L’indignazione delle suore anti-tratta per il Ruby-gate

Nei silenzi degli uomini, “troppa omertà” e “nascosta compiacenza”

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di Chiara Santomiero

ROMA, venerdì, 28 gennaio 2011 (ZENIT.org).- “Le costanti notizie di cronaca che in queste ultime settimane si susseguono con spudoratezza sui nostri giornali e nelle trasmissioni televisive e radiofoniche ci sgomentano e ci portano a pensare che siamo ancora molto lontani dal considerare la donna per ciò che è veramente e non semplicemente un oggetto o una merce da usare a piacimento per interessi personali”.

Non è la voce di una femminista d’antan che si alza a condannare una visione del corpo femminile considerato alla stregua di un bene di consumo più o meno di lusso, ma quella di una donna che di femminilità ferita se ne intende perché da anni si è chinata sulle sfortunate vittime della tratta che riempiono le strade italiane. Suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata, è responsabile dell’Ufficio “Tratta donne e minori” dell’Unione superiore maggiori d’Italia e quasi non avrebbe bisogno di presentazione perché per combattere, insieme a molte altre religiose in Italia, questa piaga specie per fini di sfruttamento sessuale, ha bussato a tutte le porte: dai conventi, perché si aprissero all’accoglienza delle donne che riuscivano ad uscire da questi gironi infernali, alla polizia, alle questure, ai Centri di permanenza temporanea, ai politici, ai media.

Già, i media. “In molti ci domandiamo – prosegue suor Bonetti nella sua ‘Riflessione sulla dignità della donna alla luce dell’immagine presentata dai mezzi di comunicazione’ – il perché di tutte queste notizie mediatiche e soprattutto ci chiediamo che immagine stiamo dando della donna e del suo ruolo nella società e nella famiglia, a prescindere dai fatti di cronaca, dalla veridicità o meno di ciò che ci viene presentato, dal linguaggio usato senza vergogna”.

E prima che a qualcuno venga in mente di dire “non sono argomenti da suore…”, suor Bonetti chiarisce: “Come donne che vivono e operano per una vocazione di amore e servizio alla vita e al rispetto della dignità di ogni essere umano, non possiamo tacere esonerandoci dall’esprimere la nostra preoccupazione ed il nostro sdegno per lo scempio che stiamo facendo della donna e del mancato rispetto della sua sacralità e identità”.

Difficile da contestare, anche perché “in questi ultimi vent’anni le religiose hanno conosciuto in modo particolare sulle nostre strade il volto e gli orrori causati dalla tratta di esseri umani, specie di donne e minori per l’umiliante e degradante uso dello sfruttamento sessuale del loro corpo. La maggior parte sono giovani immigrate, usate come fonte di piacere e di guadagno”. Così “molte delle nostre comunità religiose, fedeli ai loro carismi di fondazione, hanno accolto in questi ultimi anni migliaia di queste donne che si ribellavano a questo sfruttamento, offrendo loro protezione, rispetto e possibilità di ricostruire la loro vita distrutta e il loro futuro”.

Altro che “suorine”, dedite, nell’immaginario collettivo, a tenere lustri i corridoi dei conventi: le religiose oggi accompagnano di notte le unità di strada per avvicinare le ragazze costrette a prostituirsi ed entrano nei Cpt per aiutarne altre a trovare l’alternativa e la speranza che erano venute a cercare in Italia. Quando parlano di servizio alla vita sanno cosa dicono.

Come suor Rita Giarretta e le tre consorelle Orsoline del S. Cuore di Maria che hanno dato vita, a Caserta, a “Casa Rut” un centro di accoglienza per giovani donne migranti, sole o con figli, in situazioni di gravi difficoltà. “Come donna, come consacrata – ha scritto suor Rita in una lettera aperta il 27 gennaio, festa di S. Angela Merici la cui regola è fondamento del carisma delle Orsoline – insieme alle mie consorelle, ho scelto di farmi ‘presenza amica’ accanto a queste giovani donne straniere, spesso minorenni, per offrire loro il vino della speranza, il pane della vita e il profumo della dignità”.

Di fronte allo spettacolo in corso in questi giorni di un potere che “riduce la donna a merce e dove fiumi di denaro e di promesse intrecciano corpi trasformati in oggetti di godimento, l’indignazione è grande!”, scrive suor Giarretta.

Come il Battista al re Erode, “sento di alzare la mia voce e dire ai nostri potenti e agli Erodi di turno, non ti è lecito!”. “Non ti è lecito – prosegue suor Giarretta – offendere e umiliare la ‘bellezza’ della donna; non ti è lecito trasformare le relazioni in merce di scambio, guidate da interessi e denaro; e soprattutto oggi non ti è lecito soffocare il cammino dei giovani nei loro desideri di autenticità, di bellezza, di trasparenza, di onesta. Tutto questo è il tradimento del Vangelo, della vita e della speranza!”.

E c’è anche una domanda che inquieta ulteriormente: “dove sono gli uomini, dove sono i maschi? Poche sono le loro voci, anche dei credenti, che si alzano chiare e forti. Nei loro silenzi c’è ancora troppa omertà, nascosta compiacenza e forse sottile invidia. Credo che dentro questo mondo maschile, dove le relazioni e i rapporti sono spesso esercitati nel segno del potere, c’è un grande bisogno di liberazione”.

Una domanda e una considerazione che forse mettono a disagio, ma che è necessario porsi quando i dati affermano che in Italia esiste, secondo “stime prudenziali”, un mercato di circa 10 milioni di richieste di sesso a pagamento al mese.

“In questi ultimi tempi – denuncia suor Bonetti – si è cercato di eliminare la prostituzione di strada perché dava fastidio e disturbava i sedicenti benpensanti e abbiamo voluto rinchiuderla in luoghi meno visibili, ma non ci rendiamo conto che una prostituzione del corpo e dell’immagine della donna è diventata ormai parte integrante nei nostri programmi e notizie televisive, alla portata di tutti”. Tutto questo “purtroppo educa allo sfruttamento, al sopruso, al piacere, al potere, senza alcuna preoccupazione delle dolorose conseguenze sui nostri giovani che vi vedono modelli da imitare”.

“Quanta fatica e quanto tempo – avverte suor Bonetti – occorrono per poter guarire le ferite causate dalla violenza e dall’egoismo umano per ricostruire la personalità di una giovane donna vittima di inganni e di soprusi!”.

A fronte di tutto questo “il nostro servizio di donne a favore di altre donne – oltre che continuare a essere una forte denuncia fatta non solo a parole bensì attraverso la testimonianza concreta della nostra vita – vuole essere una risposta adeguata a tante giovani, vittime in modi diversi dei nostri modelli di vita, affinché possano crescere e recuperare la dimensione e la gioia di ritornare ad essere protagoniste del loro futuro”. “Il loro successo vero ed il loro avvenire – sottolinea suor Bonetti – non possono essere basati sul denaro, sulla carriera o sui privilegi dei potenti, bensì sulle loro capacità umane, sulla loro bellezza interiore e sul loro senso di responsabilità”.

Tutte le religiose che “in varie parti d’Italia ogni giorno con coraggio e dedizione, non curanti dei rischi e della fatica” aiutano donne ferite a riacquistare la propria dignità, vogliono “ricordare a società e Chiesa, politici e persone comuni, giovani e anziani, uomini e donne, che l’onestà, il rispetto della dignità e identità di ogni persona è il capitale più grande su cui un Paese civile deve saper investire e conservare per noi oggi e per le generazioni future”.

E in attesa che anche gli uomini trovino le parole per farlo…grazie suor Eugenia, suor Rita e consorelle e tutte le altre.

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ZENIT Staff

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