“Dignità è assumere ogni giorno i limiti dell'esistenza”

Lettera di un Vescovo spagnolo sulla futura legge sulla “morte degna”

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ALICANTE, domenica, 10 luglio 2011 (ZENIT.org).- Il Vescovo della Diocesi spagnola di Orihuela-Alicante, monsignor Rafael Palmero, ha diffuso una lettera pastorale sul progetto della “Legge regolatrice dei diritti della persona nel processo del fine vita”, che il Governo vuole portare avanti.

Monsignor Palmero afferma nel suo messaggio che “aspettarsi dalle sfere legislative o giudiziarie la soluzione di un problema assistenziale può finire per rivoltarsi contro i pazienti che si vogliono beneficiare”.

Il presule ritiene significativo che nel testo del disegno di legge si ometta la definizione “morte degna”, “per la sua utilizzazione ricorrente come sinonimo di morte indotta tra i sostenitori dell’eutanasia”.

Ricorda anche che, nell’esposizione dei motivi del testo, si dice esplicitamente che “il processo finale della vita, concepito come una fine prossima e irreversibile, eventualmente dolorosa”, sarebbe anche “lesivo della dignità di chi la soffre”. “Un’affermazione che non è solo antropologicamente inaccettabile, ma anche possibilmente contraria alla Costituzione”, sottolinea il presule.

In secondo luogo, monsignor Palmero spiega che il disegno di legge indica una sorta di diritto universale alla sedazione. Sulla questione, il Vescovo ricorda che “il cittadino non ha diritto a tutto ciò che non è proibito. Avere diritto non è semplicemente godere di un ambito di azione lecito (agere licere), ma essere in condizioni di ricorrere all’ordinamento giuridico in sostegno e a garanzia delle proprie pretese. Non basta, per questo, una mera non proibizione, ma è necessario un titolo giuridico specifico”.

Nell’esposizione dei motivi, si raccoglie la base giuridica di quanto affermato nell’art. 11,1: la “libera autonomia della volontà”, che potrebbe essere intesa come totalmente svincolata dalla verità e dal bene oggettivo della persona.

“In questo caso – spiega il pastore di Orihuela-Alicante –, la bontà o malvagità di un’azione dipenderebbe dalla libera volontà del soggetto e, quindi, il principio dell’autonomia annullerebbe quello di beneficenza”.

Circa la sedazione palliativa, chiarisce che “una cosa è il diritto al trattamento del dolore e un’altra è il ‘presunto diritto’ a un trattamento particolare. La sedazione palliativa (cfr. Art. 11.2.c) è un trattamento concreto e definito che non può essere considerato come diritto del paziente, ma come indicazione medico-etica; è il medico che propone al paziente l’opzione del trattamento indicato per il suo quadro sintomatico e non il contrario”.

Secondo il presule, il disegno di legge è un altro passo verso la depenalizzazione dell’eutanasia. Legalizzare l’eutanasia, afferma, “è una dichiarazione di sconfitta sociale. Equivarrebbe a dire che, visto che non possiamo aiutarci reciprocamente, visto che ciascuno cura le sue cose e non dedica il suo tempo agli altri, lo Stato si incarica di questo, ma non facendo fronte a questa mancanza di attenzione, ma liberandosi dalla soluzione del problema con un’iniezione letale”.

In sostanza, “la vera umanizzazione della morte procede insieme all’alleanza terapeutica tra il malato e l’équipe assistenziale, cercando un sollievo adeguato non solo dei sintomi fisici, ma anche dei fattori che provocano ogni tipo di sofferenza, e in questo non interviene mai il patto di una morte intenzionale”.

L’autentica dignità, conclude monsignor Palmero, “è quella di quanti assumono, ogni giorno e senza rumore, le limitazioni della propria esistenza, e quella di coloro che scelgono di accompagnarli nel loro cammino”.

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ZENIT Staff

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