Un’infanzia di persecuzioni in preparazione al ministero (parte II)

Intervista all’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz

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MINSK (Bielorussia), lunedì, 6 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Nonostante le difficoltà insite nel vivere il ministero in una società atea, l’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz sostiene che la fede dei cattolici è rimasta forte anche nella persecuzione.

In questa intervista rilasciata al programma televisivo “Where God Weeps”, realizzato da Catholic Radio and Television Network (CRTN), in collaborazione con Aiuto alla Chiesa che soffre, l’arcivescovo di Minsk-Mohilev ha parlato della forza della fede delle persone intorno a lui e di ciò che esse possono offrire alla Chiesa universale.

Nato a Odelsk, nei pressi di Grodno, in Bielorussia (l’attuale Repubblica di Belarus) nel 1946, è stato ordinato sacerdote nel 1981. Nel 1989 è stato consacrato vescovo. Dal 2007, mons. Kondrusiewicz è a capo dell’arcidiocesi di Minsk-Mohilev.

La prima parte di questa intervista è stata pubblicata il 29 novembre 2010.

Come è stato per lei vivere da sacerdote nell’epoca comunista?

Arcivescovo Kondrusiewicz: Bisognava stare molto attenti a ciò che si diceva o persino pensava, ma per diversi anni ho servito come sacerdote in Lituania. Era una situazione diversa rispetto alla Bielorussia e alla Russia. C’era una maggiore libertà.

Avevamo anche molti più preti in città come Vilnius dove stavo io. Eravamo dieci sacerdoti. Non era male. Ora ce ne sono di meno.

Lo svolgimento delle funzioni liturgiche nelle chiese era permesso, mentre era più difficile poter svolgere la pastorale negli ospedali; non era possibile visitare gli ammalati. Molto spesso gli stessi medici non lo consentivano. Così invitavamo i pazienti a raggiungerci nella nostra auto parcheggiata fuori e lì facevamo le confessioni. Ma ciò era possibile solo se il paziente era in grado di camminare. Per chi non poteva camminare cercavamo di visitarli negli ospedali come visitatori. Tenevamo tutto in tasca. Ascoltavamo le confessioni di tutti. Non era l’ideale ma dovevamo assisterli in qualche modo.

Più tardi, quando è andato in Russia come vescovo era stato chiamato a benedire la pietra di una chiesa, ma non era rimasta alcuna chiesa. Ci può raccontare come è andata?

Arcivescovo Kondrusiewicz: È una storia molto interessante e toccante. È avvenuta in una città chiamata Marx. La chiesa era stata distrutta e abbiamo avuto il permesso di costruirne una nuova.

Io ero andato perché dovevo benedire la pietra angolare della nuova chiesa. Mi è stato presentato un semplice mattone, chiedendomi di benedirlo perché fosse usato come pietra angolare. Era una richiesta accettabile, ma a me ha sorpreso perché era un classico, ordinario, vecchio mattone rosso. Normalmente si cercano pietre provenienti da Roma o Fatima, per farne le pietre angolari.

Allora mi è stata raccontata la storia: quando la chiesa è stata distrutta la gente ha preso i mattoni e se li è portati a casa. Quel mattone rosso era diventato il simbolo della chiesa distrutta e nel corso degli anni la gente pregava, accendeva candele e deponeva croci e fiori vicino ad esso. Usando quel mattone si è voluta dare continuità tra la vecchia chiesa e quella nuova in costruzione.

Un altro episodio è avvenuto a Grodno. Il governo voleva chiudere una chiesa. Ma quando i funzionari sono entrati nella chiesa hanno trovato gente distesa in forma di croce sul pavimento.

I funzionari non l’hanno potuta chiudere. Per 28 anni quella chiesa non ha avuto un sacerdote. Io sono stato il primo ad esservi stato assegnato dopo 28 anni. La gente per lungo tempo ha chiesto la presenza permanente di un prete in quella chiesa, ma le autorità rifiutavano sempre; dicevano “è più probabile che l’erba cresca sul palmo della mia mano che voi otteniate il permesso di avere un sacerdote in quella parrocchia”.

Adesso abbiamo una cattedrale e un vescovo. La gente ha sempre avuto una grande fede in Dio.

Un altro episodio è avvenuto in Bielorussia dove un solo sacerdote era incaricato di diverse parrocchie. Durante la Quaresima quel sacerdote non aveva raggiunto le chiese. La gente si chiedeva cosa fare. Allora una donna ha detto: “confesseremo i nostri peccati nel nome di Gesù”.

Ha preso una croce e l’ha collocata dove normalmente si facevano le confessioni e tutti hanno confessato i propri peccati alla croce, convinti della validità della confessione perché avevano aspettato ore in questa situazione e in effetti era così. Sono molti gli episodi analoghi che indicano l’amore per la Chiesa e la forza della fede.

Il comunismo è poi caduto. Guardandosi indietro, quale pensa sia stato il maggiore danno inferto dal comunismo ai cuori della gente?

Arcivescovo Kondrusiewicz: Settant’anni di comunismo caratterizzati da persecuzioni hanno procurato danni al cuore e all’anima della gente.

D’altra parte assistiamo ora ad un processo di secolarizzazione che sta arrivando anche da noi. E gli effetti sono molto più devastanti. Stiamo cercando di dare una risposta per contrastare questo processo di secolarizzazione. Cosa abbiamo intenzione di fare?

In passato c’era un divieto imposto dall’esterno, alla Chiesa e alla fede cristiana. Oggi, invece, è la gente stessa che rifiuta la fede per volontà propria. Questo è più pericoloso.

Lei è l’arcivescovo cattolico di Minsk-Mohilev. A quanto ammonta la popolazione cattolica?

Arcivescovo Kondrusiewicz: La Belorussia (Belarus) ha circa 10 milioni di persone, di cui il 15% è cattolico, ovvero circa un milione e mezzo di persone. Abbiamo quattro diocesi, due seminari, 450 parrocchie e 440 preti. Circa 270 sono preti nativi o locali. Ma abbiamo bisogno di altri sacerdoti, di suore e un gran bisogno di strutture e chiese.

La città di Minsk, prima del 1917 non era così grande come oggi. La città conta oggi con due milioni di persone. Nel 1917 era una piccola città, eppure avevamo 17 chiese cattoliche. Oggi abbiamo solo quattro chiese cattoliche e due cappelle, per 300.000 fedeli. Prima era molto difficile ottenere il permesso per costruire nuove chiese e acquisire il terreno. Oggi invece la situazione è diversa.

Attualmente io ho sei appezzamenti di terreno su cui costruire nuove chiese e un altro terreno per costruire la curia. Lo scorso anno mi sono stati rilasciati i permessi per costruirne quattro. Quindi costruire non è un problema, il problema sono i finanziamenti.

Una delle chiese è stata costruita riconvertendola da un cinema. Quante Messe si celebrano lì?

Arcivescovo Kondrusiewicz: È la chiesa di San Simone e Sant’Elena, ma tutti la chiamano la chiesa rossa. La domenica si celebrano circa 15 Messe e talvolta si fanno tre Messe alla volta.

Ma comunque abbiamo bisogno anche delle chiese piccole. Adesso ho avuto il permesso per costruirle. Non sono chiese grandi che costano milioni, ma strutture piccole del costo di circa 300.000/400.000 euro, per ogni distretto o regione della città.

Cosa può offrire la Chiesa bielorussa alla Chiesa universale? 

Arcivescovo Kondrusiewicz: La nostra esperienza di persecuzione ci ha consentito di preservare la nostra fede e di trasmetterla alle giovani generazioni.

La nostra gente oggi cerca di non aderire agli ideali della secolarizzazione, del relativismo morale o di questa filosofia postmodernista che non riconosce la verità assoluta e in cui ogni cosa è relativa.

Quando il Santo Padre ci chiede di ricevere l’Eucaristia in ginocchio, noi non abbiamo problemi a sottostare a questa regola perché l’abbiamo sempre ricevuta in ginocchio.

Quindi è la forza della fede?

Arcivescovo Kondrusiewicz: Sì, la forza della fede.

Loro non hanno rigettato le tradizioni della Chiesa cattolica come le antiche preghiere tradizionali, il rosario, la via crucis, le litanie, le processioni come quella del Corpus Domini.

L’anno scorso, per il Corpus Domini, ci
rca 10.000 persone hanno marciato sulla strada principale di Minsk. L’intera cerimonia è durata tre ore e mezzo, dall’inizio alla fine. Lo stesso non avviene negli altri Paesi.

Questo è espressione dell’amore dei bielorussi per Dio e molti di loro ancora ricordano i vecchi tempi in cui c’era solo un sacerdote a Minsk.

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Questa intervista è stata condotta da Mark Riedemann per “Where God Weeps”, un programma televisivo e radiofonico settimanale, prodotto da Catholic Radio and Television Network in collaborazione con l’organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che soffre.

Per maggiori informazioni: www.WhereGodWeeps.org

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ZENIT Staff

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