Il Papa: la dimensione pubblica, essenziale per la libertà religiosa

Pubblicato il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011

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CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 16 dicembre 2010 (ZENIT.org).- La dimensione pubblica è una componente fondamentale della libertà religiosa, e deve quindi essere garantita perché gli uomini possano progredire verso “un autentico sviluppo umano integrale”. 

Papa Benedetto XVI lo afferma nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011, sul tema “Libertà religiosa, via per la pace”, diffuso questo giovedì dalla Sala Stampa della Santa Sede.

“La libertà religiosa, come ogni libertà, pur muovendo dalla sfera personale, si realizza nella relazione con gli altri”, afferma il Pontefice nel testo.

“Una libertà senza relazione non è libertà compiuta”, aggiunge. Per questo, “la libertà religiosa non si esaurisce nella sola dimensione individuale, ma si attua nella propria comunità e nella società, coerentemente con l’essere relazionale della persona e con la natura pubblica della religione”.

La relazionalità è infatti “una componente decisiva della libertà religiosa, che spinge le comunità dei credenti a praticare la solidarietà per il bene comune”.

Questo giovedì, nel presentare nella Sala Stampa vaticana il messaggio papale, il Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha detto che sebbene la libertà religiosa non si limiti al libero esercizio del culto e non sia “creata” dallo Stato, “esso, tuttavia, deve riconoscerla come intrinseca alla persona umana e le sue espressioni pubbliche e comunitarie”.

“Questo riconoscimento – ha aggiunto – e il rispetto per l’innata dignità di ogni persona implicano anche il principio della responsabilità di proteggere da parte della comunità, della società e dello Stato”.

Contributo alla società

“Come negare il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà?”, chiede Benedetto XVI, sottolineando che “la sincera ricerca di Dio ha portato ad un maggiore rispetto della dignità dell’uomo”.

“Le comunità cristiane, con il loro patrimonio di valori e principi, hanno fortemente contribuito alla presa di coscienza delle persone e dei popoli circa la propria identità e dignità, nonché alla conquista di istituzioni democratiche e all’affermazione dei diritti dell’uomo e dei suoi corrispettivi doveri”.

Anche nella società odierna, “sempre più globalizzata”, i cristiani “sono chiamati, non solo con un responsabile impegno civile, economico e politico, ma anche con la testimonianza della propria carità e fede, ad offrire un contributo prezioso al faticoso ed esaltante impegno per la giustizia, per lo sviluppo umano integrale e per il retto ordinamento delle realtà umane”.

“L’esclusione della religione dalla vita pubblica sottrae a questa uno spazio vitale che apre alla trascendenza – aggiunge –. Senza quest’esperienza primaria risulta arduo orientare le società verso principi etici universali e diventa difficile stabilire ordinamenti nazionali e internazionali in cui i diritti e le libertà fondamentali possano essere pienamente riconosciuti e realizzati”.

Fattore di unità

La dimensione pubblica, prosegue il Pontefice, è fondamentale anche perché le religioni “possono costituire un importante fattore di unità e di pace per la famiglia umana”.

“Per la Chiesa il dialogo tra i seguaci di diverse religioni costituisce uno strumento importante per collaborare con tutte le comunità religiose al bene comune”, osserva, sottolineando che “quella indicata non è la strada del relativismo, o del sincretismo religioso”, perché la Chiesa “annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è via, verità e vita”.

Il Vescovo di Roma ricorda poi che nel 2011 ricorre il 25° anniversario della Giornata mondiale di preghiera per la pace convocata ad Assisi nel 1986 da Papa Giovanni Paolo II.

“In quell’occasione i leader delle grandi religioni del mondo hanno testimoniato come la religione sia un fattore di unione e di pace, e non di divisione e di conflitto”, constata Benedetto XVI. “Il ricordo di quell’esperienza è un motivo di speranza per un futuro in cui tutti i credenti si sentano e si rendano autenticamente operatori di giustizia e di pace”.

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ZENIT Staff

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