Per un cammino di integrazione degli immigrati in Italia

Convegno a Roma della Fondazione Migrantes della Cei

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di Chiara Santomiero

ROMA, giovedì, 18 novembre 2010 (ZENIT.org).- “L’Italia è cambiata e anche la pastorale della Chiesa cattolica deve cambiare”: è la sintesi concisa ed efficace del lavoro del gruppo di studio “integrazione pastorale” presentata dal suo relatore, padre Eugenio Costa, nel corso del convegno “L’integrazione ecclesiale e sociale degli immigrati in Italia” svoltosi il 16 novembre a Roma per iniziativa dell’Ufficio nazionale per la pastorale degli immigrati e profughi della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana.

Sono stati sei i gruppi di studio – composti da docenti universitari, rappresentanti di istituzioni e operatori pastorali -, che hanno presentato al convegno i risultati di un lavoro di approfondimento durato due anni in continuità con il precedente seminario sui temi dell’integrazione degli immigrati proposto dalla Fondazione Migrantes nel 2008.

“La mobilità umana – ha sottolineato all’inizio dei lavori, mons. Giancarlo Perego, direttore di Migrantes – chiede oggi di ‘osare’ storie e percorsi di inclusione nuovi”. Inclusione intesa come “percorso educativo e non immediato, quotidiano e non occasionale, che chiede che tutti siano protagonisti e responsabili”. Una questione ben presente all’attenzione della Chiesa. Non per niente “gli Orientamenti pastorali per il prossimo decennio indicano nell’immigrazione una delle più grandi sfide educative per la Chiesa e per il Paese, che mostrano talora distanze e paure rispetto alle persone migranti” e, inoltre, “nella Settimana sociale dei cattolici di Reggio Calabria uno degli ambiti di approfondimento era dedicato a ‘includere nuove presenze’”.

“Le chiese particolari – ha evidenziato nel suo intervento su ‘Costruire una chiesa differente’ Luigi Sabbarese, docente presso la Pontificia Università Urbaniana – possono diventare per loro stessa natura, i luoghi dove i migranti sperimentano la profonda unità dell’essere ecclesiale”. I luoghi, cioè dove “la loro identità culturale viene salvaguardata e accompagnata da un modo di esprimere la propria fede anche se con elementi etnico-linguistici, religiosi e devozionali che necessariamente si diversificheranno da quelli propri delle chiese particolari di arrivo”. Gli elementi culturali, infatti “fanno parte dell’economia della creazione e, come tali, vanno salvaguardati nella loro esistenza e identità e, dove è necessario, vanno evangelizzati”.

Numerose le questioni affrontate nelle sei sezioni tematiche relative all’integrazione – ecclesiale, religiosa-ecumenica, pastorale, sociale, economica, culturale –: “problematiche – ha sottolineato Berardino Guarino, della Fondazione Centro Astalli per i rifugiati – che diventano piste di lavoro affinché venga accelerata la costruzione legislativa del processo di integrazione che finora è stato portato avanti dal basso in modo spontaneo e non omogeneo”.

Così, a proposito del mondo dell’economia e del lavoro va posta attenzione al fatto che “il precariato vissuto con sofferenza anche dagli italiani è drammatico per gli stranieri perché il rinnovo del permesso di soggiorno è strettamente legato, per la legislazione vigente, alla durata del contratto di lavoro”. In caso di perdita del lavoro, eventualità purtroppo diffusa in questo tempo di crisi, “va valutata la possibilità di una concessione del permesso per attesa occupazione più dinamica per gli immigrati che sono in costante contatto con i centri per l’impiego in vista di nuove offerte”.

Allo stesso modo “va favorita la partecipazione della popolazione immigrata ai bandi per gli alloggi di edilizia pubblica residenziale” e incentivata la “pratica dell’intermediazione svolta da associazioni di tutela degli stranieri, sindacati e anche da uffici pubblici tra stranieri e/o agenzie immobiliari per il superamento di pregiudizi da parte dei proprietari e la comprensione delle norme in vigore per gli stranieri”.

Non tutto dipende dalle normative: “molto deve cambiare – ha sottolineato Guarino – nelle coscienze e nei comportamenti degli italiani, soprattutto dei datori di lavoro che offrono forme di impiego assimilabili a vera e propria riduzione in schiavitù o di coloro che affittano le case a condizioni intollerabili”. Ciò richiede “una più decisa presa di coscienza anche della comunità ecclesiale che non può smettere di denunciare situazioni di sfruttamento contrarie alla dignità umana”.

“Strumento concreto di integrazione sociale e culturale degli stranieri – ha affermato Maria Teresa Spinelli – è l’apprendimento della lingua italiana ma va riconosciuta anche l’importanza della lingua degli immigrati il cui uso, nei cartelli e nelle indicazioni, andrebbe incentivato in quei luoghi pubblici come ambulatori o ospedali dove l’utenza è per la maggior parte straniera”.

Una “profonda revisione legislativa” è necessaria per il mondo della scuola “pilastro per la formazione delle nuove generazioni” nella quale occorre “assumere la diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola al fine di non separare gli individui in mondi paralleli”.

Anche la pastorale deve confrontarsi con le nuove presenze all’interno delle comunità ecclesiali dove si mescolano, ha sottolineato padre Eugenio Costa: “nuovi arrivati, presenze stabili, seconde o anche terze generazioni, integrazioni riuscite e quelle fallite con il desiderio di tornare nei luoghi di origine”. Quali modalità adottare, solo per un esempio, per la iniziazione cristiana dei più piccoli partendo da queste condizioni di base? “Da oggetto della cura pastorale – ha rilevato Costa – gli immigrati devono diventarne soggetti attivi e collaboratori nella catechesi e nella Caritas”.

A proposito dell’integrazione religiosa ed ecumenica “le parrocchie – ha affermato mons. Walter Ruspi – devono aprirsi all’accoglienza perché c’è una forte necessità di apprezzarsi reciprocamente. Questo processo può essere agevolato dalla realizzazione di percorsi di educazione alla prossimità così come il contatto con i più giovani agevola anche l’avvicinamento con i genitori e gli adulti”.

La tematica dell’integrazione degli immigrati non può mancare di essere inserita in un contesto europeo più generale: “tra Chiese ed istituzioni europee – ha rilevato Paolo Bustaffa, direttore dell’agenzia di notizie Sir presentando il panorama normativo esistente – c’è un dialogo positivo e strutturato su questa materia. Il tema dell’immigrazione va declinato, anche a livello normativo, secondo una cultura dell’accoglienza che non sia disgiunta dai profili della legalità ma ponga sempre al centro la persona e la sua dignità”. In altre parole “non deve essere unicamente il mercato del lavoro a determinare le scelte: come è stato sottolineato ‘abbiamo chiesto braccia e sono arrivate persone’”.

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ZENIT Staff

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