Senza la “parte migliore” la vita muore

XVI Domenica del Tempo Ordinario, 18 luglio 2010

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di padre Angelo del Favero*

ROMA, venerdì, 16 luglio 2010 (ZENIT.org).- “Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: ‘Signore, non ti importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti’. Ma il Signore le rispose: ‘Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una sola cosa c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta’” (Lc 10,38-42).

Nonostante la gioia per la visita del Signore Gesù, Marta (significa “signora, padrona”) era alquanto turbata. Il Vangelo ce ne rivela l’immediato motivo nell’affanno per i molti servizi da sbrigare da sola, ma non è esclusa una concausa: l’audacia della sorella Maria che si era affrettata ad occupare il primo posto ai piedi di Gesù. Di lei dice alla lettera il testo che si era: “addirittura seduta accanto, presso i piedi del Signore” (10,39). Un gesto sorprendente, se si pensa che questa, in Israele, era la posizione riservata solamente al discepolo del maestro.

Eppure anche Marta, ospitando Gesù, aveva scavalcato il protocollo sociale: infatti era parimenti sconveniente che una donna accogliesse in casa propria un uomo. Complice dunque una punta di gelosia, mentre sta preparando la tavola per tutti Marta non ce la fa’ più, si fa avanti e sbotta: “..non ti importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti” (Lc 10,40).

Incredibile offesa all’ospite divino! Marta, non solo si permette di rivolgersi al Maestro con tono di rimprovero, ma osa suggerirgli quel che è bene fare. E’ evidente che vedere la sorella accovacciata in beato ascolto mentre lei è tutta un va e vieni, fa traboccare il vaso della sua sopportazione, vaso probabilmente già quasi pieno prima dell’arrivo di Gesù.

Se ne può dedurre che Maria, contemplativa e sognatrice, si mostrasse spesso poco propensa ad occuparsi delle faccende domestiche, nonostante le sollecitazioni della sorella. Lo fa supporre anche il termine con il quale Luca dipinge l’esasperazione della padrona di casa al lavoro: “distolta” (più debole rispetto a “tutta presa” della precedente traduzione CEI), che nell’originale greco vuol dire “tutta divisa interiormente, affannata, agitata, preoccupata” (Martini).

Probabilmente, la reazione esagerata ed incontrollata di Marta non è un fatto isolato ed indica un disagio profondo del suo cuore.

Pur essendo vero, infatti, che simili reazioni emotive sono segno di quell’umanissima, comune fragilità naturale la cui importanza non conviene amplificare, tuttavia non va trascurato il riflesso profondo di tale “emotivismo” sulla coscienza, la quale facilmente viene turbata nel suo discernimento proprio a causa di un sentire non equilibrato (cfr Enciclica “Caritas in veritate”, n. 3). Tale offuscamento può degenerare in cecità, con conseguenze gravi come la separazione degli animi, ed irreparabili come l’aborto.

Ora, se dobbiamo realisticamente ammettere che non è affatto facile dominare l’emotività e l’affanno anche in cose di poco conto, quanto più difficile sarà riuscirci in situazioni così importanti da cambiare l’intero corso di una vita, come questioni etiche di principio o una gravidanza assolutamente non voluta? Tanto impossibile quanto aver forze senza mangiare.

Ma se saremo abituati a nutrire ogni giorno l’anima con il pane vivo della Parola ascoltata in silenzio ai piedi di Gesù, non traboccherà il vaso della pazienza, né andrà in frantumi quello della pace a causa di decisioni irreparabili prese sull’onda di emozioni capaci di dominare anche la ragione.

Lo fa intendere Gesù a Marta dicendo: “..di una sola cosa c’è bisogno” (Lc 10,42).

Il Signore non dice: “c’è bisogno in questo momento”, ma “c’è bisogno”: come regola in ogni caso e per tutti, come l’ossigeno per vivere.

Come se Gesù dicesse: “Ognuno ha bisogno, per vivere nella pace, di quel baricentro unificante e amorevole che Io sono. E’ il bisogno che la creatura ha del rapporto di amicizia con me, suo Creatore, in un silenzio profondo ed adorante alimentato dall’ascolto della mia Parola”.

E’ così, poiché... “Il Padre pronunciò una parola: suo Figlio. Questa parla sempre in un eterno silenzio e nel silenzio deve essere ascoltata dall’anima” (San Giovani della Croce, “Detti di luce e amore”, n. 99).

Questo messaggio, sempre antico e sempre nuovo, per noi è veramente fondamentale e vitale, poiché riguarda il senso, la realizzazione e la felicità della vita, fin da questo nostro mondo pieno di affanni.

Una felicità che non è rappresentata certo dal “dolce far niente” di Maria, ma che consiste nel riconoscere e fare la volontà di Dio momento per momento, traendo da questa liberante obbedienza la vera pace del cuore. Allora Maria diventa una Marta perfetta e Marta una perfetta Maria, ognuna avendo come modello mirabile ed eccelso la Madre di Gesù.

Infatti, è da ricordare che l’attività non è utile per se stessa (si dice nelle situazioni urgenti: bisogna ad ogni costo far qualcosa..), ma solo se si opera in comunione con la volontà di Dio, dal cui beneplacito ogni buon risultato dipende. Al contrario, ogni iniziativa rischia di diventare nociva se è accompagnata da un atteggiamento frenetico e ansioso, sintomo di disordine spirituale.

Ecco, al riguardo e per tutti, l’insegnamento di un Dottore della Chiesa: “Prestino bene attenzione, allora, le persone molto attive, che credono di poter abbracciare il mondo con la loro predicazione e le loro opere esteriori. Pensino che gioverebbero più alla Chiesa e riuscirebbero più gradite a Dio se, a prescindere del buon esempio che darebbero, impiegassero almeno metà del loro tempo nello stare con Dio in preghiera, (…). In questo caso otterrebbero di più – e con minor fatica – con un’opera sola anziché con mille, per il merito della preghiera e per le forze spirituali che in essa si acquisiscono. In caso contrario, sarà come battere l’aria o fare poco più che nulla, a volte proprio nulla o addirittura si reca danno” (San Giovanni della Croce, Cantico Spirituale B, str. 29,3).

Le indicazioni temporali del santo non sono da prendere alla lettera, ma nel senso che Gesù intende dare all’affermazione: “Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta” (Lc 10,42); vale a dire che suggeriscono l’imprescindibile necessità di una personale, viva ed efficace comunione con Dio, fondata sull’ascolto fedele ed adorante della persona e della Parola di Gesù.

Come una mamma incinta gioisce di potersi raccogliere in silenzio per “dialogare” con il suo bambino nascosto, così l’anima “Maria”, nella “parte migliore” della preghiera, gusta e vede quanto è buono il Signore dentro di lei, e ne è trasfigurata.

Per quanto riguarda la “causa della vita”, il Vangelo di oggi va tanto più ascoltato e messo in pratica, dato che è necessario più che mai acquisire dall’Alto le forze spirituali per vincere, nel mondo interiore della coscienza ed esteriore della cultura, la prepotenza menzognera ed omicida dell’avversario diabolico della vita (cfr “Evangelium vitae”, n. 100).

Come devono essere “buone” e non possono venir tolte le fondamenta di una casa, così non può mancare ad ogni strategia operativa per l’edificazione della civiltà dell’amore e della vita questa “parte migliore” (letteralmente “buona”), ricordando sempre le parole che
Gesù ha detto prima di lasciare questo mondo: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5).

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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ZENIT Staff

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