CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 12 dicembre 2010 (ZENIT.org).- La pazienza e la costanza sono la sintesi tra l’impegno dell’uomo e la capacità di affidarsi a Dio, ha affermato Benedetto XVI in questa terza Domenica d’Avvento nel discorso che ha rivolto ai pellegrini e ai fedeli giunti in Piazza San Pietro per la recita dell’Angelus domenicale.
Il Pontefice ha ricordato che nella liturgia del giorno veniva proposto un passo della Lettera di San Giacomo che si apre con l’esortazione “Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore”.
“Mi sembra quanto mai importante, ai nostri giorni, sottolineare il valore della costanza e della pazienza, virtù che appartenevano al bagaglio normale dei nostri padri, ma che oggi sono meno popolari, in un mondo che esalta, piuttosto, il cambiamento e la capacità di adattarsi a sempre nuove e diverse situazioni”, ha osservato.
“Senza nulla togliere a questi aspetti, che pure sono qualità dell’essere umano, l’Avvento ci chiama a potenziare quella tenacia interiore e quella resistenza dell’animo che ci permettono di non disperare nell’attesa di un bene che tarda a venire, ma di aspettarlo, anzi, di prepararne la venuta con fiducia operosa”.
Nella sua Lettera, San Giacomo esorta a guardare all’agricoltore, che “aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge”.
“Il paragone con il contadino è molto espressivo”, ha segnalato Benedetto XVI: “chi ha seminato nel campo, ha davanti a sé alcuni mesi di attesa paziente e costante, ma sa che il seme nel frattempo compie il suo ciclo, grazie alle piogge di autunno e di primavera”.
“L’agricoltore non è fatalista, ma è modello di una mentalità che unisce in modo equilibrato la fede e la ragione, perché, da una parte, conosce le leggi della natura e compie bene il suo lavoro, e, dall’altra, confida nella Provvidenza, perché alcune cose fondamentali non sono nelle sue mani, ma nelle mani di Dio”.
“La pazienza e la costanza sono proprio sintesi tra l’impegno umano e l’affidamento a Dio”, ha rilevato.
“Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina”, scrive ancora San Giacomo.
“Come possiamo fare questo? – ha chiesto il Papa -. “Come possiamo rendere più forti i nostri cuori, già di per sé piuttosto fragili, e resi ancora più instabili dalla cultura in cui siamo immersi?”.
“L’aiuto non ci manca – ha risposto –: è la Parola di Dio”.
“Mentre tutto passa e muta”, infatti, “la Parola del Signore non passa. Se le vicende della vita ci fanno sentire smarriti e ogni certezza sembra crollare, abbiamo una bussola per trovare l’orientamento, abbiamo un’ancora per non andare alla deriva”.
In questo contesto, il modello che ci viene offerto “è quello dei profeti, cioè di quelle persone che Dio ha chiamato perché parlino in suo nome”.
“Il profeta trova la sua gioia e la sua forza nella Parola del Signore, e, mentre gli uomini cercano spesso la felicità per strade che si rivelano sbagliate, egli annuncia la vera speranza, quella che non delude perché è fondata sulla fedeltà di Dio”.
“Ogni cristiano, in forza del Battesimo, ha ricevuto la dignità profetica”, ha concluso il Papa. “Possa ciascuno riscoprirla e alimentarla, con un assiduo ascolto della divina Parola”, ha auspicato.
Dopo il suo intervento, il Pontefice ha poi salutato i circa 2000 bambini, coordinati dal Centro Oratori Romani, giunti in Piazza San Pietro per la benedizione dei “Bambinelli”, le statuine di Gesù che metteranno nei presepi delle famiglie, delle scuole e delle parrocchie.
“Cari giovani amici – ha detto loro –, quando metterete il Bambinello nella grotta o nella capanna, dite una preghiera per il Papa e per le sue intenzioni”.
Nel pomeriggio di giovedì prossimo, 16 dicembre, il Pontefice celebrerà nella Basilica di San Pietro la Liturgia dei Vespri con gli universitari degli Atenei romani, in preparazione al Natale.