65 gli ebrei salvati da mons. Francesco Bertoglio

Medaglia dei Giusti all’allora Rettore del Pontificio Seminario Lombardo

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di Antonio Gaspari 

ROMA, venerdì, 24 giugno 2011 (ZENIT.org).-Sono circa 480 gli italiani a cui è stato riconosciuta dallo Stato di Israele la medaglia di Giusti tra le Nazioni.

Si tratta di persone che senza alcun vantaggio materiale hanno rischiato la vita pur di salvare gli ebrei dalla furia persecutoria dei nazisti.

 Tra questi c’è anche monsignor Francesco Bertoglio, che da solo ha salvato dalla deportazione e dall’Olocausto, almeno 65 ebrei.

Come riportato dal sito dell’Ambasciata d’Israele a Roma, lunedì 23 maggio scorso, a Magenta (MI), presso la Casa Giacobbe, il Consigliere per gli Affari Pubblici e Politici dell’Ambasciata d’Israele, Livia Link, ha consegnato la medaglia e l’attestato del conferimento dell’onorificenza di “Giusti fra le Nazioni” alla memoria di monsignor Bertoglio.

Medaglia e attestato sono stati consegnati a don Antonio Oldani, parroco di Cerro Maggiore e pronipote di Monsignor Bertoglio, con una cerimonia svoltasi alla presenza del Presidente del Consiglio Provinciale di Milano, dott. Bruno Dapei e del Sindaco di Magenta, dott. Luca Del Gobbo.

Erano presenti anche Angelo Perugia, uno degli ebrei salvati da monsignor Bertoglio, e Aldo Astrologo, figlio di Giovanni, un altro degli ebrei salvati. Alla cerimonia hanno assistito anche alcune classi degli istituti scolastici di Magenta, accompagnati dai loro insegnanti.

A raccontare l’eroismo sconosciuto di Monsignor Bertoglio è stato Lionello Tagliaferri nel libro “Il Papa lo vuole…” (Piacenza, Berti, 2011).

Tagliaferri ha condotto una indagine sui diari di monsignor Bertoglio e sui documenti racchiusi nel Pontificio Seminario Lombardo.

Nel marzo del 2010 Tagliaferri aveva invece pubblicato il volume “Il papa vuole che teniamo questa gente. Le direttive di Pio XII e gli ebrei romani salvati dal Pontificio Seminario Lombardo” (Piacenza, Berti), cercando testimoni, figli e parenti dei salvati.

Come riportato anche da un articolo de L’Osservatore Romano pubblicato il 24 marzo scorso  con il titolo “Un Giusto nel segno di Pio XII. Ricostruita la vicenda di monsignor Francesco Bertoglio che durante la guerra aiutò oltre cento perseguitati”, l’allora Rettore del Pontificio Seminario Lombardo seguì le direttive di Pio XII per salvare tutti i perseguitati e cioè ebrei, renitenti alla leva, ex soldati e ufficiali, antinazisti.

Monsignor Bertoglio conosceva bene le disposizioni del Pontefice anche perchè era molto amico di monsignor Giovanni Battista Montini, di cui era stato compagno di studi in quel seminario. Monsignor Montini era allora sostituto della Segreteria di Stato e coordinava le attività di assistenza ai perseguitati nascosti nei conventi, nelle parrocchie, negli istituti scolastici ecclesiastici.

Nel corso dell’inchiesta, Tagliaferri ha incontrato Angelo Perugia, uno degli ebrei salvati da monsignor Bertoglio, e Aldo Astrologo, figlio di Giovanni, anch’egli salvato dal Rettore del Seminario.

I due hanno confermato quanto scritto nei documenti ed hanno inviato la richiesta per la medaglia dei Giusti allo Yad Vashem d’Israele.

Già discriminati dalle leggi razziali, nell’ottobre del 1943, Giovanni Astrologo e Angelo Perugia, cercarono di sfuggire ai nazisti che li cercavano per deportarli ad Auschiwitz.

Grazie all’aiuto e all’accoglienza del Rettore, Monsignor Francesco Bertoglio, i due, assieme a molti altri ebrei e rifugiati politici, furono nascosti e protetti presso il Pontificio Seminario Lombardo.

Nonostante il tentativo di impedire che i nazisti violassero la extra-territorialità, nella notte del 21 dicembre del 1943 gli scherani della banda Koch fecero irruzione nell’edificio del Pontificio Seminario Lombardo, alla ricerca degli ebrei e dei militari italiani che si erano nascosti lì dopo il 16 ottobre.

Giovanni Astrologo riuscì a salvarsi solo perché monsignor Bertoglio si frappose fisicamente fra lui e i soldati armati, dando così il tempo a Giovanni di fuggire.

Angelo Perugia, che ora ha 84 anni, ha raccontato: “Le suore diedero a me, a mio cognato e a mio cugino un vestito da prete e un Vangelo. E pensare che io ero magrissimo e la tonaca mi stava enorme. Avevo le pantofole ai piedi, eppure, presi dalla disperazione, siamo passati davanti ai tedeschi che pattugliavano piazza Santa Maria Maggiore e abbiamo preso di corsa un tram che passava davanti. Istanti che sogno ancora adesso, la notte”.

Monsignor Bertoglio aveva cominciato a nascondere gli ebrei nel Seminario già nel settembre del 1943. La prima ad essere accolta fu la famiglia Mieli. Anche il conte Giuseppe Dalla Torre, direttore de “L’Osservatore Romano”, inviò da monsignor Bertoglio un giovane ebreo in cerca d’asilo. Si trattava proprio di Giovanni Astrologo, che si presentò al seminario con il padre e quattro zii. 

Tra novembre e dicembre gli ospiti erano diventati 110 ed avevano superato il limite della capienza. Fu così che il Rettore, per sicurezza,  cominciò a spostare le persone in altri istituti religiosi.

L’opera di protezione, muovendo i rifugiati in conventi differenti, divenne ancora più urgente, subito dopo l’irruzione dei nazisti al Seminario.

Monsignor Bertoglio li salvò tutti, ad eccezione di Enrico Ravenna, che fu catturato e ucciso ad Auschwitz l’8 agosto 1944. Non essere riuscito a salvare Enrico Ravenna  fu il più grande cruccio nella sua vita.

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ZENIT Staff

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