di Antonio Gaspari
ROMA, giovedì, 7 luglio 2011 (ZENIT.org).-Nella lettera ai Corinzi, san Paolo spiega che di tutte le virtù umane la più grande è la carità. E aggiunge: “anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli” e “se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla”.
In questo modo san Paolo indicava chiaramente la carità quale centro dell’evento cristiano.
Con il libro “La Carità al centro” (Tau editrice), mons. Angelo Casile, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Conferenza Episcopale Italiana, giunge alle stesse conclusioni e illustra le relazioni tra la pratica della carità e la Dottrina sociale della Chiesa.
“Gesù – sostiene mons. Casile – ha in fondo ricapitolato e compiuto la Legge nel comandamento dell’amore svelandoci, attraverso il dono perfetto della sua stessa vita, che salvare la vita è possibile solo offrendola e che nel donarsi c’è vera gioia”.
“La carità, dunque – precisa il direttore dell’ufficio del lavoro della CEI -, non è una semplice conseguenza etica dell’essere cristiani ma l’unico modo per rendere concreta nella storia e nella società la fede che professiamo”.
Il libro infatti tenta di tracciare una “storia della carità”, e una conseguente teologia della Dottrina sociale della Chiesa dalle sue radici fino ai nostri giorni.
Nella presentazione del libro mons. Mariano Crociata, Segretario nazionale della CEI, annuncia il libro in questione come parte di una collana teologica “con la scopo essenziale di raggiungere molti e parlare al cuore di tutti” per promuovere una “più piena comprensione della fede e del suo legame con la vita”.
Per approfondire un tema di così grande attualità, ZENIT ha intervistato mons. Angelo Casile.
Perché un libro sulla Dottrina sociale della Chiesa?
Mons.Casile: Il senso di questo libro sulla Dottrina sociale della Chiesa è ritrovabile in un pensiero di sant’Agostino. Egli ad alcuni cristiani che si lamentavano del difficile momento storico che vivevano rispondeva: «Voi dite: I tempi sono cattivi; i tempi sono pesanti; i tempi sono difficili. Vivete bene, e muterete i tempi» (Discorsi, 311,8). Domandiamoci i tempi sono cattivi o sono gli uomini a non essere all’altezza dei tempi? Sono convinto che se ciascuno di noi vivesse con fedeltà e coraggio, che nascono dal Vangelo, la propria testimonianza di fede, senz’altro porterebbe un contributo essenziale alla conversione di questo tempo difficile, colmo di scenari poco rassicuranti.
Ora, la Dottrina sociale della Chiesa – che altro non è che il Vangelo nel suo incarnarsi nella storia di ogni giorno – conosciuta, approfondita e vissuta ci permette di vivere la bontà e la bellezza della nostra fede ogni giorno e così i tempi saranno migliori.
Il testo, nella parte prima, tenta di esporre il cammino storico della DSC, a partire dall’esperienza viva di Gesù e della Chiesa; nella parte seconda, approfondisce alcuni temi rilevanti nell’annuncio cristiano e nella Dottrina sociale della Chiesa (persona, famiglia, società, lavoro) e, infine, nella parte terza, presenta dei percorsi che coniugano il Vangelo e la Dottrina sociale della Chiesa nella società.
Secondo il suo libro la storia della carità è la stessa della Dottrina sociale della Chiesa. Che cosa intende dire?
Mons. Casile: La carità è il cuore della fede cristiana. Gesù ha in fondo ricapitolato e compiuto la Legge nel comandamento dell’amore svelandoci, attraverso il dono perfetto della sua stessa vita, che salvare la vita è possibile solo offrendola e che nel donarsi c’è vera gioia. La carità, dunque, non è una semplice conseguenza etica dell’essere cristiani ma l’unico modo per rendere concreta nella storia e nella società la fede che professiamo. Questo libro intende, perciò, offrirci una carrellata della “storia della carità”, ossia della Dottrina sociale della Chiesa dalle sue radici e fino ai nostri giorni.
L’enciclica Caritas in veritate di papa Benedetto XVI contiene anche delle precise affermazioni sulla natura della Dottrina sociale della Chiesa, definita come «caritas in veritate in re sociali: annuncio della verità dell’amore di Cristo nella società. Tale Dottrina è servizio della carità, ma nella verità» (n. 5). Ciò significa che la Dottrina sociale della Chiesa è anzitutto: «elemento essenziale di evangelizzazione […], annuncio e testimonianza di fede […], strumento e luogo imprescindibile di educazione ad essa» (n. 15), «servizio alla verità che libera» per il «vissuto sempre nuovo della società degli uomini e dei popoli» (n. 9).
Il punto più controverso nella pastorale sociale riguarda il rapporto tra Dottrina e principi non negoziabili. In che modo la difesa della vita, il sostegno alla famiglia e la libertà di educazione c’entrano con la Dottrina sociale?
Mons.Casile: Mi sembrano molto appropriate le parole che S.E. Mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della CEI, scrive nella presentazione della collana “Teologando. Fede, ricerca e vita” di cui il testo fa parte: «La teologia non è un sapere chiuso in se stesso, lontano dalla storia e dalle vicende concrete della vita, arroccato in formule adatte solo agli specialisti del settore. Al contrario, essa ha il suo fondamento nel dono della fede e si pone all’interno della Chiesa e al servizio di essa come riflessione per favorirne l’accoglienza nella vita dei credenti e nel loro contesto storico e culturale”.
Le parole e le azioni di Gesù, contenute nei Vangeli, costituiscono il paradigma a cui si riferisce la Dottrina sociale della Chiesa quando parla di sacralità della persona, della sua naturale socievolezza e relazionalità, della carità e della verità, della giustizia e della pace, del valore e del significato del lavoro, della famiglia e della vita, dell’economia e della politica, della custodia del creato, della destinazione universale dei beni, del primato del regno di Dio rispetto a ogni realtà terrena.
Sostenuti dalla grazia del Vangelo e dalle riflessioni della DSC, anche in questo contesto di crisi, non solo economica, (etimologicamente parlando la crisi è un setaccio, un vaglio, un momento opportuno per separare, giudicare in vista di una decisione da prendere), salviamo l’essenziale e decidiamo di ripartire da Dio per rinnovare l’uomo attraverso un processo educativo profondo che sveli l’uomo a se stesso.
Attraverso la Dottrina sociale della Chiesa, la Chiesa in un intreccio fecondo di evangelizzazione e di educazione continua l’opera del suo Maestro. Come afferma il Card. Angelo Bagnasco, presidente della CEI, nella Presentazione agli Orientamenti pastorali Educare alla vita buona del Vangelo: “Annunciare Cristo, vero Dio e vero uomo, significa portare a pienezza l’umanità e quindi seminare cultura e civiltà. Non c’è nulla, nella nostra azione, che non abbia una significativa valenza educativa”.
La Caritas in veritate mostra la profonda unità tra “questione sociale” e “questione antropologica”: «la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica» (n. 75). L’apparente contrapposizione tra le due problematiche è risolta rileggendole a partire da un’altra questione, quella “teologica”, ossia del primato di Dio e del suo posto nel mondo. È il Vangelo che ci aiuta a trovare la soluzione alla questione sociale, come già affermava la Rerum novarum; che permette ogni forma di sviluppo dei popoli, come ama dire la Populorum progressio; che garantisce alla Chiesa il diritto di cittadinanza nella società, come prospetta la Centesimus annus; che aiuta l’uomo a comprendere se stesso, gli permette di chiamare Dio Padre e riconoscere in ogni uomo un fratello, come deside
ra ardentemente la Caritas in veritate.
Originale e molto interessante il capitolo che lei dedica al lavoro, in cui spiega la continuità tra il lavoro di Dio ed il lavoro dell’uomo. Può spiegarci il suo punto di vista?
Monsignor Casile: La Bibbia si apre con Dio che lavora e che crea l’uomo a sua immagine. Benedetto XVI ci ricorda che: «Il vero e unico Dio, è anche il Creatore. Dio lavora; continua a lavorare nella e sulla storia degli uomini. In Cristo Egli entra come Persona nel lavoro faticoso della storia. “Il Padre mio opera sempre e anch’io opero”. Dio stesso è il Creatore del mondo, e la creazione non è ancora finita» (Incontro con il mondo della cultura al Collège des ernardini, Parigi, 12 settembre 2008).
Attraverso il lavoro l’uomo realizza se stesso, poiché il lavoro, per essere pienamente vero, ci deve parlare oltre che dell’uomo e della sua dignità, anche di Dio. Di Dio che lavora sei giorni e il settimo si riposa, fa festa e gioisce, trovando bella l’opera delle sue mani (Gen 2,2); di Dio che si è identificato per quasi trent’anni della sua vita terrena nel lavoro del carpentiere di Nazareth (Mc 6,3); di Dio che ha redento il lavoro e ha chiamato i suoi discepoli a seguirlo mentre lavoravano, invitandoli a diventare pescatori di uomini (Lc 5,10); di Dio che «ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo» (Gaudium et spes, 22).
Il lavoro è per ogni uomo una vocazione: l’espressione, già usata da Papa Paolo VI nella Populorum progressio, è ripresa da Benedetto XVI nella forma «ogni lavoratore è un creatore» (Caritas in veritate, 41). È atto della persona, per cui è bene che a ogni lavoratore sia data l’opportunità dare il proprio apporto, di esprimere sé stesso, il proprio talento, le proprie capacità. È espressione della propria creatività a immagine del Creatore, di un Dio che “lavora” nella Creazione e nella Redenzione.
Il suo saggio si conclude con l’invocazione di “vivere la speranza come compito quotidiano”. Ha qualche consiglio su come alimentare la speranza?
Monsignor Casile: L’ascolto del Vangelo e la grazia di poterlo vivere ogni giorno nelle nostre occupazioni quotidiane, anche nell’attuale contesto di crisi, fa rifiorire la speranza nei nostri cuori e ci permette di vivere nella fiducia in Dio. Gesù parlando degli ultimi tempi, potremmo dire della “crisi” finale del cosmo, descrive «segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura». Poi, rivolgendosi ai discepoli afferma: «Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» (Lc 21,25-28). Solo Dio, davanti a uno scenario apocalittico può invitarci a stare sereni, ad essere fiduciosi. Seguendo la sua Parola, comprendiamo come il Signore è sempre con noi, e mentre da una parte ci ammonisce: «Senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5), dall’altra ci rincuora: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Nella notte e nel buio dell’attuale situazione, il nostro compito di cristiani che vivono nelle città degli uomini è di annunciare e vivere il Vangelo della speranza e della fiducia nel Signore, che non ci abbandona mai.
Viviamo il nostro impegno quotidiano seguendo lo stile del nostro Maestro, che ci invita a imparare da lui, «mite e umile di cuore» (Mt 11,29), e ci manda nel mondo «come pecore in mezzo a lupi» (Mt 10,16). Siamo consapevoli che – secondo le sapienti parole di san Giovanni Crisostomo – «finché saremo agnelli, vinceremo e, anche se saremo circondati da numerosi lupi, riusciremo a superarli. Ma se diventeremo lupi, saremo sconfitti, perché saremo privi dell’aiuto del pastore. Egli non pasce lupi, ma agnelli. Per questo se ne andrà e ti lascerà solo, perché gli impedisci di manifestare la sua potenza» (Omelie sul vangelo di Matteo, 33,1.2)
Il Signore Gesù aiuti tutti noi, insieme come sua Chiesa, a realizzare la sua opera: vivere bene la nostra fede ogni giorno perché i tempi siano migliori e donare Dio al mondo nella carità e nella verità.