ROMA, mercoledì, 22 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Quando, nel 1982, la Comunità di Sant'Egidio accolse circa 20 poveri per il pranzo di Natale nella Basilica romana di Santa Maria in Trastevere, forse pochi immaginavano che questa iniziativa si sarebbe diffusa in tutto il mondo.

Nel 1982 vennero accolti alcuni anziani del quartiere di cui i membri della comunità erano amici da tempo e che quel giorno sarebbero rimasti soli, e alcune persone senza fissa dimora conosciute nelle strade di Roma.

Da quel primo pranzo, ricorda l'organizzazione, “la tavola si è allargata di anno in anno e da Trastevere ha raggiunto tante parti del mondo, dovunque la Comunità è presente”.

Lo scorso anno sono state coinvolte più di 100.000 persone nei cinque continenti.

“La festa si fa nelle chiese, nelle case, ma anche negli istituti per anziani, per bambini, per disabili, nelle carceri, negli ospedali, perfino nelle strade”, spiega la Comunità, “perché il senso è portare la festa - anche negli angoli più bui, più freddi, più sperduti e dimenticati - nella convinzione che Natale è il giorno più bello dell'anno, ma può diventare anche una data triste per quanti sono in difficoltà”.

La festa inizia la sera del 24 dicembre con le tante cene in strada con chi non ha casa.

“Il cibo, un regalo semplice, un piccolo presepe, l'alberello di Natale, la musica, ma soprattutto l'amicizia, la gioia, l'attenzione ad ognuno sono gli 'ingredienti' di una festa bella perché piena di amore”.

Nel corso degli anni, l'iniziativa “si è andata allargando, come per un benefico contagio, e ha raggiunto anche tanti paesi del Sud del mondo in tutti i continenti”.

Si fanno “feste belle, in molti casi organizzate con pochissimi mezzi e con un grande impegno da parte di giovani che vivono per lo più in situazioni di povertà se non di conflitto”.

Mondo

La Comunità di Sant'Egidio ricorda che lo scorso anno in America “migliaia di persone hanno fatto festa in Salvador, Messico, Argentina, Guatemala, Ecuador, Cile e anche a Cuba, dove gli adolescenti che crescono con la Comunità hanno organizzato e animato un pranzo per gli anziani”.

In molte città dell'Indonesia, il più popoloso Paese musulmano del mondo, “l'invito della Comunità rappresenta un momento di festa e di amicizia tra le diverse comunità religiose”, così come avviene in Pakistan.

“Anche in tanti luoghi dell'Africa arriverà la gioia della festa – aggiunge la Comunità –: nel solo Mozambico il Natale sarà festeggiato in moltissime città, coinvolgendo bambini di strada, mendicanti, lebbrosi, ciechi, famiglie povere e tanti carcerati”.

In Africa, “la povertà emerge con particolare durezza nelle carceri”, che nella maggior parte dei casi non hanno letti né bagni e dove le celle sono affollatissime.

“Le condizioni igieniche sono pessime: ci si ammala facilmente e a volte si muore. Il vitto fornito dall'istituzione carceraria è insufficiente. Chi non ha parenti che portano il cibo soffre per la fame”.

Per questo motivo, “molte comunità africane, in Mozambico, Guinea Conakry, Burkina Faso, in Burundi, in Camerun, a Capo Verde, in Ciad, non solo visitano regolarmente i carcerati, ma nel giorno di Natale preparano un pasto che è per tanti l'unico vero pranzo di tutto l'anno”.