RUMBEK, martedì, 16 novembre 2010 (ZENIT.org).- I Vescovi del Sudan lanciano un messaggio di speranza in vista del referendum di gennaio che potrebbe creare un nuovo Stato africano dividendo la Nazione in due.

Pur offrendo parole di speranza, i presuli riconoscono “l'incertezza, la paura e perfino la disperazione che affliggono il popolo sudanese”, osservando che la preparazione al voto è “ben lungi dall'essere programmata”.

La Conferenza dei Vescovi Cattolici del Sudan ha emesso questa dichiarazione domenica, al termine dell'assemblea plenaria svoltasi la settimana scorsa a Rumbek.

Il 9 gennaio, un referendum deciderà se il Sud Sudan si separerà dal Nord e formerà un proprio Paese. Il voto è stato stabilito dall'Accordo Comprensivo di Pace del 2005, che ha posto fine alla guerra civile iniziata nel 1983.

Ad ogni modo, si teme che il voto possa non essere riconosciuto, e i Vescovi fanno appello alla comunità internazionale perché sia pronta a risolvere potenziali dispute.

“Indipendentemente dal fatto che il risultato sia l'unione o la secessione”, affermano i Vescovi, “il Sudan non sarà mai di nuovo lo stesso, perché la gente ha esercitato la propria scelta libera e democratica”.

“La secessione è una divisione di terra, non una divisione di popoli”, aggiungono. “Non deve esserci per forza una rottura delle relazioni”.

Costruire un futuro

I Vescovi sudanesi presentano 13 appelli concreti a guidare la loro Nazione in pace, e si rivolgono non solo ai cattolici, ma anche alla comunità musulmana, a tutto il popolo del Sudan, così come alla comunità internazionale.

Tra gli appelli, riconoscono la piaga della gioventù sudanese, “che ha sofferto tanto”, ed esortano i giovani a “trattenersi dall'essere trascinati nella violenza politica e ad accogliere l'appello alla pace e  alla moderazione per costruire il futuro che desiderano”.

I Vescovi chiedono anche al Governo e ai media di “evitare dichiarazioni incendiarie” e di “fermare i messaggi di odio e disinformazione”.

Allo stesso modo, esortano una continuazione del dialogo in seguito al referendum. “Chiediamo a tutti di impegnarsi nello sviluppo di relazioni tra i due popoli che hanno condiviso tanta storia”.

“Chiediamo a tutte le persone di buona volontà di pregare per la pace ora, durante il periodo del referendum, e in seguito, nella ricchezza delle proprie tradizioni religiose”, concludono.