ogni volta che il cristiano incontra una realtà nuova l’abborda positivamente, perché essa ha qualche riverbero di Cristo, qualche riverbero di verità”.

Dal canto suo Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, scrive su “L’Osservatore Romano” che nel convocare l’evento del 1986 il beato Giovanni Paolo II “aveva intuito la forza pubblica delle religioni, nonostante la secolarizzazione”.

“La sua idea era che, da quel momento, dovesse partire un movimento per coinvolgere i credenti delle varie religioni”, “convinto che tale spirito dovesse vivere nel quotidiano”.

Da quell’evento “scaturì un rinnovato impegno dei cattolici per la pace, con attenzione alla fondamentale dimensione della preghiera e ai rapporti con i seguaci delle diverse religioni”, e da ciò “emerse anche un concreto impegno per spegnere il fuoco della guerra in varie parti del mondo”.

La locuzione “spirito di Assisi”, che ha avuto interpretazioni “talvolta incerte o erronee”, “nel suo corretto significato illumina l’impegno della Chiesa nel servizio all’unità delle genti, che è anche comprensione e dialogo tra popoli credenti”, indica Riccardi.

Come ha affermato Papa Benedetto XVI nel 2007 a Napoli all’incontro dei leader religiosi promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, l’autentico “spirito di Assisi” è essere “chiamati a lavorare per la pace e ad un impegno fattivo per promuovere la riconciliazione tra i popoli”.

“Di fronte a un mondo lacerato dalla violenza, dove talvolta si giustifica la violenza in nome di Dio – aggiungeva il Papa –, è importante ribadire che mai le religioni possono divenire veicoli di odio”, “perché parlano di pace al cuore dell’uomo”.

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ZENIT Staff

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