di Renzo Allegri
ROMA, martedì, 12 luglio 2011 (ZENIT.org).- Il 13 luglio grande festa a Budrie, frazione di san Giovanni in Persiceto vicino a Bologna. Si ricorda la morte di santa Clelia Barbieri, avvenuta il 13 luglio 1870, quando Clelia aveva 23 anni.
Era una ragazza del popolo. Nata e vissuta alle Budrie, apparteneva a una famiglia che era forse la più povera della zona, ma la più ricca di amore. Il matrimonio dei genitori di Clelia era stato molto contrastato e aveva fatto scandalo. Giuseppe Barbieri, 20 anni, faceva il garzone presso i Nanetti, nobili e i più ricchi della zona. In quella casa c’era una ragazza, Giacinta, 28 anni, molto bella, e Giuseppe si innamorò di lei. Amore subito ricambiato. Ma si trattava di una storia impossibile, secondo i costumi del tempo. Giacinta doveva sposare un nobile e non certo un povero garzone analfabeta. Tutta la famiglia Nanetti insorse, scandalizzata. In particolare uno zio di Giacinta, Zefferino, medico. Giuseppe venne perseguitato, cacciato dal lavoro e Giacinta chiusa a chiave in casa. Ma i due innamorati non cambiarono idea e alla fine fu concesso che si sposassero, ma a crudeli condizioni: Giacinta, venne cacciata di casa e diseredata. Da ricca che era, per amore divenne poverissima. Un anno dopo il matrimonio, divenne mamma di Clelia e in seguito ebbe anche una seconda figlia, Ernestina. Nel 1878 il suo sposo, Giuseppe, colpito da colera morì a solo 33 anni. Per Giacinta le condizioni di povertà si aggravarono. Dovette affrontare enormi sacrifici per crescere le due figlie. Così Clelia ebbe una esistenza durissima, illuminata, però, da grande fede e da grande amore.
Fin da ragazzina, Clelia si innamorò di Gesù e dedicò la sua brevissima esistenza a prendersi cura, per amore di Gesù, dei poveri, degli ammalati e soprattutto dei bambini, ai quali insegnava il catechismo. In questa missione fu aiutata da alcune sue coetanee, con le quali visse in una specie di “comunità laica” che, dopo la sua morte, divenne una Congregazione religiosa, “Suore Minime dell’Addolorata”. Per il 13 luglio, ogni anno, la frazione Budrie di San Giovanni in Persiceto diventa meta di migliaia di pellegrini e devoti, che vanno a pregare nella chiesa dove la santa pregava e vanno a visitare i luoghi nei quali visse. Esiste una sola foto di Clelia Barbieri, una foto scattata nel 1869 dallo zio medico, e da quella foto si ricava che era una ragazza molto bella. La storia racconta che aveva parecchi pretendenti, anche giovani ricchi, ma rispondeva a tutti: “Andate da mia sorella perché io sono già impegnata”.
Da giornalista mi sono interessato varie volte di questa santa. Soprattutto per un fenomeno che si verifica da quando Clelia è morta. Fenomeno curioso e sconcertante. Sembra, infatti, che, a cominciare dal primo anniversario della sua morte, Clelia Barbieri ogni giorno preghi ad alta voce con le sue consorelle. E’ un fatto razionalmente incredibile, ma testimoniato, lungo il corso dei decenni, da migliaia di persone. Non solo suore della Congregazione Minime dell’Addolorata, che sentono la voce regolarmente quando pregano in chiesa, ma anche da altre persone che hanno, eccezionalmente, fatto quella esperienza. E, tra esse, sacerdoti, vescovi, cardinali, e anche laici, medici, avvocati, persino miscredenti, che si sono recati alle Budrie, o in altre case della Congregazione, per “ridere” di quel fenomeno o, anche, con lo scopo di “smascherare” l’imbroglio e che, invece, sentendo anche loro chiaramente la voce misteriosa, si sono ricreduti, confessandolo pubblicamente.
Su questo fenomeno, il gesuita Padre Nicola Monaco, che era postulatore della Causa di beatificazione di Clelia, ha raccolto un meticoloso dossier che è stato pubblicato nel 1953 in un volume di 330 pagine. In sintesi, il gesuita in quel suo libro sostiene e dimostra che la misteriosa voce “non è un fenomeno naturale, non è un’eco, non è un’illusione, non è una suggestione, ma essa è dovuta a un intervento straordinario di Dio”. Il mio primo articolo sull’argomento risale al 1967. Inviato dal giornale dove allora lavoravo, mi recai a Budrie scettico, ma dopo una lunga inchiesta ho dovuto ammettere che il fenomeno è sostenuto da una documentazione inattaccabile. Sono poi tornato varie volte a Budrie, e sempre cercando ulteriori informazioni su quel fatto che è lì, a sfidare lo scetticismo e l’incredulità del nostro tempo.
L’ultimo mio viaggio è recente. Una visita devota a questa santa umile e grande, affascinante nella sua luminosa semplicità. E anche in questa occasione, parlando con le suore di santa Clelia, sono tornato sull’argomento. “Ma sì, è proprio vero, ogni giorno, quando noi preghiamo in chiesa, la voce di santa Celia si unisce alle nostre”, mi ha detto suor Maria Assunta. “E’ un fenomeno incredibile, sconcertante, ma bellissimo. Per noi, ascoltare quella voce è come sentire la carezza di una mamma e infonde una gioia grandissima”.
Suor Maria Assunta è religiosa della Congregazione di Santa Clelia da sessant’anni ed è la più anziana del convento alle Budrie. Parla con voce serena, gioiosa. Con alcune altre sue consorelle, suor Grazia, suor Emanuela, suor Agrippina, suor Vittoria, ha voluto accompagnarmi a visitare il complesso dei luoghi dove la santa è vissuta. “Tutta l’esistenza di santa Clelia si svolse qui”, dice suor Maria Assunta. “Non si è mai mossa da questo piccolo centro. E’ la più giovane fondatrice di una Congregazione religiosa della storia della Chiesa”.
La zona è tranquilla e serena, in mezzo al verde. Ci sono la chiesetta parrocchiale del tempo, diventata santuario, la casa dove la santa morì, il vecchio asilo, dove ora si trova l’urna con i suoi resti mortali, e altri edifici, moderni, per ospitare i pellegrini, per esercizi spirituali, per conferenze, tutti circondati da grandi alberi, attorniati da cortili erbosi, tenuti in un ordine armonioso, pulito, e sembra di essere in un’isola fuori dal mondo. “Quando Clelia Barbieri decise di diventare suora?”, ho chiesto.”Non divenne mai suora in senso stretto, giuridico”, mi ha risposto suor Maria Assunta. “Eravamo in un periodo in cui lo Stato italiano aveva abolito gli ordini religiosi, confiscando i loro beni. Erano rimasti i grandi monasteri, ma per entrare in quelli bisognava avere una ricca dote e Clelia non aveva niente. Fu il Signore a guidare Clelia. Come lei stessa raccontò, a nove anni, quando venne cresimata, sentì una grande desiderio di farsi santa. Desiderio che divenne ancora più forte quando ricevette la prima Comunione. Voleva dedicare la sua vita a Gesù, impegnandosi a farlo conoscere agli altri. Per questo cominciò a insegnare il catechismo ai bambini e ad andare nelle case dei contadini a spiegare loro il catechismo”.
“A sedici anni, aveva una coetanea con la quale divideva i suoi ideali. Poi ne trovò altre due. A vent’anni, ebbe come una rivelazione interiore e disse alle compagne: ‘Noi siamo povere, non potremo mai entrare in un monastero e allora facciamocene uno, dove altre ragazze povere come noi possano dedicarsi al servizio del Signore’. Così, in modo spontaneo, nacque la Congregazione, che era privata, senza nessun riconoscimento giuridico. Solo anni dopo la morte di Clelia venne riconosciuta dalla Chiesa con il nome di ‘Suore minime dell’Addolorata’”. Ad un certo momento, come avevo già fatto altre volte, ho riportato la conversazione sul misterioso fenomeno della voce di santa Clelia che le suore sentono quando pregano e che è un fenomeno sconcertante, che meraviglia sempre. Ho chiesto a suor Maria Assunta: “Quando esattamente iniziò a manifestarsi quell’incredibile fenomeno?”. “Un anno esatto dopo la morte di Clelia”, mi ha risposto pazientemente suor Maria Assunta. “E cioè il 13 luglio 1871. Sul letto di morte, Clelia era attorniata dalle sue compagne che piangevano e dicevano: ‘Cosa faremo senza di te? Non riusciremo a portare avanti la tua opera’. E lei: ‘Non dovete aver paura. Io sarò sempre con voi, ve lo prometto
‘”.
“Clelia morì e le sue compagne, che erano solo quattro, trascorsero un anno disorientate e impaurite. Non riuscivano ad aver fiducia in loro stesse. Ma il 13 luglio 1871, mentre pregavano nella stanza dove Clelia era morta, cominciarono a sentire la sua voce che pregava con loro. Subito si spaventarono, ma quella voce era carica di una potente energia che trasmetteva loro fiducia, serenità e gioia. Si ricordarono della promessa che Clelia aveva fatto e si sentirono rinfrancate, piene di forza, pronte a combattere. Da allora, quella voce non è mai più mancata”.
Non è possibile che sia frutto di suggestione? “E’ un interrogativo che tutti si pongono. E se lo posero anche le prime compagne di Clelia. Infatti, per paura di essere prese in giro, non dissero niente a nessuno. Ma poichè il fenomeno si ripeteva ogni giorno, si confidarono con il parroco, che era il loro direttore spirituale. Questi, dopo aver egli stesso constatato la serietà del fatto, ne parlò con il cardinale Lucido Maria Parocchi, che era arcivescovo di Bologna. ‘Non dite niente a nessuno’, ordinò il cardinale ‘e lasciate fare alla Divina Provvidenza’. Il giusto e prudente consiglio fu scrupolosamente osservato. Il fenomeno continuò a ripetersi e per una quarantina d’anni era noto solo alla ‘Suore Minime dell’Addolorata’ e alle autorità ecclesiastiche che di tanto in tanto venivano informate. Fu il cardinale Giorgio Gusmini nel 1916, quando era arcivescovo di Bologna, a renderlo pubblico. Fece raccogliere un voluminoso dossier di testimonianze, le fece esaminare a degli esperti e concluse che il fenomeno aveva tutte le caratteristiche di un ‘segno’ del cielo e perciò andava fatto conoscere. Quando poi iniziarono i vari processi per la beatificazione di Clelia, questo fenomeno venne ancora più accuratamente esaminato, e furono raccolte ancora centinaia di testimonianze giurate. Non ci sono dubbi, il fenomeno è inspiegabile, ma sicuramente oggettivo”.