La Chiesa non coprì un sacerdote coinvolto in un massacro dell'IRA

Dichiarazione congiunta del Cardinale Brady e del Vescovo di Derry

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ARMAGH, mercoledì, 25 agosto 2010 (ZENIT.org).- La Chiesa non ha mai coperto il sacerdote James Chesney nel suo presunto coinvolgimento nell’attentato di Claudy (Londonderry) negli anni Settanta, né si è opposta a che venisse arrestato e interrogato per questo fatto, anche se ciò non è accaduto.

Lo affermano il Cardinale Seán Brady, Arcivescovo di Armagh e primate d’Irlanda, e monsignor Seamus Hegarty, Vescovo di Derry, in un comunicato congiunto diffuso questo martedì, in risposta a un comunicato della polizia dell’Irlanda del Nord in cui si espongono le conclusioni delle nuove indagini sul caso Claudy.

Il 31 luglio 1972, tre autobomba esplosero nella via principale di Claudy, un piccolo paese di circa 1.000 abitanti nella contea di Londonderry (Irlanda del Nord). Morirono 9 persone, tra cui un bambino di nove anni, e varie rimasero ferite.

Anche se nessun gruppo paramilitare rivendicò l’attentato, si sospettò dell’IRA. Secondo un rapporto pubblicato questo martedì dalla polizia dell’Irlanda del Nord (RUC), padre James Chesney, allora parroco a Cullion, fu direttamente coinvolto nel massacro, e già allora si sospettò di lui, anche se non venne mai interrogato o arrestato dalla polizia.

Venne invece interrogato dall’allora Vescovo di Derry, monsignor Neil Farren, e dal suo successore, monsignor Edward Daly, e in entrambi i casi il sacerdote negò la sua partecipazione ai fatti. Venne informato anche il Cardinale William Conway, allora Arcivescovo di Armagh.

Nel 1978 fu deciso il trasferimento di Chesney in una parrocchia della contea di Donegal, dove morì due anni dopo.

Nel loro comunicato di questo martedì, i Vescovi affermano che la Chiesa non ha mai coperto questo caso, ma che questo “avrebbe dovuto essere studiato in modo adeguato e risolto durante la vita di padre Chesney”, e che “se c’erano prove sufficienti che lo collegavano all’attività criminale avrebbe dovuto essere arrestato e interrogato alla prima occasione, come qualsiasi altra persona”.

In questo senso, il comunicato cita uno dei passi del rapporto della polizia, secondo il quale “la Chiesa cattolica, quando è stata informata delle preoccupazioni relative a uno dei suoi sacerdoti, ha interrogato padre Chesney sulle sue presunte attività, che questi ha negato. Nel corso di questa indagine, la RUC non ha trovato prove di intenzione criminale da parte di alcun rappresentante della Chiesa (6.24)”.

In seguito, la Chiesa “ha informato la Segreteria di Stato dei risultati del suo interrogatorio a padre Chesney sulle sue presunte attività. Le azioni del Cardinale Conway o di qualsiasi altra autorità della Chiesa non hanno impedito la possibilità dell’arresto e del successivo interrogatorio di Chesney”, afferma il comunicato dei Vescovi.

Come riconosce lo stesso rapporto della RUC, “si sa che fino al momento della sua morte nel 1980 padre Chesney ‘viaggiava regolarmente attraversando la frontiera, ma non è mai stato arrestato o interrogato, né la RUC ha indagato più a fondo in relazione agli attentati di Claudy o ad altre attività terroristiche’ (6.12)”.

In quegli anni difficili, ricordano i presuli, “la Chiesa cattolica, insieme ad altre Chiese dell’Irlanda del Nord, è stata costante nella sua condanna del male della violenza”.

Per questo “il fatto che un sacerdote fosse sospettato di essere coinvolto in una violenza simile ha un impatto così forte”.

Scoprire la verità

I Vescovi chiedono anche ai fedeli di collaborare nel chiarire chi sia l’autore di quell’attentato, e affermano che le informazioni che la Chiesa aveva su padre Chesney sono già nelle mani della polizia.

L’attentato di Claudy “è stato un crimine orrendo”, sottolinea la nota. “Non possiamo perdere di vista il terribile costo umano di questa atrocità. Nove persone sono morte, tra cui bambini. Molti sono stati feriti”.

“Padre Chesney è morto e, come sospettato dell’attentato di Claudy, è al di là della giustizia dei tribunali umani. E’ chiaro che ci sono state altre persone coinvolte nella pianificazione e nella realizzazione di questa terribile atrocità, e alcune di loro devono essere ancora vive”.

I presuli dichiarano che le vittime “hanno il diritto di sapere la verità”, e per questo rivolgono un appello “a chiunque abbia informazioni collegate a questo crimine orribile, perché le consegnino al Servizio di Polizia dell’Irlanda del Nord”.

“Solo con coraggio potremo affrontare come comunità questi casi dolorosi e fare tutto il possibile per assicurare che le terribili lezioni del passato vengano imparate e fatti simili non tornino a ripetersi”, conclude la dichiarazione.

Il comunicato in inglese è disponibile su www.catholicbishops.ie.

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ZENIT Staff

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