Tunisia: i cristiani sperano in più libertà

Incertezza di fronte al periodo di transizione che vive il Paese

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di Michaela Koller

KELKHEIM, venerdì, 28 gennaio 2011 (ZENIT.org).- I cristiani della Tunisia chiedono di pregare per il felice esito del rinnovamento del Governo del Paese, e auspicano pace e tranquillità in questa situazione estremamente tesa, soprattutto nella capitale Tunisi.

Secondo testimonianze di fonti cristiane locali raccolte dall’opera di aiuto Open Doors, c’è preoccupazione per l’ipotesi che le azioni di protesta che chiedono più democrazia e libertà terminino di nuovo in scontri violenti.

Per i cristiani, inoltre, resta l’incertezza su come verranno interessati dal cambiamento di un regime autoritario. In Tunisia, l’islam è la religione di Stato, per cui la virata verso una democrazia in cui tutti possano avere voce e voto è incerta.

In questo momento, nella lista elaborata da Open Doors con i 50 Paesi in cui i cristiani sono più perseguitati, la Tunisia occupa il 37° posto.

Insieme agli ebrei, i cristiani sono una piccola minoranza. La maggior parte dei circa 22.800 fedeli è costituita da stranieri.

“Che cosa cambierà tra poco per noi?”, si è chiesto un cristiano tunisino. “Sotto la Presidenza di Ben Ali la situazione non era buona, ma avevamo un certo grado di libertà per praticare la nostra fede. Bisogna pregare che in futuro abbiamo più libertà e possiamo condividere con i musulmani la nostra fede senza che ciò abbia conseguenze gravi”.

La Tunisia ha firmato i trattati internazionali che salvaguardano i diritti umani e che includono il diritto di cambiare religione e quello di diffondere i contenuti della propria fede.

La maggioranza dei 10,2 milioni di abitanti del Paese è musulmano. Anche se l’islam è la religione di Stato, la Tunisia ha fama di essere tollerante nei confronti dei cristiani. La Costituzione difende la libertà di coscienza e la libera pratica della religione, anche per altre religioni. L’unica condizione è che non si metta in pericolo l’ordine pubblico.

Il cambiamento di religione non è condannato per legge, ma è ufficialmente proibito. Condividere con un musulmano il Vangelo viene considerato un tentativo di conversione o proselitismo, essendo anch’esso proibito.

La Chiesa cattolica gode di riconoscimento e ha i propri edifici, tra cui la Cattedrale di Tunisi, ma altre minoranze, come i cristiani evangelici, dall’indipendenza del Paese nel 1956 non hanno lo status di gruppo religioso riconosciuto. Questa situazione, nella pratica, li pone in una condizione di illegalità, costringendoli a riunirsi in luoghi privati.

I convertiti dall’islam incontrano grandi difficoltà nelle proprie famiglie. Spesso non trovano lavoro, o perdono quello che avevano.

Dal 2007, i cristiani di origine musulmana vivono sotto una pressione maggiore. I cristiani stranieri sono esaminati con più attenzione, e credono che i loro telefoni siano controllati. I pastori della comunità straniere sono sotto vigilanza, e l’importazione di libri cristiani, soprattutto in arabo, incontra molte difficoltà.

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ZENIT Staff

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