ROMA, lunedì, 26 luglio 2010 (ZENIT.org).- Leader cattolici e protestanti del Nepal chiedono un maggiore spazio nella sfera politica per poter aiutare il Paese a uscire dalla crisi che lo affligge.
“Nessun leader mostra un vero interesse verso la popolazione”, ha affermato monsignor Anthony Sharma, Vescovo di Kathmandu, come riporta AsiaNews.
“È quindi giunto il momento per i cristiani del Nepal di impegnarsi in modo attivo nella politica, per poter far sentire la nostra voce e le nostre preoccupazioni”, ha aggiunto.
Dopo le dimissioni del Primo Ministro Madhav Kumar Nepal, il 30 giugno scorso, il Paese è ancora senza un Governo.
Monsignor Sharma è il primo presule della Chiesa cattolica residente in Nepal. Il Vaticano lo ha nominato Vescovo nel 2007 dopo la proclamazione dello Stato laico avvenuta nel 2006, la caduta della monarchia indù e più di 10 anni di guerra civile tra maoisti ed esercito.
“Tempo fa – ha raccontato –, avere in casa una Bibbia era considerato un crimine, un grave peccato. Ora, grazie allo Stato secolare questo non accade più e noi cattolici siamo più liberi di lavorare”.
“Chi diventava cristiano veniva ostracizzato dalla società”, ha commentato. “Quando sono stato battezzato con il nome Anthony, la gente mi guardava con sospetto e si chiedeva ‘chi è questo nepalese con un nome cristiano?’. Per evitare problemi ho dovuto cambiare il mio nome in Amulya, che è la traslitterazione di Anthony in nepalese. A quel tempo il Governo non permetteva a noi cattolici di operare come missionari”.
Secondo il presule, dopo la fine della monarchia c’è meno diffidenza nei confronti dei cattolici. Nonostante il divieto di proselitismo e il controllo da parte delle autorità, la Chiesa cattolica è attiva nel campo dell’educazione, gestendo 31 istituti scolastici in cui lavorano 65 sacerdoti, 17 religiosi e oltre 160 suore.
La Chiesa si impegna anche nel settore sanitario, visto che nel Paese mancano ospedali e cliniche aperti anche ai più poveri. “Oggi è la sanità il settore con maggiori problemi”, ha riconosciuto il Vescovo.
La più ampia libertà religiosa attuale per i cattolici è tuttavia minata dagli estremisti indù, che combattono per il ripristino della monarchia e accusano i cattolici di proselitismo.
Il 23 maggio 2009 il gruppo indù Nepal Defence Army ha fatto esplodere una bomba nella Cattedrale dell’Assunzione di Kathmandu, uccidendo due persone (cfr. ZENIT, 25 maggio 2009).
“L’estremismo indù non ci spaventa – ha dichiarato monsignor Sharma, che lo scorso anno ha ricevuto varie minacce di morte da parte degli estremisti –. Noi continueremo il nostro servizio sia in uno Stato secolare che in un nuovo Stato indù”.
“Non abbiamo mai tentato di convertire nessuno con l’indottrinamento nelle scuole o con altri metodi. La nostra missione è quella di servire i bisogni delle persone, perché la conversione è frutto della grazia di Dio”, ha dichiarato.
Nrayan Sharna, leader protestante dei “Credenti della chiesa”, ha denunciato dal canto suo che “il Governo non riconosce le chiese cristiane come luoghi di culto e non possiamo evitare la loro registrazione agli uffici governativi”.
Se “tutto si decide attraverso il consenso politico, anche noi cristiani vogliamo essere presenti in Parlamento e avere un contatto più stretto con i partiti di governo”, ha segnalato.