LONDRA, lunedì, 26 luglio 2010 (ZENIT.org).- Nella Giornata per la Vita, che Inghilterra e Galles hanno celebrato questa domenica, la Chiesa ha inciso sull’attenzione ai moribondi.
La Giornata ha avuto come tema “Signore, per i tuoi fedeli la vita si trasforma, non termina”, rende noto la web www.dayforlife.org.
In essa è stata sottolineata l’importanza del sacramento dell’unzione dei malati, della preghiera per i defunti e dell’accompagnamento dei moribondi nel loro viaggio verso Dio, così come della presenza consolatrice e del sostegno della comunità di fede e di tutti coloro che “ci hanno preceduti nel segno della fede”.
Le Conferenze Episcopali di Inghilterra, Irlanda, Scozia e Galles hanno lavorato insieme per preparare questa Giornata, che in Scozia si è celebrata il 31 maggio e in Irlanda si svolgerà il 3 ottobre.
Avviata da Giovanni Paolo II, celebra la dignità della vita umana dal concepimento alla morte naturale.
Nelle parrocchie, l’ultima domenica del mese di luglio si svolge ogni anno una colletta per attività collegate alla vita sostenute dalla Chiesa.
Il denaro raccolto serve per finanziare, tra le altre iniziative, il centro di assistenza e psicoterapia City Pregnancy Counselling Psychotherapy, l’assistenza all’infertilità, la ricerca etica sulle cellule staminali adulte, la distribuzione nelle parrocchie di un DVD sulla spiritualità e la demenza e il centro Anscombe Bioethics.
Casi opposti
Proprio nel Regno Unito, sono apparsi di recente sui media due casi distinti sul modo in cui affrontare l’incapacità fisica e la morte.
Richard Rudd, un paziente di 43 anni che soffre di sindrome da incarceramento dall’ottobre scorso, quando ha subito un incidente di moto, è riuscito a far capire con un movimento degli occhi che non voleva che la macchina che lo tiene in vita venisse staccata.
Prima dell’incidente, aveva detto che non avrebbe voluto vivere in una situazione come quella in cui si trova ora, per cui la sua famiglia aveva chiesto di staccare la spina.
In seguito, però, ha cambiato opinione, ed è riuscito a farlo capire al medico, che a novembre, prima di staccare la spina, ha deciso di chiedergli per tre volte che, se voleva vivere, guardasse a destra. Richard lo ha fatto.
Per i suoi genitori, il caso mette in discussione la validità dei testamenti biologici, che vengono firmati quando si gode di buone condizioni di salute. Può accadere che si cambi idea ma che non lo si riesca a comunicare.
Un caso molto diverso è quello di Tony Nicklinson, 54 anni, che ha subito un’emorragia cerebrale e ora ha fatto ricorso al tribunale perché sua moglie possa applicargli l’eutanasia legalmente.
Per il gruppo contrario all’eutanasia No Less Human, gli sforzi di una persona di legalizzare l’eutanasia minano la sicurezza di tutti.
Una rappresentante di questa entità pro-vita, Janet Thomas, ha dichiarato all’agenzia Independent Catholic News che “l’assassinio di persone vulnerabili, innocenti” “non è mai corretto, anche quando queste persone chiedono di essere uccise”.
“Uccidere deliberatamente una persona innocente danneggia gli interessi di tutti noi”, ha aggiunto.
Per la Thomas, “il signor Nicklinson sente di voler morire a causa dei suoi handicap, come se il valore umano si misurasse dall’abilità fisica”.
Il valore umano, sottolinea, “non si basa su ciò che la gente può fare, ma è inerente alle persone”.
“Ogni vita umana, ferita o no, corta o lunga, è un dono di valore incommensurabile”, ha affermato.
“Il signor Nicklinson dice di essere stanco della sua vita e che non vede alcuna prospettiva, ma questo lo dicono anche molte persone senza handicap, spesso adolescenti o giovani che si buttano da un ponte, si impiccano o si gettano sotto un treno”, ha continuato.
“Molte persone a No Less Human hanno scoperto che il loro atteggiamento di fronte alle proprie condizioni di handicap può migliorare”, ad esempio con “l’aiuto e il sostegno della famiglia, degli amici e della comunità”.
“La società, attraverso le sue leggi contro l’omicidio e il suicidio assistito, agisce a favore della vita”, ha concluso.