di Carlo Casini*
ROMA, domenica, 5 dicembre 2010 (ZENIT.org).- La Legge recante Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento è giunta alla soglia del dibattito nell’aula della Camera dei Deputati. Il testo già approvato dal Senato (c.d. testo Calabrò, dal nome del relatore), ha subito alcune modifiche nel lungo percorso della Commissione Affari Sociali della Camera ed è opportuno farne un’analisi approfondita, anche nella speranza di mantenere viva l’attenzione dell’opinione pubblica e di fornire un contributo di ragione in un dibattito parlamentare che si annuncia difficile.
Occorre ricordare l’occasione che ha determinato l’avvio di questa proposta di legge. Il suo primo scopo è reso evidente dalla sua origine. Il 9 febbraio 2009 alle ore 19.35 moriva a Udine “di fame e
di sete”, presso la casa di riposo “La Quiete”, Eluana Englaro, la giovane donna 38enne che da 17 anni, a seguito di un incidente stradale, si trovava in “stato vegetativo persistente”. Per farla morire era stata ingaggiata una lunga e tormentata battaglia giudiziaria[1] terminata con il Decreto emanato il 9 luglio 2008 dalla Corte d’Appello di Milano, che autorizzava il padre tutore, Peppino Englaro, a far cessare l’alimentazione e l’idratazione nei confronti della figlia, effettuate mediante sondino nasogastrico. Per impedirne la morte era stata intrapresa in extremis una battaglia, anch’essa giuridica, fatta di nuovi disperati ricorsi alla Cassazione[2] e alla Corte Europea dei diritti dell’uomo,[3] denunce penali,[4] conflitti di attribuzione sollevati dinanzi alla Corte Costituzionale,[5] appelli al giudice tutelare,[6] atti di indirizzo ministeriale.[7] Tutto inutile: anche la resistenza di fatto delle Regioni e dei presidi sanitari che si rifiutavano di accogliere Eluana per eseguire il “protocollo” di morte.[8] Inutili anche le bottiglie d‘acqua simbolicamente depositate in grande quantità sul sagrato del Duomo di Milano per suggerimento di Giuliano Ferrara dalle colonne de Il Foglio. Inutili le veglie di preghiera nelle chiese di varie città d’Italia. Eluana nella notte del 3 febbraio alle ore 1.30 veniva prelevata dalla Casa delle Misericordine di Lecco e portata a morire ad Udine.
L’ultimo tentativo di far vivere ancora Eluana fu legislativo. Per iniziativa del Movimento per la Vita molti parlamentari si rivolsero al Presidente del Consiglio per ottenere dal Governo un decreto-legge d’urgenza: un solo articolo che vietasse la sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione e che entrasse immediatamente in vigore. Al mattino del 6 febbraio il Governo formulò il decreto-legge, ma subito il Presidente della Repubblica fece sapere con un messaggio che non lo avrebbe firmato, perché lo riteneva incostituzionale (per mancanza di urgenza e per invasione della giurisdizione). Prima di rassegnarsi il Governo, quello stesso giorno, riunito in sessione straordinaria, mentre Eluana moriva, approvò un disegno di legge avente lo stesso contenuto del decreto non firmato dal Capo dello Stato, con il proposito di farlo approvare in tre giorni con una legge ordinaria immediatamente promulgata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Tuttavia, mentre dinanzi al Senato si svolgeva l’ennesima manifestazione, Eluana morì.
La legge vigente, così come interpretata dai giudici, aveva cessato di garantire la vita. Da allora molte altre “Eluane” sono in pericolo di vita … la legge non le protegge più! Bisogna impedire che si verifichino altri casi simili. Come fare? Prima che gli eventi precipitassero gli ambienti contrari all’eutanasia – i cattolici in prima linea – non volevano una legge che regolasse le modalità di cura di fronte alla morte. Giudicavano impossibile definire con rigore l’accanimento terapeutico: preferivano riferirsi alla coscienza e alla scienza dei medici piuttosto che a una regola giuridica, stante la estrema variabilità dei casi; soprattutto temevano l’introduzione, in forma più o meno esplicita o strisciante, all’eutanasia. Ma molti, dopo la morte di Eluana, cambiarono idea perché la situazione dell’ordinamento giuridico era cambiata. Come avevano invocato una legge al fine di porre un rimedio estremo per salvare Eluana, così ora chiedevano una legge per salvare molte altre “Eluane”. La gravità del pericolo sembrava imporre tempi rapidissimi. Al Senato fu promesso: “basteranno due settimane”. Poi si disse: “un mese”. Infine, la “legge Calabrò” fu approvata dai Senatori ed inviata alla Camera il 31 marzo 2009.[9]
Una cosa è certa: quanti sono favorevoli all’eutanasia, anche se in forme apparentemente blande, sono fortemente contrari alla “legge Calabrò”. È già questo un elemento di giudizio. Alla Camera il tentativo di non giungere all’approvazione della “legge Calabrò” è stato prolungato e duro: sono state chieste e ottenute inutili indagini e sono stati depositati ben 2.516 emendamenti presso la Commissione Affari Sociali. L’esigenza di chiudere rapidamente l’iter legislativo avrebbe reso preferibile la blindatura della proposta di legge e quindi il rigetto di tutti gli emendamenti. Si trattava non solo di prevenire un altro caso Eluana, ma anche di evitare i rischi di brecce prodotte dalle tendenze eutanasiche, tanto più possibili quanto più lungo l’iter legislativo. Inoltre, eventuali crisi politiche – si osserva ancora oggi – possono sfaldare la maggioranza che aveva sostenuto la “legge Calabrò”.
Eventuali elezioni anticipate potrebbero rendere inutile tutto il lavoro già compiuto. Sulla bilancia le imperfezioni della “legge Calabrò” sembrano pesare molto di meno del rischio di non raggiungere la conclusione, o di far prevalere soluzioni eutanasiche man mano che la memoria del dramma di Eluana si illanguidisce. Ma, come previsto, con lo scorrere del tempo si sono manifestate crepe nei partiti che avevano sostenuto la legge al Senato ed ha prevalso l’idea che per far passare la legge bisognava introdurvi qualche modifica, possibilmente solo marginale, che ne salvasse il contenuto essenziale, ma fosse in grado di superare talune perplessità nella stessa maggioranza. Perciò, in Commissione sono stati approvati alcuni emendamenti, la maggior parte dei quali presentati dallo stesso relatore, Domenico Di Virgilio. Si tratta ora di valutare il risultato raggiunto.
Preliminarmente è stato necessario ricordare succintamente l’origine della proposta legislativa, per non dimenticarne lo scopo: evitare che in futuro si concludano nello stesso tragico modo di Eluana le vite di persone che si trovano nella più grave forma di disabilità: uno stato di prolungata incoscienza. Richiamare questo scopo è già dare una risposta a coloro che, per motivi asseritamente etici, insistono nel negare l’opportunità di una legge,[10] in particolare della legge c.d. Calabrò.
Bisogna tenere presente che l’ordinamento risulta modificato dalla giurisprudenza sul caso Eluana. Gli articoli del Codice penale 579 (omicidio del consenziente) e 580 (istigazione e aiuto al suicidio) e l’articolo 5 del Codice civile (divieto di atti di disposizione del proprio corpo che cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica) non affermano più che il diritto alla vita è indisponibile. Affermano – oggi a differenza di ieri – che il diritto alla vita è indisponibile salvo il caso in cui vi sia una perdita definitiva di coscienza e una volontà del malato di non vivere in tale condizione manifestata anche soltanto indirettamente con il pregresso “stile di vita”.[11] Naturalmente non si può astrattamente escludere che in futuro qualche giudice contraddica quanto la Corte di Cassazione ha detto il 16 ottobre 2007, ma è estremamente improbabile che ciò avvenga, tenuto conto: dell’ autorevolezza della pronuncia, intervenuta ad opera delle Sezione Unite e non di una singola Sezione della Cassazione; degli interventi della Corte Cos tituzionale; dell’attuale clima culturale.
Inoltre, l’improbabile mutamento di giurisprudenza richiederebbe una molteplicità di decisioni per consolidarsi; richiederebbe quindi molto tempo e potrebbe sempre essere di nuovo contraddetto. Solo una legge può correggere l’errore giurisprudenziale che è stato commesso. Si consideri anche che, qualora fallisse il tentativo di legiferare, si registrerebbe una vittoria di quella cultura eutanasica che ha tributato lodi ed onori a Peppino Englaro proclamandolo simbolo di coraggio civile, fino a conferirgli la cittadinanza onoraria della città diFirenze.[12] Perciò, il rigetto o la rinuncia alla legge darebbero spinta alla mentalità eutanasica e, conseguentemente, la breccia aperta dalla giurisprudenza verrebbe amplificata con interventi legislativi di segno opposto alla “legge Calabrò”.
Note
1) Il primo ricorso del padre-tutore, Beppino Englaro, è del 19 gennaio 1999. Ne sono derivate tre diverse vicende giudiziarie che hanno investito il Tribunale di Lecco, la Corte di Appello di Milano, la Corte di Cassazione per un totale di ben nove decisioni. Le prime sette di rigetto dei ricorsi (Tribunale di Lecco, 2 maggio 1999; Corte di Appello di Milano, 31 dicembre 1999; Tribunale di Lecco, 10 luglio 2002; Corte di Appello di Milano, 17 ottobre 2003; Corte di Cassazione, 20 aprile 2005; Tribunale di Lecco, 2 febbraio 2006; Corte di Appello di Milano, 16 dicembre 2006) fino alla decisione n. 21.748 del 16 ottobre 2007 del la Corte di Cassazione. Con tale decisione la Cassazione accoglieva sostanzialmente l’ennesimo ricorso, rinviando poi alla Corte d’Appello di Milano per l’accertamento delle condizioni di fatto che – secondo i principi stabiliti dal Supremo Collegio – avrebbero giustificato la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione: la prova della non reversibilità dello stato vegetativo e la presunta manifestazione di volontà di Eluana, oltre 17 anni prima, dedotta anche da sue esternazioni estemporanee e dal suo “stile di vita”. Ne derivava la definitiva decisione: il decreto della Corte d’Appello di Milano che autorizzava il padre tutore a sospendere l’idratazione e l’alimentazione. Un’esame ricognitivo della vicenda giudiziaria si trova in: CASINI C, CASINI M, DI PIETRO ML. Eluana è tutti noi. Perchè una legge, perché no al testamento biologico. Firenze: Società Editrice Fiorentina; 2008.
2) Il ricorso del Procuratore generale della Repubblica di Milano è stato rigettato dalle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione con decisione n. 27.145 del 13 novembre 2008.
3) Il 22 dicembre 2008 la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato irricevibile il ricorso presentato da varie associazioni per violazione degli artt. 2, 3, 6 (diritto alla vita, divieto di tortura e di pene e trattamenti disumani e degradanti, diritto all’equo processo) della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. La Corte di Strasburgo ha dichiarato l’irricevibilità del ricorso per difetto di legittimazione dei ricorrenti (mancanza di interesse diretto degli stessi).
4) Chiuse poi dal Tribunale di Udine, dopo la morte di Eluana, con il decreto di archiviazione dell’11 gennaio 2010.
5) Il confronto era stato sollevato sia dal Senato che dalla Camera che avevano ritenuto la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, formulata il 16 ottobre 2007, “un atto sostanzialmente legislativo, innovativo dell’ordinamento vigente”. Ma la Corte Costituzionale ha rigettato tale ricorso con l’Ordinanza n. 334 dell’8 ottobre 2008.
6) Al mattino dello stesso giorno della morte di Eluana il Movimento per la Vita aveva presentato al Giudice tutelare di Udine un appello affinché fosse revocata la tutela di Peppino Englaro e fosse nominato altro tutore che valutasse la situazione di Eluana più adeguata all’interesse di lei.
7) Il 16 dicembre 2008 il Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, emanava un Atto di indirizzo per vietare alle strutture sanitarie pubbliche e private convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale di interrompere l’idratazione e l’alimentazione dei degenti.
8) La Regione Lombardia aveva decretato di non accogliere Eluana in strutture che la facessero morire. Il 26 gennaio 2009 con la decisione n. 214 il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) ha dichiarato illegittimo questo provvedimento.
9) ATTI PARLAMENTARI, CAMERA DEI DEPUTATI. Proposta di Legge n. 2350, approvata in un testo unificato dal Senato della Repubblica il 26 marzo 2009, Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento, trasmessa dal presidente del Senato della Repubblica il 31 marzo 2009.
10) Si veda il Manifesto-appello del Comitato Verità e Vita No alla legge sul testamento biologico dell’11 gennaio 2010, reperibile nel sito: http://www.comitatoveritaevita.it.
11) È il caso di riportare il passo decisivo della sentenza emanata dalle Sezioni Unite della Cassazione il 16 ottobre 2007: “Ove il malato giaccia da moltissimi anni (nella specie, oltre 15) in stato vegetativo permanente, con conseguente radicale incapacità di rapportarsi al mondo esterno, e sia tenuto artificialmente in vita mediante un sondino nasogastrico che provvede alla sua nutrizione ed idratazione, su richiesta del tutore che lo rappresenta, e nel contraddittorio con il curatore speciale, il giudice può autorizzare la disattivazione di tale
presidio sanitario (fatta salva l’applicazione delle misure suggerite dalla scienza e dalla pratica medica nell’interesse del paziente), unicamente in presenza dei seguenti presupposti: a.
quando la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico,
irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre la benché minima possibilità di un qualche, sia pur flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno; e b. sempre che tale istanza sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, univoci e convincenti, della voce del paziente medesimo, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona”.
12) Così ha deciso, il 9 marzo 2009, il Consiglio Comunale di Firenze (22 voti favorevoli, 16 contrari, 3 astenuti).
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Carlo Casini è magistrato, Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo e Presidente del Movimento per la Vita italiano.