di Carmen Elena Villa
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 19 novembre 2010 (ZENIT.org).- Il futuro Cardinale José Manuel Estepa, di 84 anni, confessa di aver ricevuto la nomina di Benedetto XVI “con grande sorpresa”, e dice scherzando di essere “un Vescovo ammortizzato”, cioè “ho già finito di pagare il mio servizio”.
L'Arcivescovo castrense emerito, nato ad Andújar (Jaén, Spagna), fa parte dei 24 nuovi Cardinali e dei 4 non elettori (perché hanno più di 80 anni) che Papa Benedetto XVI creerà questo sabato, 20 novembre.
Appassionato di formazione e catechesi, è stato consultore della Congregazione per il Clero, membro della commissione di redazione del Catechismo, Vescovo ausiliare di Madrid e poi Arcivescovo castrense.
ZENIT ha intervistato il porporato, che assicura che dopo aver ricevuto questo titolo continuerà il suo lavoro di “leggere, studiare e pregare”, soprattutto “per la Chiesa, le Nazioni e la gioventù”.
Il nuovo Cardinale confessa di accogliere questo riconoscimento “con profondo senso di gratitudine e fedeltà al Papa”.
Parliamo dei suoi anni da sacerdote… Ci può raccontare la sua esperienza come consultore e poi come collaboratore della Congregazione per il clero?
Cardinale José Manuel Estepa: Ho iniziato a collaborare con la Congregazione per il Clero nel settore della Catechesi nel 1969. Poi ho continuato. Sono già più di 40 anni di collaborazione, sempre nel settore della catechesi, con una prospettiva che si è accentuata con la collaborazione con il CELAM in America Latina.
Lei è stato nominato Vescovo da Paolo VI nel 1972 e ha potuto lavorare con lui e conoscere il suo magistero. Che cosa sottolinea maggiormente di questo Papa?
Cardinale José Manuel Estepa: Lo sforzo per unire sempre più la riflessione cristiana di annuncio della fede. In questa collaborazione, la catechesi ha avuto una dimensione missionaria. Questo, lo vedevamo fin da allora, è in sintonia con ciò che chiede l'attuale Santo Padre, il dinamismo dell'evangelizzazione.
Eravamo convinti del fatto che i Paesi di radici cristiane avessero bisogno di un nuovo impulso. Bisogna sempre cercare di far sì che l'evangelizzazione bagni e e impregni la cultura di ogni tempo. Eravamo in un momento di mutamento e in un cambiamento di cultura. Tutto ciò si è visto con la celebrazione del Concilio Vaticano II. Era importante che il Vangelo si facesse presente.
Si è fatto fronte a questo con due Sinodi universali, il primo dei quali è stato quello del 1974 sull'evangelizzazione. E' stata una visione molto profonda di Paolo VI.
Quando l'anno dopo gli venne chiesto di stabilire il tema del Sinodo successivo, Paolo VI disse che avrebbe dovuto essere quello della catechesi, che si è celebrato nel 1977, perché non si poteva separare l'evangelizzazione dalla catechesi.
L'evangelizzazione è la semina, la catechesi è la crescita. Per questo non si possono separare. Se si fa solo evangelizzazione nel senso della predica di conversione e non si rafforza la crescita della personalità cristiana nel fondo della cultura, c'è un'immaturità.
Lei è stato anche uno dei Vescovi che hanno redatto il Catechismo della Chiesa Cattolica. Com'è stata quell'esperienza?
Cardinale José Manuel Estepa: All'inizio nella commissione di redazione del Catechismo eravamo sei Vescovi, poi siamo diventati sette. Ogni volta che ci riunivamo a Roma, Papa Giovanni Paolo II veniva un giorno ad assistere al nostro lavoro e ci ascoltava molto. Sono stati praticamente sei anni di lavoro con ritmo bimestrale.
Ricordo molto bene il Cardinale Ratzinger, che si caratterizzava per la certezza di sapere che quel compito avrebbe raggiunto il culmine. L'obiettivo valeva la pena e bisognava lavorare con fiducia, senza essere ossessionati, ed essendo anche sicuri del fatto che ciò che stavamo facendo era importante.
Il Cardinale Ratzinger è stato esemplare in quel dinamismo di fiducia. Eravamo un gruppo molto ridotto. Dopo pochi mesi il gruppo crebbe con l'ingresso dell'attuale Cardinal Levada, oggi Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, poi con l'attuale Arcivescovo di Vienna e Cardinale Cristoph Schönborn, che era stato allievo di Ratzinger. Mi sono trovato molto a mio agio e ho lavorato con fiducia. Personalmente, quell'esperienza mi ha aiutato a far maturare la mia fede.
Passiamo ora al tema del suo servizio episcopale. Lei è diventato Vescovo ausiliare di Madrid in un momento di grandi tensioni nella storia del suo Paese, nel cosiddetto periodo di transizione...
Cardinale José Manuel Estepa: E' così. Sono stato lì per 11 anni (1972 – 1983). Ho accompagnato il Cardinale Tarancón, che nello stesso periodo era Arcivescovo di Madrid, una grande personalità con la quale ho potuto collaborare in un momento molto difficile per noi. Era il famoso periodo di passaggio dalla dittatura alla democrazia.
La Chiesa ha dovuto mantenere un grande equilibrio e rendere possibile l'accompagnamento di una società che evolveva verso forme politiche diverse. Credo che lo abbia fatto con grande prudenza e con un forte senso di generosità.
E poi è diventato Arcivescovo castrense…
Cardinale José Manuel Estepa: Sì, quando è aumentato il terrorismo, che mi ha coinvolto in modo particolare perché per alcuni anni gli obiettivi principali dei terroristi erano i militari e la polizia. Era una preferenza macabra e tragica. Ho dovuto presiedere molte celebrazioni e tanti funerali.
Sono stato Arcivescovo castrense per 20 anni e 10 mesi (1983 – 2004), nei quali, soprattutto nei primi dieci anni, ho dovuto accompagnare le vittime del terrorismo. Poi le preferenze dei terroristi sono cambiate.
La mia esperienza come Arcivescovo Ordinario militare mi ha aiutato perché ho trovato un settore della società spagnola caratterizzato dalla forza. Con ciò non voglio fare distinzioni tra più cattolici e meno cattolici, ma devo proclamare che tra i militari e la polizia vedo un grande senso cristiano in generale e una formazione cristiana più solida che in altri settori della società. E io mi sono permesso di dirlo pubblicamente. Stavo servendo in un settore in cui la fede veniva seminata e aveva dato frutti. Ciò è fonte di enorme soddisfazione.
Come considera la situazione della fede in Spagna?
Cardinale José Manuel Estepa: Credo che con la recente visita del Papa si sia potuto capire che la fede vive, non solo nelle generazioni più anziane, ma anche in un settore della gioventù, e credo che si debba coltivare questo processo. Abbiamo bisogno di un grande rafforzamento, che necessita di una grande catechesi.
Che consiglio darebbe a un Vescovo appena ordinato?
Cardinale José Manuel Estepa: In primo luogo di avere speranza. Un sacerdote che non ha una grande forza non deve accettare di diventare Vescovo, perché si vede quando ci sono vigore di fede e una prospettiva di speranza. Gli direi poi che la densità della fede non si misura con il sistema metrico decimale.
Gli consiglierei piuttosto di dedicarsi al Signore e di prendere il largo. Non ci si può preoccupare di misurare, ma di seminare e confidare, perché il seme della fede dà sempre il frutto migliore.
[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]