Musulmani che pregano per strada

di padre Piero Gheddo*

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ROMA, mercoledì, 16 marzo 2011 (ZENIT.org).- Leggo su “Asia News” una notizia sorprendente (15 marzo). In Francia un’organizzazione islamica ha chiesto alla Chiesa francese di poter pregare nelle chiese non utilizzate. In Francia i musulmani sono circa quattro milioni (alcuni dicono cinque) e ormai da molti anni per la preghiera del venerdì occupano le strade di varie città bloccando il traffico. Occupazione illegale che il governo finora tollera, ma che suscita nei francesi un forte sentimento anti-islamico. La Chiesa francese non ha ancora risposto, ma Asia News ha chiesto un parere al padre Samir Khalil Samir, che è assolutamente negativo.

Anche in Italia i nostri musulmani (da un milione a uno e mezzo) hanno preso questa abitudine ed è interessante conoscere cosa ne pensa il gesuita egiziano (professore all’Università cattolica di Beirut). Sintetizzo per gli amici lettori il suo lungo articolo, che si sviluppa in tre punti:  

 1)  La causa della richiesta è la mancanza di spazio nelle moschee, che a Parigi sono 75 e assolutamente non bastano. Ma anche col doppio di spazio non basterebbero. Sta alla comunità musulmana risolvere il problema. Lo Stato e la Chiesa non c’entrano. Se non si vogliono suscitare reazioni negative nei francesi, bisogna riconsiderare anche la pratica piuttosto generalizzata dei sindaci di concedere dei terreni in enfiteusi (il più sovente per un euro all’anno) per la costruzione delle moschee, che poi vengono costruite con aiuti dall’estero.

2)  Secondo problema: bloccare le strade (in genere vicino alle moschee) per la preghiera e deviare il traffico. </b>In Francia, questa situazione è riconosciuta come totalmente inaccettabile da tutte le persone ragionevoli, indipendentemente dal principio di laicità. Lo diventa ancora di più se si tiene conto del fatto che questa eccezione non ha più nulla di eccezionale, dal momento che si ripete ogni venerdì.  E dal momento che non si applica che a una religione precisa, l’islam. L’impressione di molti è che si tratti di una “invasione” di territorio, una specie di “conquista” del territorio nazionale da parte dei “musulmani”. Non ci sono motivi per giustificare queste occupazioni. I musulmani sono in parte responsabili dell’islamofobia che tende ad allargarsi in tutta l’Europa. E sta ai musulmani stessi risolvere il problema.

La stessa cosa avviene non solo in Francia, ma anche nei paesi islamici, il venerdì a mezzogiorno quando è l’ora della preghiera. Il problema non è solo dell’Occidente, ma dell’islam. Se i cristiani dovessero riunirsi tutti a mezzogiorno di domenica per pregare, le strade delle città sarebbero completamente bloccate. Nessuna chiesa potrebbe contenerli. Ma la Chiesa ha istituito anche la S. Messa del sabato sera, valida per la celebrazione della domenica, quando di S. Messe ce ne sono molte. E’ un problema interno alla comunità, che, se è viva, deve trovare delle soluzioni per adattarsi al mondo, e non chiedere al mondo di adattarsi a lei!

3)  Mettere a disposizione le chiese vuote per le preghiere del venerdì. Proposta sorprendente. Le “chiese vuote” sono luoghi consacrati e non verrebbe in mente a un cristiano di utilizzarli per qualche cosa che non siano le funzioni sacre, o per la musica sacra – un’eccezione sempre possibile. Impensabile utilizzarle per celebrare un culto non cristiano. Inoltre, queste “chiese vuote” non sono destinate a restare vuote, ma al contrario a essere occupate non appena possibile da una comunità cristiana o da una comunità monastica, come accade sempre di più ovunque in Europa. Ora sembra difficile che un tale locale, una volta trasformato più o meno in moschea, possa essere “ripreso” e trasformato di nuovo in chiesa. Immaginiamo per un attimo il contrario. Se in un Paese musulmano (l’Egitto o l’Algeria, per esempio) i cristiani autoctoni (in Egitto) o emigrati (in Algeria) chiedessero ai musulmani di cedere loro una moschea, dal momento che ne hanno tante, o di prestarla per la domenica, o solamente per le grandi feste cristiane: quale sarebbe la reazione dei musulmani?

Padre Samir conclude dicendo che in Europa deve stabilirsi fra cristiani e musulmani un rapporto basato sulla cooperazione, l’amicizia e la stima reciproca. Le due comunità religiose debbono fare dei passi in questa direzione. L’islam però, pone un problema all’Europa: non è vissuto semplicemente come una religione, ma anche come una cultura e una politica che penetrano in tutti i settori della vita quotidiana. Di conseguenza, ci può essere un conflitto di culture. L’Europa ha lavorato, per secoli, a separare religione e società, e tutto è segnato da una cultura cristiana secolarizzata. La comunità musulmana deve fare uno sforzo serio per accettare che il fenomeno religioso resti, per quanto è possibile, un affare privato. Più l’islam andrà in questa direzione, meno opposizioni troverà. Il che non significa affatto essere meno musulmani, ma esserlo in maniera diversa, più interiore. E poi aggiunge che il grosso sforzo da fare è nella formazione di imam francesi, che siano integrati nella cultura e nella mentalità francese (o più largamente europea). Fino a che l’islam sarà culturalmente “arabo”, finché i musulmani penseranno che per essere un vero musulmano bisognerà riavvicinarsi alla cultura araba originaria, ci sarà malessere. Questa è la vocazione dei musulmani europei: creare un’interpretazione occidentale (francese, europea…) dell’islam, che armonizzi la fede e la spiritualità musulmane con la modernità occidentale, e cioè con la laicità e i diritti dell’uomo.

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*Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di Mondo e Missione e di Italia Missionaria, è stato tra i fondatori della Emi (1955), di Mani Tese (1973) e Asia News (1986). Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente scrivendo oltre 80 libri. Ha diretto a Roma l’Ufficio storico del Pime e postulatore di cause di canonizzazione. Oggi risiede a Milano.

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ZENIT Staff

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