Gli immigrati, “iniezione di entusiasmo nelle società di accoglienza”

Monsignor Vegliò interviene in Campidoglio

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di Roberta Sciamplicotti

ROMA, martedì, 14 dicembre 2010 (ZENIT.org).- “Un’iniezione di entusiasmo” per le società di accoglienza: così ha descritto gli immigrati l’Arcivescovo Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.

Il presule è intervenuto venerdì a Roma, in Campidoglio, in occasione del Convegno “Mattone su Mattone”, un progetto di cooperazione trasnazionale tra Italia, Spagna e Filippine.

Nella sua Lectio Magistralis, l’Arcivescovo ha sottolineato che “in molti casi” “i lavoratori stranieri rappresentano un’iniezione di entusiasmo per la società che li riceve”.

“Grazie alla loro creatività, al loro ingegno e al loro desiderio di successo, essi rappresentano generalmente un prezioso contributo allo sviluppo del Paese d’accoglienza”.

La presenza di lavoratori stranieri e delle loro famiglie rappresenta inoltre “un elemento propulsore per lo sviluppo di alcuni settori quali l’alloggio, la ristorazione, le agenzie di viaggi e gli internet point”.

Allo stesso modo, non bisogna dimenticare che “molte società di destino vivono, grazie all’immigrazione, una nuova primavera demografica, caratterizzata dall’aumento della fecondità e della natalità e dallo ‘svecchiamento’ generale della popolazione”.

“La convivenza di diverse collettività etniche in un unico territorio”, ha sottolineato il presule, offre poi “una grande opportunità di scambi culturali a diverso livello: linguistico, letterario, religioso, artistico, gastronomico”.

Paesi d’origine

Le migrazioni internazionali portano trasformazioni economiche positive anche per le società d’origine.

L’impiego di cittadini all’estero, infatti, “contribuisce a diminuire il tasso di disoccupazione e sottoccupazione a livello nazionale”, mentre le rimesse costituiscono “un prezioso introito di moneta pregiata che serve tanto a stabilizzare la moneta locale quanto a facilitare il pagamento del debito estero”.

Vi è anche “un miglioramento nelle condizioni di vita delle famiglie dei migranti, soprattutto in termini di maggiore potere d’acquisto”.

In molti Paesi, inoltre, “le amministrazioni locali di provenienza dei migranti godono della solidarietà e della generosità filantropica dei loro cittadini residenti all’estero”, con “iniezioni di capitale” che giovano spesso allo sviluppo economico locale.

Non di rado, poi, chi torna in patria dopo essere emigrato ha “una certa propensione per l’impegno sociale, che si manifesta spesso nel servizio presso organizzazioni non governative”.

Ombre

Per avere “una visione obiettiva del nesso tra migrazione e sviluppo”, ha rilevato monsignor Vegliò, bisogna analizzare anche le ombre del fenomeno migratorio, i cui costi ricadono soprattutto sulle società d’origine dei migranti.

“Se da una parte il denaro inviato dai migranti permette alle famiglie in patria di sussistere – ha osservato –, dall’altra sembra che in molti casi le rimesse non abbiano il potere di emancipare tali famiglie da situazioni di sostanziale povertà”.

La crescente presenza femminile nei movimenti migratori, inoltre, “ha generato in molti casi una rivoluzione nei ruoli tradizionali all’interno della famiglia”. “Studi recenti hanno rivelato come i padri riescono difficilmente a sostituire le madri nella cura dei figli”.

“La partenza massiccia di giovani lavoratori nel pieno delle forze”, poi, “rappresenta già di per sé un impoverimento di capitale umano, con effetti deleteri sullo sviluppo locale sostenibile”, e tale impoverimento “è reso più acuto dalle politiche di reclutamento mirato e di selezione migratoria applicate da alcuni Paesi di destino”.

“La fuga delle giovani generazioni, tra l’altro, pone il serio problema della cura degli anziani, tradizionalmente affidata ai figli o ai nipoti”.

Allo stesso modo, bisogna riconoscere “una sostanziale perdita di fiducia da parte dei migranti nei confronti del proprio Stato e/o Governo che li ha ‘spinti’ a emigrare”, sentimento che può avere   “conseguenze nefaste sulla disponibilità degli stessi migranti a collaborare attivamente per lo sviluppo del proprio Paese”.

Obiettivi

In questo contesto complesso, “l’insegnamento della Chiesa, particolarmente attento alla tutela e alla promozione di ogni persona umana, anche di coloro che sono coinvolti nei fenomeni migratori, fa appello ai doveri di solidarietà e di accoglienza da parte delle società di destinazione dei flussi migratori”.

Ad ogni modo, la Chiesa non manca “di individuare doveri anche per i migranti, di parlare di ‘reciprocità’, nel senso che l’integrazione non impegna solo chi accoglie ma anche chi viene accolto, e di proporre l’’integrazione sociale’, accompagnata dalla ‘sintesi culturale’”.

Indica inoltre la necessità di un uguale diritto ai beni della terra, perché “il nesso tra migrazione e sviluppo non può essere letto in chiave positiva finché non vi è rispetto del principio di corresponsabilità nello sviluppo dell’umanità, principio fondato sulla chiara coscienza della destinazione universale dei beni”.

Esorta poi a predisporre politiche e programmi che tengano conto “della centralità della persona umana e della sua intangibile dignità”, “per cui va sempre riaffermata l’inviolabilità dei diritti umani fondamentali, indipendentemente dalla situazione migratoria contingente”.

“L’impegno nella difesa e nella promozione della dignità umana – ha concluso monsignor Vegliò – non può essere sottomesso a interessi economici o di sicurezza nazionale”.

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ZENIT Staff

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