Il Card. Bagnasco: l'inverno demografico incide sulla democrazia

L’Arcivescovo di Genova per la solennità della Madonna della Guardia

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ROMA, lunedì, 30 agosto 2010 (ZENIT.org).- L’inverno demografico incide sulla giusta dialettica democratica che deve esistere in ogni società. È quanto ha detto il 29 agosto il Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, nel giorno della solennità della Madonna della Guardia.

Nel presiedere la Santa Messa nel più importante santuario mariano della Liguria, situato sulla vetta del monte Figogna, il porporato ha riflettuto sulla bellezza della fedeltà dell’amore e sulla famiglia come “grembo della vita”.

Parlando del fatto che l’Italia non gode di buona salute sul piano della natalità, nonostante i segnali di ripresa legati non solamente agli immigrati, il porporato ha affermato “che l’equilibrio demografico non solo è necessario alla sopravvivenza fisica di una comunità – che senza bambini non ha futuro! – ma è anche condizione per quella alleanza tra generazioni che è essenziale per una normale dialettica democratica”.

“Anche per questo la Chiesa da molto tempo va dicendo che, in Occidente, dietro ad una bassa demografia sta una catastrofe culturale grave”, ha evidenziato.

“La scarsità di bambini – ha spiegato – significa non solo un futuro autunnale, ma già ora crea squilibri tra le generazioni, causa una povertà educativa non solo perché noi adulti siamo sottratti al compito di educare, ma anche perché non siamo più educati noi stessi”.

“I ragazzi e i giovani, infatti, ci costringono a metterci in discussione – ha continuato –; ci provocano a uscire da noi che, per età e acciacchi, tendiamo a ripiegarci sui nostri bisogni immediati. Non sono solamente i genitori che, avendo dei figli, devono cambiare prospettive e stili, devono pensare e organizzarsi in rapporto ai figli nelle diverse età”.

“Una società senza bambini e ragazzi, così come una società senza anziani, sarebbe gravemente mutilata, non potrebbe funzionare”, ha affermato il porporato.

Per questo, ha proseguito poi, “trascurare la famiglia, ad esempio nelle sue esigenze economiche”, in parte alla base della scarsa natalità, significa “sgretolare la società stessa”.

Tuttavia, ha precisato, la questione dei figli richiede anche un cambiamento culturale: “Se guardiamo alla sacra immagine della Madonna con il Bambino non facciamo fatica a immaginare la vita di Nazaret: essi vivono nella assoluta semplicità delle cose, nella gioiosa fatica del lavoro quotidiano, in casa e nella bottega del falegname; vivono la vita del villaggio, i rapporti con i vicini di casa, la partecipazione al culto, la presenza di Dio”.

“Tutto fa pensare ad una adesione profonda e positiva alla vita come un dono che ci è dato e che non è una nostra proprietà assoluta – ha detto il Presidente della CEI –. Fa intravvedere la consapevolezza di essere dentro ad una storia di generazioni, ad una tradizione che non coarta ma aiuta. Sentiamo, in una parola, il soffio della speranza”.

Al contrario, nel “clima suadente” che si respira oggi le coppie e la famiglie sembrano franare davanti “agli urti della vita e dei rapporti”. “Le fatiche di ogni giorno sembrano noiose e senza senso, quindi insopportabili. Il futuro perde valore e smalto, il presente si enfatizza per ciò che promette di soddisfazione immediata”.

Spesso, ha aggiunto, “s’intende la fedeltà come qualcosa di ripetitivo, noioso, privo di brivido”.

Eppure la fedeltà “è la condizione della crescita. Nella vita di coppia e di famiglia, infatti, l’amore si trasforma col tempo: dall’effervescenza iniziale si muta in qualcosa di più profondo e radicato, fortificato dalle gioie e dalle fatiche”.

“In questa crescita, la ripetizione quotidiana di tanti piccoli o grandi doveri, di tante azioni che sembrano grigie, è come la pioggia tranquilla e continua che bagna la terra e la feconda – ha aggiunto –. Non sono le tempeste delle grandi passioni e dei trasporti impetuosi che fanno crescere o misurano la sostanza dell’amore, ma la fedeltà quotidiana e umile nel segno dell’amore”.

Ma ecco che la famiglia e il matrimonio oltre ad essere il “grembo della vita”, luogo della “fedeltà incondizionata”, si fanno anche “scuola di umanità e di fede”.

E’ in famiglia, infatti, ha sottolineato il Cardinale Bagnasco nell’omelia tenuta nel pomeriggio dello stesso giorno sempre nel santuario della Madonna della Guardia, che si impara ad amare venendo amati, si impara ad avere fiducia in se stessi; si scopre “la bellezza delle diverse età” “nella pazienza sapiente dei giorni e degli anni”.

In famiglia, ha continuato, si toccano con mano “i valori dell’accoglienza, della solidarietà non episodica, della presa in carica amorevole, del farsi dono umile e affidabile, del poter contare su qualcuno e di sapere che altri contano su di noi, della potenza miracolosa del perdono dato e ricevuto, della capacità di resistere”.

Ma nella famiglia c’è anche “la preghiera fatta insieme ogni giorno, la partecipazione alla Messa domenicale, le festività liturgiche con le loro tradizioni, i pellegrinaggi ai Santuari, le immagini sacre in casa”.

“Ogni parola, ogni valutazione che i genitori esprimono su eventi lieti o tristi, propri o altrui, è una lezione di fede, è un momento di quella scuola che lascerà il segno nel cuore”, ha affermato.

“L’esperienza dice che nulla del bene che è stato seminato va perduto: tutto prima o poi germoglia. I tempi di Dio non sono i nostri. Diamogli spazio e fiducia. E poi c’è Lei, la Grande Madre di Dio e nostra”.

“Può una madre distogliere lo sguardo dai figli? Sappiamo che non è possibile, e questo ci basta per guardare avanti con fiducia”, ha infine concluso.

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ZENIT Staff

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