Portare soccorso a una nazione senza Dio

Intervista alla dottoressa Doro, medico volontario in Albania

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TIRANA (Albania), lunedì, 26 luglio 2010 (ZENIT.org).- Nel 1967, le moschee e le chiese in Albania sono state chiuse. La pratica religiosa è stata vietata per quasi un quarto di secolo. L’Albania è infatti nota per essere stato il primo Stato ateo.

Oggi, nell’Albania post-comunista è difficile fare una stima del numero dei cattolici presenti in una popolazione di 3,6 milioni di abitanti. Si tratta forse di un 10%, a cui aggiungere un altro 20% di ortodossi.

In questo scenario si colloca la decennale collaborazione in Albania della dottoressa Anna Maria Doro, membro laico della cattolica Comunità di Sant’Egidio.

Nella sua intervista rilasciata al programma televisivo “Where God Weeps”, realizzato da Catholic Radio and Television Network (CRTN) in collaborazione con Aiuto alla Chiesa che soffre, la dottoressa Doro descrive la realtà attuale dell’Albania, come è cambiata e come continua a cambiare.

Cosa l’ha colpita di più quando è approdata inizialmente in Albania? Cosa l’ha toccata personalmente?

Doro: Ciò che mi ha toccata di più è la diversità tra i due Paesi [l’Italia e l’Albania]. È molto vicina all’Italia: sono solo 60 i chilometri che separano il porto di Brindisi dal porto di Valona in Albania.

L’Albania non era cambiata. Sembrava un secolo indietro: poche macchine sulle strade, strade malconce, mancanza di elettricità. La vita della gente è legata a un sistema agricolo arcaico; molti sono pastori. Ma ciò che mi ha toccato è il calore della gente. Gli albanesi sono molto accoglienti verso gli stranieri. L’ospitalità è considerata importante e anche quando si trovano in difficoltà cercano di condividere ciò che hanno con i loro ospiti.

Se ho capito bene, esisteva una recinzione elettrica attorno al Paese?

Doro: Esisteva una sorta di recinzione, per esempio lungo i confini con la Jugoslavia ai margini del lago. Ancora oggi non esistono alberi nella zona di confine: erano stati tutti tagliati per impedire alla gente di fuggire dal Paese. Uscire dai confini era vietato e chi veniva preso era giustiziato e la famiglia messa sotto processo. Io ho conosciuto persone che non potevano proseguire i loro studi a causa di una lontana parente che aveva tentato la fuga.

Persino all’interno del Paese erano vietati gli spostamenti, tanto che alle persone che abitavano in montagna, nonostante le loro condizioni economiche peggiori, era vietato migrare nelle zone urbane. Vivere in città era un privilegio concesso solo ai fedeli membri del regime. Esisteva una cultura di totale isolamento e le persone non potevano conoscere le notizie estere o ascoltare musica straniera. Di conseguenza, erano tutti ignari di cosa avvenisse nel mondo in quel periodo, salvo la visione distorta fornita dal regime.

L’aggressione contro la Chiesa era terribile: una dura persecuzione. Che esempi ci può dare di come la Chiesa veniva combattuta?

Doro: Hanno iniziato uccidendo circa 60 sacerdoti e molte suore, e arrestando tutti i preti. Sono stati soppressi gli ordini religiosi e chiuse le scuole cattoliche.

A Scutari ho conosciuto una suora stimmatina. Il loro convento era stato chiuso. Erano circa 90. Sono tornate alle loro case e hanno continuato ad essere suore. La gente portava loro i bambini per farli battezzare in segreto. Alcune di queste erano novizie e hanno dovuto aspettare di poter indossare l’abito solo nel 1991, ormai all’età di settant’anni.

Lei è medico. Ha lavorato in Albania sin dal 1995 come volontario, andando per periodi di 15 giorni, sfruttando le ferie. Che cambiamenti vede dal punto di vista medico, lei che lavora con i bambini? Che cambiamenti vede nelle strutture e infrastrutture mediche in Albania?

Doro: La Comunità di Sant’Egidio aiuta soprattutto nei settori sanitario e dell’istruzione. Nel campo sanitario, come in gran parte dei settori pubblici, l’Albania è poco attrezzata. Li assistiamo quindi con donazioni per equipaggiamenti sanitari destinati agli ospedali. E in particolare per la parte Nord, che è quella più povera del Paese, stiamo sostenendo 14 cliniche pediatriche, specializzate nella lotta alla malnutrizione infantile.

Dal 1991 la situazione economica in Albania è certamente migliorata. Ma le carenze nel settore sanitario sono ancora tante e la gente ne soffre. L’infrastruttura è carente vi sono ancora carenze nella fornitura elettrica. Tutto questo rende la vita molto difficile alle persone.

Sembra, in qualche modo, che la comunità internazionale non si accorga dell’Albania. Esiste questa sensazione? Perché?

Doro: Per 40 anni è stato impossibile sapere qualcosa sull’Albania. Ora la situazione è diversa. Da un punto di vista generale direi che gli albanesi sono molto interessati agli altri Paesi e alle altre lingue, ma che non esiste reciprocità da parte degli europei occidentali e dagli Stati Uniti.

In Italia, per esempio, esiste una disinformazione sull’Albania. La loro percezione è basata sui primi albanesi che hanno conosciuto nel 1991: poveri rifugiati. Ora la situazione è diversa. E gli albanesi che emigrano oltre oceano dovrebbero contribuire a cambiare la percezione della comunità internazionale attraverso il turismo. Esistono cose meravigliose da vedere in Albania.

Come contribuisce la Chiesa a questo tentativo di ricostruzione?

Doro: La Chiesa ha svolto un lavoro importante in Albania. Ha aiutato nella ricostruzione della società in termini di sviluppo umano e di comunicazione del Vangelo. Questo è avvenuto all’inizio soprattutto con l’aiuto della Chiesa universale. Molti missionari – sacerdoti e suore – sono arrivati dall’Italia, dal Kosovo, dalla Croazia, dall’India, dalle Filippine e dalla Germania. Hanno aiutato a ricostruire le chiese, le scuole e gli ospedali.

All’inizio la Chiesa era costretta a fare da amministratore delegato perché lo Stato era inesistente o inefficiente. Credo che la Chiesa sia un punto di riferimento molto importante non solo per i cattolici, ma per tutti, compreso quelli che non hanno una chiara identità religiosa, perché la Chiesa è testimone di un amore gratuito, compassionevole e poco comune in quella società.

La Chiesa gode di fiducia da parte della gente, perché ha condiviso le loro difficoltà forse più dello Stato?

Doro: Sì, gode di grande fiducia ed è rispettata non solo dallo Stato ma anche dalle altre religioni, perché la Chiesa aiuta tutti senza distinzioni e la gente lo riconosce.

Come è il rapporto tra cattolici e musulmani in Albania? Sembrano essere piuttosto in armonia?

Doro: Sì, finora lo sono. Cattolici e musulmani convivono e si scambiano le visite durante le rispettive feste religiose. Adesso vi è qualche segnale di attrito nel loro rapporto, a causa degli eventi internazionali che si ripercuotono anche sull’Albania. Ma generalmente i rapporti sono buoni e vi sono molti matrimoni misti.

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Questa intervista è stata condotta da Mark Riedemann per “Where God Weeps”, un programma televisivo e radiofonico settimanale, prodotto da Catholic Radio and Television Network in collaborazione con l’organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che soffre.

Per maggiori informazioni: www.WhereGodWeeps.org

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ZENIT Staff

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