di padre Serafino M. Lanzetta, FI*
ROMA, martedì, 12 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Il Seminario Teologico “Immacolata Mediatrice”, dei Francescani dell’Immacolata, organizza un convegno di studi sul Concilio Ecumenico Vaticano II, dal 16 al 18 dicembre prossimi, a Roma, presso l’Istituto Maria SS. Bambina (via Paolo VI, 21).
Mossi dal discorso del Santo Padre alla Curia Romana (22 dicembre 2005), in cui il Pontefice rilevava che nel post-concilio due ermeneutiche si erano tra loro scontrate: quella vera della «continuità nella riforma» e quella che ha seminato confusione perché privilegiante lo spirito, il fattore “evento”, a scapito della lettera, quella cioè della «rottura», ci si prefigge di esaminare il Vaticano II e di mettere in luce la sua natura e il suo fine peculiari, entrambi di carattere pastorale.
Certo, non per fare del Vaticano II un concilio “di serie B”, ma al fine di mettere meglio in luce quest’unicum che caratterizza per la prima volta un Concilio Ecumenico: non voler dichiarare nuovi dogmi o insegnare in modo definitivo ed infallibile, ma prefiggersi di dire la dottrina di sempre al mondo di oggi; con accenti nuovi, espressioni nuove, ma la fede di sempre, in modo pastorale. Così si espresse Giovanni XXIII nel Discorso di apertura del Concilio (11 ottobre 1962): «Quel che più di tutto interessa il Concilio è che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace».
Il Vaticano II, indubitabilmente, come conviene ad un concilio, ha portato notevoli progressi nel campo dogmatico: nel suo svolgersi, soprattutto con l’impronta ecclesiologica datagli da Paolo VI, si formularono asserti magisteriali “nuovi”, nella continuità dell’unica Tradizione. Basti rammentare il concetto di collegialità inserito nel contesto della Chiesa comunione, un maggiore approfondimento degli elementa Ecclesiae, per i quali le altre confessioni cristiane sono ordinate all’unica Chiesa di Cristo, la Chiesa cattolica, ecc.
Spesso, però, magari presi dal fervore del nuovo, quando non addirittura da un accecamento storicista, si dimentica di considerare che il Vaticano II non si identifica con la Tradizione della Chiesa, non è il suo fine: questa è più grande, mentre il Concilio ne è un momento espressivo e solenne; si dimentica poi il suo carattere magisteriale ordinario, sebbene espresso in forma solenne dall’Assise conciliare, e l’assenza di pronunciamenti infallibili; si dimentica, infine, che i documenti del Vaticano II – a differenza di Trento e del Vaticano I, ad esempio – sono distinti in Costituzioni, Dichiarazioni e Decreti, e pertanto non hanno tutti il medesimo valore dottrinale, rimanendo pur sempre chiara e fontale l’attitudine generale del Concilio, di insegnare in modo autentico ordinario.
Paolo VI, infatti, nell’Udienza Generale del 12 gennaio 1966, ricordava che «bisogna fare attenzione: gli insegnamenti del Concilio non costituiscono un sistema organico e completo della dottrina cattolica; questa è assai più ampia, come tutti sanno, e non è messa in dubbio dal Concilio o sostanzialmente modificata; ché anzi il Concilio la conferma, la illustra, la difende e la sviluppa…».
Richiamandosi poi alle Notificazioni del Segretario Generale del Concilio, del 16 novembre 1964, aggiungeva: «…dato il carattere pastorale del Concilio, esso ha evitato di pronunciare in modo straordinario dogmi dotati della nota di infallibilità; ma esso ha tuttavia munito i suoi insegnamenti dell’autorità del supremo magistero ordinario il quale magistero ordinario e così palesemente autentico deve essere accolto docilmente e sinceramente da tutti i fedeli, secondo la mente del Concilio circa la natura e gli scopi dei singoli documenti».
Dove si annida, però, quella volontà di far risultare il Vaticano II come «un nuovo inizio a partire dal nulla», sì da diventare un «superdogma», mentre esso in verità «escogitò di rimanere in un livello modesto, come un semplice concilio pastorale» (Cardinale J. Ratzinger, Discorso ai Vescovi del Cile, 13 luglio 1988)? A nostro modo di vedere, e come si tenterà di far emergere dai lavori del convegno, una della cause è lo stesso lemma “pastorale”, che nella stagione post-conciliare ha subito notevoli trasformazioni: un ricco approfondimento accanto però ad una voluta equivocità.
Si è verificata un’inversione: la pastorale è divenuta la vera dogmatica, mentre la dogmatica è stata superata in nome della pastorale. Per molti l’unico concilio dogmatico è il Vaticano II, mentre quelli precedenti sarebbero superabili in nome del nuovo concetto di “pastorale”, che nella categoria “evento”, compendia e sorpassa a livello esistenziale la discontinuità dogmatica causata in precedenza dalle definizioni di fede e la stessa reticenza nei confronti del mondo; per altri il Vaticano II, in quanto semplicemente pastorale, sarebbe sic et simpliciter inoffensivo, se non addirittura da cancellare con un colpo di spugna, ignorando però che il mistero-Chiesa rimane identico nel fluttuar degli eventi, in ragione dell’assistenza dello Spirito Santo e della vigile premura del Magistero.
Il problema è molto delicato e richiede un esame attento, critico e ragionato, partendo dalle fonti e non dai sentimenti. Qual è la mens del Concilio? Dove si evidenzia? Non si può pertanto prescindere dai documenti e dallo stesso iter storico-dottrinale che ha portato alla loro promulgazione. Non stiamo certo con Otto Hermann Pesch che parla di un «significato rivoluzionario» del Vaticano II, stiamo con la Chiesa e nella Chiesa: Ella solo è portatrice della Tradizione. Ma si tenterà di capire perché, di fatto, sembra che una rivoluzione ci sia stata.
[Per maggiori informazioni, si legga il programma]
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*Padre Serafino M. Lanzetta, sacerdote professo dell’Istituto dei Francescani dell’Immacolata, è parroco della Chiesa di S. Salvatore in Ognissanti (Firenze) dal 2004 e insegna teologia dogmatica presso l’Istituto Teologico “Immacolata Mediatrice” (Cassino – Frosinone). Dal 2006 è direttore della rivista teologica “Fides Catholica”. Collabora con diversi periodici a carattere culturale e teologico e ha curato finora la realizzazione di due convegni teologici presso il Cenacolo del Ghirlandaio, Firenze, con le relative pubblicazioni.