In Sardegna si studia la missione nella Bibbia

ROMA, martedì, 12 luglio 2011 (ZENIT.org).- “La missione nella Bibbia: radici e forme nell’Antico e nel Nuovo Testamento” è stato il tema del Corso biblico organizzato dall’Associazione Biblica Italiana (ABI) dal 4 all’8 luglio presso il Monastero Benedettino di S. Pietro di Sorres, con il patrocinio della Diocesi di Sassari.

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Alla presenza di un centinaio di insegnanti di religione, don Angelo Passaro ha analizzato l’Antico Testamento, mentre monsignor Rinaldo Fabris ha affrontato il Nuovo Testamento.

Una riflessione teologica sulla missione che guardi all’Antico Testamento, ha affermato don Passaro, “deve prendere le mosse dalla parola di benedizione che Dio dice nell’opera della creazione secondo il racconto di Gen 1”.

“Può sembrare un inizio sorprendente, ma la parola della benedizione definisce la relazione di alleanza tra Dio e l’uomo che è alla base di ogni forma di missione – ha osservato –. E’ la missio Dei l’ineludibile punto di partenza di una significativa riflessione sulla missione”.

Il sacerdote ha spiegato che la parola di benedizione “definisce una teologia della creazione come ‘opera buona’ sempre aperta alla Parola che le conferisce coerenza” e “manifesta un carattere incondizionato, legata all’atto creatore”, non dipendendo “dall’obbedienza ad alcuna regola”.

“Ogni uomo, ogni gruppo umano, sulla terra è benedetto!”, ha esclamato.

“Il compito di Israele è di raccontare questa parola di fedeltà e di benedizione a tutte le genti”. “Per Israele l’elezione è missione! Essa rivela l’amore di Dio per Israele e per le nazioni”.

“La profezia, come parola dell’attesa che tende al futuro di Dio, si incarica di ribadire continuamente, nel corpo del profeta, questa verità”.

“La sapienza che assume i tratti della profezia ribadisce la necessità di un coinvolgimento dell’esistenza nella trasmissione della fede – ha indicato don Passaro –. Un coinvolgimento che passa anche attraverso il piano affettivo e un linguaggio che fa appello alla libertà dell’interlocutore. Nella consapevolezza che annunciare, educare, trasmettere è opera che viene della grazia di Dio e che in lui trova la sua ragione e la sua ricompensa”.

Monsignor Rinaldo Fabris ha invece trattato il Nuovo Testamento, ricordando che “Dio Padre sta all’origine della missione cristiana. Per mezzo di Gesù Cristo, il Figlio ‘inviato’ in missione nel mondo, Dio dona lo Spirito santo, che abilita tutti i credenti battezzati a proclamare la ‘buona notizia’ della salvezza agli altri esseri umani senza distinzione di religione, etnia e cultura”.

“Gesù prepara i suoi discepoli alla missione, scegliendo ‘dodici’ come rappresentanti delle dodici tribù di Israele, e associandoli al suo compito di proclamatore del regno di Dio”.

“Dopo la Pasqua di risurrezione Gesù risorto incontra i discepoli e li incarica della missione universale”, e “promette e dona loro lo Spirito Santo per essere suoi testimoni davanti a tutti popoli della terra”.

“Il racconto della passione e morte di Gesù nei quattro Vangeli culmina con l’esperienza dell’incontro con Gesù risorto che fa prendere coscienza ai discepoli della loro responsabilità della missione”.

La missione cristiana, ha osservato monsignor Fabris, “si attua mediante l’annuncio e la testimonianza resa con la parola e lo stile di vita, fedele alla volontà di Dio, profeticamente manifestata nella storia di Israele e compiutamente rivelata e comunicata per mezzo di Gesù Cristo e il dono dello Spirito santo”.

“Il contenuto dell’annuncio e della testimonianza è Gesù, condannato alla morte di croce dagli uomini, ma risuscitato da Dio” e nella cui vicenda “si confermano e si compiono le promesse di Dio a Israele”.

“L’annuncio missionario, incentrato sulla risurrezione di Gesù Cristo, si conclude sempre con l’invito alla conversione”. “Nella storia della prima missione cristiana l’autore degli Atti degli apostoli mostra che il Vangelo risponde alle domande profonde delle persone ed entra in dialogo con le culture dei popoli”.

“Il confronto con l’esperienza della missione della prima Chiesa – ha concluso il presule – stimola e incoraggia i cristiani di oggi a riscoprire la ‘grazia’ e la responsabilità dell’annuncio e della testimonianza di Gesù Cristo, come condizione per far rivivere la loro fede nelle comunità tradizionali”.

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ZENIT Staff

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