di Paul De Maeyer
ROMA, martedì, 21 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Il boia è tornato in azione negli Stati Uniti. Giovedì 16 dicembre, è stato giustiziato nella camera della morte dell’Oklahoma State Penitentiary, nella città di McAlester, il detenuto cinquantottenne John David Duty. L’uomo era stato condannato alla pena capitale tramite iniezione letale per aver ucciso per soffocamento nel 2001 il suo allora compagno di cella, il ventiduenne Curtis Wise. Duty è stato dichiarato morto alle 6 e 18 del pomeriggio (ora locale). Prima di morire, il condannato ha chiesto perdono ai parenti della vittima. “Spero – così ha dichiarato Duty – che un giorno potrete perdonarmi”. Come ha riferito l’agenzia Associated Press (AP), il condannato si è poi rivolto a Gesù. “Grazie, Signore Gesù, sono pronto a tornare a casa”, sono state le sue ultime parole.
Duty è il 46° condannato a morte ad essere giustiziato quest’anno negli Stati Uniti. Ma secondo gli esperti, è anche il primo condannato a morire con una combinazione letale di farmaci, fra i quali un noto e potente anestetico usato normalmente in veterinaria per sopprimere animali malati o feriti, il pentobarbital.
Lo Stato dell’Oklahoma aveva proposto lo scorso mese l’utilizzo della molecola in sostituzione di un altro farmaco finora usato come anestetico nelle esecuzioni con l’iniezione letale, il Pentotal o sodio tiopentale (C11H17N2O2SNa), le cui scorte sono quasi esaurite negli USA a causa di un blocco della produzione. Quest’estate, l’unico fabbricante americano del farmaco, la Hospira Inc., ha sospeso la produzione dell’anestetico in seguito alla mancanza di uno dei componenti. L’azienda, con sede a Lake Forest, nell’Illinois, ha d’altronde fatto sapere che il Pentotal è un anestetico che serve in chirurgia per salvare vite e “non è indicato per punizioni capitali” (Wall Street Journal, 9 novembre).
Nell’esecuzione di Jeffrey Landrigan, avvenuta il 26 ottobre scorso nello Stato dell’Arizona, è stato impiegato il tiopentale sodico importato dalla Gran Bretagna. Almeno in parte per la mancanza del farmaco, un giudice federale della California, Jeremy Fogel, ha deciso di rimandare l’esecuzione di un altro condannato a morte, Albert Greenwood Brown Jr., programmata per il 30 settembre. Come ha ricordato sempre il Wall Street Journal, l’esecuzione di Brown Jr. sarebbe stata la prima in quasi cinque anni nel “Golden State”.
A ricorrere contro la decisione dell’Oklahoma di sostituire il Pentotal con il pentobarbital sono stati i legali di Duty e di un altro condannato a morte, Jeffrey Matthews, la cui esecuzione non è ancora programmata. Secondo gli avvocati, il sedativo veterinario sarebbe “non testato, potenzialmente pericoloso e potrebbe anzi portare ad un’esecuzione tormentata”. Il suo utilizzo sarebbe dunque non conforme alla Costituzione USA, che nell’Ottavo Emendamento vieta infatti di fare ricorso a “pene crudeli e inusitate” (cruel and unusual punishments). Da parte sua, il Department of Corrections (Dipartimento Penitenziario) dello Stato dell’Oklahoma sostiene che il pentobarbital è “un anestetico ideale per un’eutanasia umana sugli animali” e “sostanzialmente” simile al tiopentale sodico (Wall Street Journal, idem).
A seguire la linea ufficiale è stato un giudice federale di Oklahoma City, Stephen Friot, che venerdì 19 novembre ha respinto il ricorso dei legali di Duty e di Matthews, e la loro richiesta di rimandare l’esecuzione di Duty. Il via libera all’utilizzo della molecola nelle esecuzioni di condannati a morte nell’Oklahoma è stato convalidato in appello martedì scorso, il 14 dicembre, dalla 10th Circuit Court of Appeals. Gli oppositori alla pena di morte temono adesso che l’Oklahoma servirà da apripista e che presto altri Stati faranno ricorso all’anestetico veterinario.
La notizia dell’esecuzione di Duty con un cocktail letale al pentobarbital ha sollevato sdegno e polemiche, anche all’estero. Per il quotidiano messicano Vanguardia (18 dicembre), Duty è stato messo a morte “como una moscota”, ovvero “come un animale da compagnia”. Simile è il titolo usato dal sito svizzero Blick.ch – “wie ein Tier” (come un animale) – e in Italia dall’Agenzia Radicale per annunciare l’esecuzione. “USA: John David Duty muore da animale”, così si legge il 17 dicembre sul sito Internet, il quale ripete che il pentobarbital sodico “non è mai stato testato sull’uomo”.
Purtroppo non è così. Il pentobarbital viene infatti utilizzato non solo nella soppressione di animali ma anche nel cosiddetto “suicidio medicalmente assistito”, e questo anche negli stessi Stati Uniti. Come ha spiegato il dottor Kenneth R. Stevens[1], sul sito della Physicians for Compassionate Care Educational Foundation (PCCEF), nel 2003-2004 il 78% (ovvero 62 su un totale di 79) dei casi di suicidio assistito nell’Oregon – il primo Stato americano ad aver legalizzato la prassi (la “Oregon Death with Dignity Act” del 1997) – è avvenuto tramite l’assunzione di un cocktail letale che utilizza la discussa molecola.
Anche in Olanda, i medici prescrivono il pentobarbital alle persone che scelgono il suicidio assistito (ma utilizzano invece il tiopentale sodico per l’eutanasia attiva). Inoltre, a ricorrere all’anestetico veterinario è la molto discussa associazione svizzera per il suicidio assistito Dignitas. Ed in Australia, il polemico dottor Philip Nitschke – noto anche come il “Dottor Morte” – suggerisce ai candidati suicidi (malati terminali e non) di procurarsi il pentobarbital in paesi come il Messico, dove è in vendita sotto il nome commerciale Nembutal, o la più vicina Thailandia, e di importalo illegalmente nel paese. Secondo un rapporto reso pubblico nel febbraio scorso dal Victorian Institute of Forensic Medicine e basato sui dati del National Coroners Information Service, 50 cittadini australiani (dei quali alcuni appena ventenni e trentenni) hanno commesso suicidio utilizzando proprio il Nembutal (The Australian, 18 febbraio).
La domanda che rimane è: se il pentobarbital non va bene per le esecuzioni, allora perché va bene per il suicidio medicalmente assistito? Infatti, il ricorso al sedativo non è libero da complicazioni. Come ha ricordato il dottor Stevens, esistono casi di suicidio medicalmente assistito andati drammaticamente storti nell’Oregon (anche se i rapporti annuali dello Stato preferiscono mantenere il silenzio). Uno di questi è quello di un paziente terminale di cancro, David Pruiett, rivelato dal quotidiano The Oregonian (4 marzo 2005). Caduto in coma dopo aver bevuto la soluzione letale, l’uomo si è risvegliato dopo tre giorni con la domanda: “Perché non sono morto?”. In altri casi, il decesso è subentrato con un grande ritardo: nel 2004, quattro persone sono vissute ancora da 7,5 ore a 31 ore dopo aver preso l’elixir della “morte dolce”.
Come dice il detto: “uomo avvisato, mezzo salvato”.
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