Apprezzamento dal mondo ebraico per il nuovo libro del Papa

Il Premier Netanyahu: respinge l’accusa alla base dell’odio secolare per gli ebrei

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di Mirko Testa

ROMA, venerdì, 4 marzo 2011 (ZENIT.org).- Da più parti, nel mondo ebraico, sono giunte parole di apprezzamento per la seconda parte dell’opera teologica su Gesù scritta da Benedetto XVI, che tratta dall’ingresso in Gerusalemme alla risurrezione e la cui uscita è prevista per il 10 marzo prossimo.

In una nota dell’Ambasciata d’Israele presso la Santa Sede si legge: “Accogliamo con tutto il cuore l’enfasi rimarcata dal Papa nel suo nuovo libro, in cui solleva gli ebrei dalla responsabilità per la morte di Gesù”.

“Le sue parole – si afferma di seguito – sono coerenti con la politica ufficiale della Chiesa a partire dalla Dichiarazione Nostra Aetate del 1965” e sono “una conferma della ben nota posizione del Papa a favore del Popolo Ebraico e dello Stato d’Israele”.

“Non dovremmo dimenticare che senza la Nostra Aetate non ci sarebbe stato un processo di riconciliazione tra Ebrei e Cattolici da una parte e Santa Sede e Israele dall’altra – conclude la nota –. Speriamo che questo Suo atteggiamento positivo sia di ispirazione per più di un miliardo di Cattolici sparsi in tutto il mondo”.

Nel suo nuovo libro, il Papa rilegge le pagine dei Vangeli sul processo a Gesù, affermando che gli eventi furono narrati in maniera più imparziale dal quarto Vangelo di Giovanni che non dai tre sinottici scritti da Luca, Marco e Matteo.

In particolare Benedetto XVI sottolinea che quando Giovanni, l’unico che riferisce il colloquio tra Gesù e Pilato, parla dei “Giudei” come degli accusatori di Gesù, con questa espressione “non indica affatto il popolo d’Israele come tale, ancor meno essa ha un carattere ‘razzista’”, anche perché Giovanni stesso era israelita, così come l’intera comunità primitiva. Nell’evangelista questa espressione indica l’aristocrazia del tempio, pur se con eccezioni (da qui l’accenno a Nicodemo).

In Marco si parla di “una quantità di gente, la ‘massa’”, da identificare con i sostenitori di Barabba, che ne chiedono il rilascio al posto di Gesù, e sembra assumere una connotazione negativa, nel senso di “plebaglia”. Per quanto riguarda Matteo, invece, la lettura critica di questo Vangelo spinge il Pontefice ad affermare che quando egli riporta il grido a favore della condanna di Gesù: “Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli”, non parla di “tutto il popolo”, e comunque “non è maledizione ma redenzione, non chiede vendetta e punizione ma riconciliazione”.

Lo stesso Premier israeliano Benjamin Netanyahu ha inviato un messaggio al Papa nel quale afferma: “Mi congratulo con lei per aver seccamente respinto nel suo libro l’accusa infondata sulla quale per secoli si è basato l’odio per gli ebrei. Spero di vederla presto di nuovo per poterle esprimerle il mio profondo e personale apprezzamento”.

Dal canto suo anche Ronald S. Lauder, Presidente del World Jewish Congress, l’Organizzazione internazionale fondata a Ginevra nel 1936 che cura gli interessi e le necessità delle comunità ebraiche in oltre 80 paesi di tutto il mondo, ha espresso parole di lode per Benedetto XVI.

“Per molti secoli – ha detto –, gli ebrei hanno patito una brutale persecuzione e l’antisemitismo perché i cristiani li avevano ritenuti collettivamente responsabili per l’uccisione di Gesù Cristo – nonostante lui stesso fosse ebreo e a crocifiggerlo furono i governatori romani. A duemila anni di distanza da quell’evento era giunto realmente il momento che il capo della Chiesa cattolica si esprimesse in maniera chiara sulla questione. Questo gesto è un segnale importante contro l’antisemitismo nella Chiesa”.

Lauder ha poi ringraziato Benedetto XVI per aver contribuito a migliorare il dialogo cattolico-ebraico e per essersi pronunciato in maniera netta, in più occasioni e con autorità, contro qualsiasi forma di antisemitismo: “gli ebrei di tutto il mondo ripongono un grande valore nell’assoluta serietà di questo Papa nel portare avanti le buone relazioni tra cristiani ed ebrei senza limitarsi a una adesione puramente formale a questo impegno”.

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ZENIT Staff

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