ROMA, sabato, 13 novembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo della relazione tenuta da mons. Gerhard Ludwig Müller, Vescovo di Regensburg, in occasione dell’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, che si è tenuta a Roma dal 10 al 13 novembre sul tema “Cultura della comunicazione e nuovi linguaggi”.
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I canali mediatici di cui si serve la Chiesa non sono, nella maggior parte dei casi, gli abituali canali delle persone che si stanno estraniando dalla fede. Uno dei target per noi più importanti, d’età compresa tra i 17 e i 35 anni — i ragazzi e i giovani adulti che, entrando nel mondo del lavoro, cominciano improvvisamente a chiedersi quanto valga la Chiesa per loro — per lo più non leggono i giornali, la domenica non vengono a messa, non si sintonizzano su programmi d’informazione radiofonici o televisivi, né scelgono di navigare sulle nostre homepage. Come vescovo diocesano, nel corso delle tante visite pastorali alle parrocchie o negli incontri con i membri di associazioni e circoli, io vengo naturalmente in contatto con persone di ogni età che, nello spirito del cristianesimo, si organizzano all’interno della Chiesa e perseguono determinati obiettivi. La testimonianza personale resterà sempre l’incontro primario con la fede, con una vita all’insegna della fede e della Chiesa.
Ma la nuova epoca della comunicazione si serve anche di strumenti tecnici per diffondere, su scala mondiale e in tempo reale, dati, informazioni e notizie. Ciò rappresenta senz’altro un inedito spazio di incontro con le idee e le concezioni di altre culture e di religioni diverse.
Anche l’intensità dello scambio scientifico ha indubbiamente beneficiato dell’internazionalizzazione prodottasi con internet. Navigando in rete, è possibile reperire sui siti delle più svariate istituzioni accademiche dati aggiornati sulle pubblicazioni e lo stato attuale del dibattito intorno a un determinato tema, e tenerne debitamente conto nella formulazione delle proprie tesi. Internet significa quindi anche la possibilità di evitare prese di posizioni egocentriche, e attraverso la gamma di informazioni disponibili, ricevere ulteriori impulsi per modellare attivamente il mondo che ci circonda.
La disponibilità a servirsi delle tecniche, dell’autostrada informatica della rete, costituirà in futuro un caso normale di interazione e di scambio a livello privato e professionale.
E la Chiesa può servirsi di questa rete mondiale di collegamenti tra gli uomini anche per svolgere il suo mandato di evangelizzazione. Proprio la Chiesa che, conformandosi alla volontà missionaria di Gesù, fin dalle origini ha vissuto il suo comando di andare per il mondo con profondo impegno e per la gioia di coloro che vivono nella speranza di salvezza in Gesù Cristo, può avviare qui nuovi percorsi per la diffusione dell’annuncio evangelico e del magistero.
Giovanni Paolo ii, nella sua lettera apostolica Il rapido sviluppo del 24 gennaio 2005, ha ricordato che nei moderni mezzi della comunicazione la Chiesa trova «un sostegno prezioso per diffondere il Vangelo e i valori religiosi, per promuovere il dialogo e la cooperazione ecumenica e interreligiosa, come pure per difendere quei solidi principi che sono indispensabili per costruire una società rispettosa della dignità della persona umana e attenta al bene comune». E ha sottolineato il fatto che essa «li impiega volentieri per fornire informazioni su se stessa e dilatare i confini dell’evangelizzazione, della catechesi e della formazione», in quanto «ne considera l’utilizzo come una risposta al comando del Signore: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Marco, 16, 15)» (n. 7).
La Chiesa è la maestra dell’umanità proprio nelle tematiche etiche e morali sulle quali è continuamente necessario riportare l’accento. Prestiamo attenzione ai vicendevoli collegamenti dei mezzi di comunicazione sociale che interagiscono tra politica, economia, media e cultura; e alle dipendenze e agli obblighi che ne derivano, e che sovente sfociano in un sistema di oppressione mediatica e di monopolizzazione dell’opinione pubblica. In quanto maestra dell’umanità, la Chiesa avrà il compito di sensibilizzare gli utenti della comunicazione alla dignità e centralità della persona, e di ancorarne la tutela come punto fermo nella compagine della tecnica moderna. Internet non deve diventare la piattaforma di uno spazio franco, in cui i fondamentali valori umani del matrimonio, della famiglia, dell’incondizionata tutela della vita — dal principio alla fine — vengono ignorati o addirittura combattuti. La comunicazione deve svolgersi all’insegna di un’interazione tra persone che sono reciprocamente correlate. Deve nascere una cultura di corresponsabilità nei confronti del progresso tecnico, affinché sia lo stesso sviluppo a smascherare come incompatibili con la dignità umana dei contenuti pericolosi e lesivi come la pornografia, la criminalità e così via.
Accanto alla tutela della dignità del singolo individuo, la Chiesa maestra dell’umanità considera altrettanto importante esigere una «pratica di solidarietà al servizio del bene comune» quale impegno decisivo per la propria azione nel campo delle nuove tecnologie. La tecnologia può essere un mezzo per risolvere i problemi umani, per incentivare lo sviluppo complessivo della persona e per costruire un mondo orientato sui parametri della giustizia e della pace. Già nel 1971 l’istruzione pastorale Communio et progressio redatta dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, ammoniva i media, ricordando che ormai tutti gli uomini della Terra diventano «partecipi delle difficoltà e problemi che incombono su ciascun individuo e su tutta l’umanità».
Internet può contribuire alla realizzazione e messa in atto di questo nobile postulato? È in grado di tutelare o addirittura incentivare la dignità dell’individuo e la solidarietà fra gli uomini? C’è una possibilità per il singolo, per gruppi e nazioni diverse, e infine per l’umanità intera, di far diventare realtà questa visione? La soluzione risiede nella rete? O non è questo il campo di dissoluzione della sfera privata, perdita di diritti, violazione della sicurezza? Costituisce soltanto una piattaforma per diffondere calunnie, odio o disinformazione? O funge invece da corrente di informazioni sui valori fondamentali, pluralità culturale e responsabilità globale, motore di un dialogo interculturale che mette in risalto gli elementi comuni e sa reagire opportunamente alle differenze?
Nell’ottica della costituzione Gaudium et spes del concilio Vaticano ii, internet è un’eccellente possibilità per mettere in rilievo la responsabilità della Chiesa nella formazione di una cultura umana collettiva, per la quale la società odierna, con la sua rete di connessioni internazionali — globali — fornisce del resto degli ottimi presupposti. La dignità umana spetta a ogni persona, indipendentemente dalla sua appartenenza etnica o provenienza politica o nazionale. Dal canto suo, internet offre l’opportunità di una diffusione a vasto raggio dell’annuncio evangelico, diretto a tutti gli uomini e recepibile in ogni angolo del pianeta. Allo stesso tempo ci mette dunque in condizione di fare un considerevole passo in avanti nella tutela della persona umana in tutto il mondo. Il diritto a disporre di informazioni affidabili, indispensabile per formarsi un’opinione, il libero accesso a dati e contenuti dottrinali, equivale a prendere l’uomo sul serio e consente un progresso a livello educativo e di autodeterminazione anche in Paesi soggetti alla repressione e alla censura.
Al contempo, un atteggiamento umanitario su scala mondiale può condurre a una nuova consapevolezza reciproca fra i vari Stati e Paesi. Basti pensare allo scambio d’informazioni in tempo reale in occasione di catastrofi come lo tsunami di quattro anni fa, o il recente salvataggio dei minatori cileni. L’ondata di solidarie
tà con le vittime e i superstiti, i soccorsi messi a disposizione da tutto il mondo e la disponibilità ad attivarsi in maniera incondizionata e diretta a favore di tutti i colpiti, hanno senza dubbio cambiato la faccia del mondo.
Possiamo dunque sperare che Giovanni Paolo ii fosse nel giusto descrivendo l’aspetto umano e personale della comunicazione mondiale come «la capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c’è nell’altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio» e di servire il fratello, portando «i pesi gli uni degli altri» (Galati, 6, 2).
Giovanni Paolo ii, nel suo messaggio in occasione della xxxiii Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, nel 1999, ha coniato il concetto della «cultura ecclesiale della sapienza», che deve preservare la cultura dell’informazione dei mass media «dal divenire un accumularsi di fatti senza senso».
Non sarà facile imparare o trasmettere il comportamento giusto nei confronti di internet. La rete può essere un arricchimento — a condizione che l’utente venga guidato a considerarla un mezzo per migliorare le condizioni di vita degli uomini, sfruttandola ad esempio a favore di organizzazioni umanitarie che agiscono a livello mondiale, o per sostenere la ricerca in tutti i campi di attività scientifica. In questo caso si mette al servizio della dignità personale e unisce gli uomini.
Posizioni radicali, estremismi politici, atti di violenza e attività criminali diffusi in rete, al contrario, separano gli uomini. In questo senso, bisogna guardarsi dall’impugnare la «libertà di opinione» come mero pretesto per manipolazioni, travisamenti o interessi egoistici. È infatti così che si mandano in scena il delinquente e la vittima, l’amico e il nemico, il truffatore e il truffato.
Gesù Cristo ci insegna che la comunicazione dev’essere un comportamento morale: «L’uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive. Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato» (Matteo, 12, 35-37). E l’Apostolo Paolo raccomanda agli Efesini (4, 25-29): «Perciò, bando alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siamo membra gli uni degli altri. (…) Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano».
Non è la tecnica a rendere colpevoli, bensì l’uso sbagliato che se ne fa. Perciò, nell’educazione dei futuri utenti, sarebbe importante sottolineare il fattore etico e far uscire la rete dalla zona grigia del disimpegno pedagogico. Chi mette in rete dei contenuti contrari alla persona e alla dignità umana, si ribella alla creazione e diffonde — in tutto il mondo — una visione dell’uomo che rinnega qualsiasi rimando alla trascendenza. Il «tutto è lecito e possibile» della concezione liberale del mondo ha trovato in internet il proprio medium — se non ci sono stati in precedenza un’educazione e un avviamento ai valori cristiani, sulla base dell’antropologia cristiana. I bambini e gli adolescenti dovrebbero essere guidati alla fruizione dei media con un approccio adeguato all’età e alle circostanze, per metterli in grado di resistere alla facile tentazione di un consumismo passivo e abituarli a compiere personalmente un’analisi critica delle offerte mediali.
Giovanni Paolo ii, nella sua enciclica Redemptor hominis si chiedeva «se l’uomo, come uomo, nel contesto di questo progresso, diventi veramente migliore, cioè più maturo spiritualmente, più cosciente della dignità della sua umanità, più responsabile, più aperto agli altri, in particolare verso i più bisognosi e più deboli, più disponibile a dare e portare aiuto a tutti» (n. 15).
In questo senso, la Chiesa è chiamata a dare il suo contributo al world wide web. E in ultima analisi, solo lei può rispondere in maniera soddisfacente agli interrogativi che si celano dietro ogni ricerca e riflessione umana: «Chi sono io?». «Dopo la morte, che cosa c’è?» e ancora: «E io, da dove provengo?». «Cos’è l’uomo?». E anche oggi — come da oltre 2000 anni — può continuare a fornire la risposta sempre valida e liberatoria enunciata nella costituzione pastorale Gaudium et spes sull’attualità della Chiesa nel mondo contemporaneo: «Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione» (n. 22).