ROMA, venerdì, 16 luglio 2010 (ZENIT.org).- “Un presbitero deve essere ‘uomo eucaristico’ senza diventarne padrone, senza nessun orgoglio, senza nessuna volontà di autoaffermazione”.
E’ quanto ha dichiarato l’Arcivescovo Vincenzo Pelvi, Ordinario militare per l’Italia, nell’omelia della Messa per l’istituzione degli accoliti celebrata il 2 luglio scorso presso il Seminario della Cecchignola di Roma.
“La volontà di narcisismo ce l’abbiamo nel cuore, è difficilissima da controllare e da togliere”, ha riconosciuto il presule, “ma il sacerdote bisogna che la controlli e la tolga perché fino a che c’è una volontà di autoaffermazione, il Signore è oscurato dalla nostra infedeltà”.
L’Arcivescovo ha ricordato il brano evangelico della chiamata di Matteo da parte di Gesù: “Un uomo seduto al banco delle imposte, uno sguardo che incrocia il suo, una sola parola: Seguimi e Matteo s’immerge nell’oceano di quegli occhi” (Mt 9,9).
“Fu una risposta pronta e generosa che spinse il contabile ad abbandonare la logica rassicurante del dare e dell’avere per mettersi sui passi di quell’Uomo senza calcolare più nulla”, ha commentato.
Nella figura di Matteo, osserva monsignor Pelvi, il Vangelo “ci propone un vero e proprio paradosso”: “chi è apparentemente più lontano dalla santità può diventare persino un modello di accoglienza della misericordia di Dio e lasciarne intravedere i meravigliosi effetti nella propria esistenza”.
“Matteo risponde all’istante: ‘si alzò e lo seguì’. La stringatezza della frase mette chiaramente in evidenza la prontezza di Matteo nel rispondere alla chiamata. Ciò significava per lui l’abbandono di ogni cosa, soprattutto di ciò che gli garantiva un guadagno sicuro, anche se spesso ingiusto e disonorevole. Matteo capì che la familiarità con Gesù non gli consentiva di perseverare in attività disapprovate da Dio”.
Seguire, del resto, “significa compiere determinati passi”, ha dichiarato l’Ordinario militare.
“Già il primo passo fatto dopo la chiamata separa Matteo dalla sua vita passata. In questo ‘alzarsi’ è legittimo leggere il distacco da una situazione di peccato e insieme l’adesione consapevole a un’esistenza nuova, retta, nella comunione con Gesù”.
“Per Matteo non c’era altra possibilità di credere tranne quella di abbandonare tutto e mettersi in cammino con il Figlio di Dio. Chi segue è messo in condizione di poter credere; se non segue, se resta indietro, non impara a credere perché non entra in comunione con Gesù”.
Credere “non è più vivere come si vuole ma camminare con Lui, sciogliendo i vincoli precedenti e legandosi unicamente a Gesù Cristo”.
“La via che conduce alla fede passa attraverso l’obbedienza alla chiamata”. Senza questo passo, infatti, “c’è solo una falsa esaltazione e una pretesa irrealizzabile di sequela”.
Monsignor Pelvi ha quindi ricordato che è difficile che una vocazione nasca e si sviluppi al di fuori di un itinerario di fede, “linfa insostituibile per ripartire da Cristo e partire con Lui”.
E’ infatti “nella fede della Chiesa che veniamo sollecitati a decifrare e percorrere il dinamismo proprio della vocazione, il suo svilupparsi graduale e concreto nelle fasi del seguire il Signore e rimanere con Lui”.
“La fede in Cristo ci assicura che la vita non proviene dal caso e neppure è orientata verso un cieco destino, ma è una chiamata, un progetto di Dio, pieno di amore, proposto alla libertà umana”.
In questo contesto di “orizzonte fondamentale”, l’Arcivescovo ha porto i suoi auguri ai quattro seminaristi ai quali è stato conferito il ministero di accolito.
“La vostra esistenza quotidiana sia libera e gioiosa, non perché priva di condizionamenti e senza problemi, ma perché toccata e liberata dalla presenza di Cristo e dedicata al servizio degli altri”, ha auspicato.
“Perché prima di diventare preti si riceve l’accolitato?”, ha chiesto. “Per prepararvi a essere innamorati dell’Eucaristia, servendo all’altare ma senza servirsi dell’altare”.
“La vostra vita sia un’Eucaristia – ha concluso –. L’atteggiamento di servizio prevalga sopra tutte le altre motivazioni, o sopra tutti gli altri obiettivi di vita”.