La nostra vita cristiana non mondana

di padre Piero Gheddo*

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ROMA, mercoledì, 8 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Il tempo dell’Avvento che stiamo vivendo ci prepara al Natale di Gesù, la seconda persona della SS. Trinità che si fa uomo per liberarci dal peccato e dalla morte eterna. La figura dominante in questo tempo liturgico è Giovanni Battista, l’ultimo grande profeta che viveva e predicava nel deserto, dormiva nelle grotte. Il Vangelo di S. Matteo dice: “Giovanni portava un vestito di peli di cammello con una cintura di pelle attorno ai fianchi; suo cibo erano le locuste (le cavallette) e il miele selvatico. Accorrevano a lui da Gerusalemme e da tutta la Giudea e si facevano battezzare nel fiume Giordano, confessando  i loro peccati”.

Giovanni predicava la conversione a Dio e il perdono dei peccati, cioè un cambiamento radicale di vita. Aveva una voce tonante e: “Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, diceva loro: razza di vipere! Chi vi ha detto che scamperete all’ira imminente? Fate dunque frutti degni della conversione e non crediate di dire in voi stessi: “Abbiamo  Abramo per padre”, perché io vi dico che Dio può far sorgere dei figli di Abramo da queste pietre… Ogni albero che non produce frutti buoni sarà reciso e gettato nel fuoco”.

Il Battista era venerato da tutti come un uomo di Dio e quando tuonava con la sua grande voce era credibile perchè la sua vita mortificata e tutta consacrata a Dio parlava per lui. Predicava usando parole di fuoco, gridava contro i rappresentanti del mondo ebraico nel quale doveva nascere Gesù, scuoteva i suoi ascoltatori facendoli riflettere. Chiedeva non qualche aggiustamento o ritocco dei costumi del tempo, ma un radicale cambiamento di vita. Perché questa violenza e queste accuse dirette? Giovanni era stato santificato fin dal seno di sua madre Elisabetta, cioè aveva fatto l’esperienza della santità di Dio e di conseguenza aveva un senso drammatico del peccato e della penitenza. Tre riflessioni:

1) L’Avvento ci chiama a convertirci a Cristo, a vivere una vita di amore a Dio e al prossimo, ispirata al modello di Gesù, in contrapposizione alle mode del mondo. La fede non significa solo dichiararsi cristiani, ma vivere da cristiani, cioè da persone che sinceramente accettano e tendono a imitare l’esempio e la parola di Gesù. Il cristiano e le comunità cristiane dovrebbero dare modelli di comportamento diversi da quelli del mondo. Se nel mondo c’è l’egoismo, noi dovremmo dare l’esempio di altruismo, se nel mondo c’è tristezza e pessimismo, noi dovremmo essere ottimisti e gioiosi perché ci fidiamo di Dio nostro Padre misericordioso.     

Oggi il nostro pericolo è di lasciarci omologare al mondo e alla società in cui viviamo, che spesso sono l’opposto del Vangelo e delle Beatitudini. Quando meditiamo il Vangelo e le Beatitudini, ci accorgiamo di quanto distanti siamo dal modello di Cristo e dei suoi Santi. Chiediamo al Signore la grazia di darci il senso drammatico del nostro peccato e di quello che ci manca per essere autentici seguaci di Gesù Cristo.                          

2) Mi chiedo se noi preti siamo ancora capaci di scuotere chi ci ascolta, di mettere in crisi noi stessi e i cristiani del nostro tempo. Spesso ci accontentiamo di leggere il Vangelo edulcorandolo, di perderci in spiegazioni esegetiche e culturali, di predicare in modo accomodante in cui tutti si ritrovano.

Una delle mentalità più comuni nel nostro tempo è di lamentarci delle situazioni in cui viviamo, accusando gli altri, cioè non mettendo in questione noi stessi. I nostri discorsi sono spesso pessimisti, come i nostri giornali e telegiornali. Leggiamo e parliamo di corruzione, rapine, furti, ci formiamo l’idea che attorno a noi ci sono tanti malfattori, ladri e farabutti. Noi ci tiriamo fuori, la colpa è sempre degli altri.  E’ un’immagine sbagliata: non ci sono i malvagi e i delinquenti in modo assoluto, come non ci sono i santi in senso assoluto. Siamo tutti un po’ santi e un po’ briganti, in modo diverso si capisce, ma solo Dio giudica conoscendo a fondo le singole persone.

Giorni fa vado dal parrucchiere. Ci sono alcuni uomini che aspettano, io leggo il giornale e sento che stanno parlando in questo senso: le cose vanno male, l’Italia è diventata invivibile per colpa del governo, dei sindacati, degli evasori fiscali, dei giornalisti, della mafia e della camorra che sono giunte anche a Milano. Poi il parrucchiere mi taglia i capelli, pago il servizio e chiedo: “Mi dà lo scontrino fiscale?” e lui dice: “Ma non è necessario, padre, lei è venuto a trovare un amico…”. Condannava gli evasori fiscali e non si accorgeva di essere anche lui uno dei tanti. Oggi Giovanni Battista chiede a ciascuno di noi di ripensare alla nostra vita, di convertirci dei nostri peccati e comportamenti sbagliati secondo il Vangelo e le Beatitudini. Confessare i nostri peccati, non quelli degli altri.

3) Il Battista, prima di predicare la conversione, si era messo lui stesso sulla via della conversione e raccomandava la penitenza. Viveva una vita austera, mortificata, nel silenzio e nell’isolamento del deserto.

Il mondo rifiuta il sacrificio, la rinunzia, la mortificazione, la sofferenza. Il cristiano sa che non c’è salvezza senza la Croce. Cari fratelli e sorelle, dobbiamo metterci anche noi in questa via di mortificazione e di conversione. Non possiamo andare nel deserto, non possiamo mangiare cavallette e miele selvatico,  né vestire una pelle di cammello. Ma possiamo e dobbiamo fare un po’ di silenzio nella nostra vita: ad esempio rinunziare a qualche chiacchiera inutile, a qualche distrazione televisiva. La tradizione cristiana nella quale siamo stati educati, ci ha lasciato la formula del “fioretto”, cioè la rinunzia volontaria a qualcosa che piace e che potremmo facilmente concederci, per mortificare il nostro corpo. Un santo ha scritto: “Dobbiamo mortificarci nelle cose piccole, per poter accettare gioiosamente le grandi rinunzie e sofferenze a cui la vita cristiana ci chiama”. Il rinnovamento della vita e il ringiovanimento dello spirito vengono da questa disponibilità alla voce del Battista che grida anche a noi: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Ogni burrone sia riempito, ogni colle sia abbassato,  le vie tortuose siano raddrizzate e le aspre diventino piane. Così ogni carne vedrà la salvezza di Dio!”.

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*Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di Mondo e Missione e di Italia Missionaria, è stato tra i fondatori della Emi (1955), di Mani Tese (1973) e Asia News (1986). Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente scrivendo oltre 80 libri. Ha diretto a Roma l’Ufficio storico del Pime e postulatore di cause di canonizzazione. Oggi risiede a Milano.

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ZENIT Staff

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