TOKYO, mercoledì, 28 luglio 2010 (ZENIT.org).- In vista delle tradizionali commemorazioni dell’anniversario dei bombardamenti su Hiroshima e Nagasaki alla fine della II Guerra Mondiale (6 e 9 agosto 1945), il presidente della Conferenza Episcopale Giapponese, monsignor Leo Jun Ikenaga S.I., ha invitato i suoi compatrioti a riflettere con onestà sulle colpe del passato del Paese.
Quest’anno si celebra anche il primo centenario dell’occupazione giapponese della Corea, avvenuta nel 1910. Per il prossimo mese è previsto un viaggio del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon a Nagasaki e Hiroshima.
Il presule ha affermato che questa doppia commemorazione “è essenziale per gettare un nuovo sguardo su tutta la storia del colonialismo giapponese, inclusa la responsabilità della Chiesa cattolica in Giappone su questo importante aspetto della storia, e per chiedersi che cosa sia accaduto e che male abbia provocato agli altri”, afferma in un testo citato dall’agenzia UCANews.
Nel suo messaggio, il Vescovo ha ripreso l’“Appello alla pace”, un documento pubblicato dai Vescovi nipponici nel 2005 per la commemorazione del 60° anniversario della fine della II Guerra Mondiale.
Verità con obiettività
Il Vescovo si è riferito al periodo dell’occupazione giapponese, avvenuta nella prima metà del XX secolo fino al 1939 in vari Paesi asiatici (Cina, Myanmar, Hong Kong, Indonesia, Filippine, Singapore, Thailandia), in cui molte volte gli abitanti sono stati costretti a rinunciare alla propria cultura per adottare quella giapponese. In vari casi, i nipponici furono autori di cruenti massacri.
Uno degli episodi più drammatici è stato il massacro di Nanchino, in cui persero la vita 300.000 cinesi.
Questa aggressiva espansione colonialista continua a generare tensione tra il Giappone e vari Paesi dell’Asia. Da ciò deriva l’insistenza del presule nel rivedere questa parte di storia e non dimenticare il contesto in cui si produssero i fatti.
Non è la prima volta che la Conferenza Episcopale Giapponese si pronuncia su questi avvenimenti. Lo aveva già fatto nel 1986 nella sua assemblea ordinaria, quando decise di esprimere la responsabilità della Chiesa in questi fatti.
Nel 2001, un gruppo di sacerdoti, religiosi e laici giapponesi delle Diocesi di Niigata e Urawa si è recato a Pechino e Nanchino pr rendere omaggio alle vittime di quei massacri.
“Riconoscere con coraggio i nostri peccati davanti a Dio e cercare il suo perdono non è un atto di autoumiliazione, ma un modo per essere autenticamente umani come ci chiede Cristo”, ha segnalato il Vescovo.
Monsignor Ikenaga ha sottolineato anche le varie iniziative promosse negli ultimi tempi per il disarmo nucleare: “Quest’anno le voci che chiedono la pace in Giappone e nel mondo sono diventate un grido assordante”.
Ha inoltre ricordato il recente pellegrinaggio della pace di “Nostra Signora Bombardata”, promosso dall’Arcivescovo di Nagasaki Joseph Mitsuaki Takami. Si tratta di una famosa statua distrutta all’interno della Cattedrale di Urakami durante il bombardamento del 9 agosto 1945 (cfr. ZENIT, 26 febbraio 2010).
Il messaggio del Vescovo si conclude con un invito a guardare al futuro: “Abbiamo tutti una responsabilità per il futuro, e il nostro primo dovere è quello di ascoltare il grido delle vittime”.