Germania: in cammino verso la diagnosi genetica preimpianto?

Il sì dei giudici della Corte di Cassazione di Lipsia ha aperto il dibattito

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di Paul De Maeyer

ROMA, mercoledì, 1° dicembre 2010 (ZENIT.org).- Nella Germania della cancelliera democristiana Angela Merkel (CDU), il dibattito politico sulla cosiddetta “diagnosi preimpianto” o PID (acronimo inglese di “Preimplantation Diagnosis”, nota anche come PDG o “Preimplantation Genetic Diagnosis”) prende slancio.

La PID viene eseguita nelle primissime fasi della vita di un embrione creato in vitro, cioè nel momento in cui è costituito da appena otto cellule. Una o al massimo due delle cellule vengono prelevate e poi analizzate per individuare eventuali anomalie cromosomiche, difetti genetici o per stabilire se sarà compatibile come donatore di sangue, midollo o tessuti per un fratellino o una sorellina malata (i cosiddetti “designer babies” o “bébés-medicaments”).

Ad aprire il dibattito sulla prassi, messa al bando dalla legge sulla protezione degli embrioni (Embryonenschutzgesetz o EschG) del 1991, è stata una sentenza emessa il 6 luglio scorso dalla Corte federale di Cassazione (Bundesgerichtshof o BGH), con sede a Lipsia. Secondo il tribunale, che ha assolto il ginecologo Matthias Bloechle, non si può proibire il ricorso alla PID di embrioni creati in vitro ed impedire a genitori con una predisposizione a gravi difetti genetici di optare per la selezione embrionale. Nel 2005 e 2006, il medico aveva seguito nel suo centro di medicina della riproduzione o “Kinderwunschzentrum” a Berlino tre coppie con una predisposizione a malattie genetiche, delle quali una aveva già una figlia handicappata, e trasferito nell’utero delle donne in questione solo embrioni rivelatisi “sani” dopo una PID.

Mentre l’Associazione dei medici tedeschi – la Bundesärztekammer – e il ministro della Giustizia, Sabine Leutheusser-Schnarrenberger (FDP, liberali) hanno accolto con soddisfazione la sentenza, i movimenti pro vita, molti politici dei partiti democristiani CDU e CSU, e la Chiesa cattolica sono rimasti “costernati”. In una presa di posizione, la Conferenza dei Vescovi Tedeschi (Deutsche Bischofskonferenz o DBK) ha dichiarato che scartare e uccidere embrioni con difetti genetici è inaccettabile e “contraddice la nostra comprensione dell’essere umano”. Per il delegato del governo tedesco per le persone disabili, Hubert Hüppe, la tecnica della PID significa che “le persone con un handicap vengono scartate ancora prima della nascita”. Un giudizio simile lo ha pronunciato anche la presidente dei Cristiano-Democratici per la Vita (CDL), Mechthild Löhr: saranno ormai i medici e i genitori a decidere se una vita concreta “merita di essere vissuta” o no (Die Tagespost, 8 luglio).

In un’intervista con la Domradio di Colonia, padre Josef Schuster, gesuita e professore di Teologia morale alla Facoltà teologica di Sankt Georgen, a Francoforte sul Meno, ha espresso inoltre i suoi timori per una “rottura della diga” (Dammbruch). Secondo l’accademico, non si può arginare la prassi (Domradio, 7 luglio). Proprio come nel caso del cosiddetto “aborto terapeutico”, si rischia infatti di finire sul temuto “slippery slope” (piano scivoloso), ovvero dalla diagnosi di patologie gravi a quelle meno gravi, dalla diagnosi di una malattia alla suscettibilità ad una data malattia, o ancora dalla malattia a certe caratteristiche somatiche (ad esempio il sesso del nascitura), fino alla creazione di veri e propri bambini “su misura” secondo i gusti o anche le necessità dei futuri genitori.

Riunita in congresso a Karslruhe, nel Baden-Württemberg, la CDU (Unione Cristiano-Democratica) ha seguito la linea della cancelliera Angela Merkel e ha votato due settimane fa – il 16 novembre – a favore di un divieto della diagnosi preimpianto. La discussa tecnica ha però anche i suoi sostenitori in seno alla formazione democristiana, fra i quali la vicepresidente della CDU ed ex ministro per la Famiglia, Ursula von der Leyen, e l’attuale titolare, Kristina Schröder, che la promuovono per le coppie geneticamente predisposte. Il “no” alla PID, approvato sul filo di lana da una maggioranza davvero strettissima di congressisti (il 51% contro il 49% ovvero 408 delegati su 799) dimostra come il tema spacchi il partito. Una realtà che rispecchia la profonda spaccatura in seno alla società tedesca sulla liceità della tecnica. Questa divisione costringe sia i sostenitori che gli oppositori a questa prassi medica a costruire maggioranze trasversali in vista di una prossima votazione nel Bundestag (la Camera Bassa federale).

Come ha scritto il capo redattore della Augsburger Allgemeine Zeitung (19 novembre), Markus Günther, “non bisogna demonizzare i sostenitori della PID”, ma comunque la tecnica “apre la porta alla selezione di esseri umani” e aumenta le pressioni sulle coppie, che in caso della nascita di un figlio handicappato o con la sindrome di Down rischiano ormai di doversi giustificare. Secondo l’autore, “il desiderio di voler controllare e decidere autonomamente tutto è forse vecchio quanto l’umanità ma contraddice i fondamenti della Conditio humana”.

Il 27 novembre, in occasione della “Veglia di preghiera per la vita nascente”, il vescovo della diocesi di Fulda (in Assia), monsignor Heinz Josef Algermissen, ha criticato la recente giurisprudenza delle corti tedesche in materia di bioetica. Nell’omelia pronunciata nel Duomo di Fulda, il presule ha respinto espressamente la sentenza del 6 luglio, la quale ha “di fatto autorizzato la diagnosi preimpianto, per impedire la nascita […] di bambini malati”. Per monsignor Algermissen, ci troviamo davanti ad un “meccanismo di rimozione molto sofisticato”. “Vengono rimosse infatti – così ha detto il presule – la risposta alla domanda fondamentale e decisiva sulla personalità della vita umana non ancora nata e la verità che l’embrione si sviluppa come essere umano e non verso un essere umano”. Il presule ha ricordato anche l’istruzione “Dignitas Personae” della Congregazione per la Dottrina della Fede (resa pubblica il 12 dicembre 2008), che nel numero 37 chiede il coraggio di “opporsi a tutte quelle pratiche che determinano una grave e ingiusta discriminazione nei confronti degli esseri umani non ancora nati, che hanno la dignità di persona, creati anch’essi ad immagine di Dio” (Kathnet, 27 novembre).

Non va dimenticato inoltre che la PID non è infallibile e che il rischio di errori è sempre dietro l’angolo, nel senso sia di “falsi positivi” che di “falsi negativi” (l’embrione viene impiantato ma il bambino nasce poi con la patologia che doveva essere evitata). Per le patologie cromosomiche, la percentuale di errori può essere dell’ordine del 15%. Lo ha ricordato nel 2008 il genetista Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e copresidente di Scienza & vita, in un’intervista ad Avvenire (8 maggio 2008). Sempre nel 2008, una coppia di genitori australiani aveva fatto causa contro il centro IVF (In Vitro Fertilizzazione) della Monash University di Melbourne (Stato di Victoria). Il loro figlio – uno dei primi bambini australiani concepiti in vitro ad essere sottoposti alla PID per la presenza di un tumore ereditario – è nato comunque con il gene difettoso (The Herald Sun, 20 gennaio 2008).

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ZENIT Staff

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